Essere docente al tempo del coronavirus

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Questa terza guerra mondiale contro un nemico subdolo, invisibile e letale ha portato con sé innumerevoli conseguenze, una tra queste è stata il doversi reinventare, in tempi brevissimi, docenti a distanza.

di Daniela Domenici

Nella mia scuola abbiamo la fortuna di avere un giovane e bravissimo tecnico informatico che ha saputo dotare docenti e discenti di una struttura virtuale che ha permesso, nel giro di brevissimo tempo, di entrare in contatto con le classi.
Non è stato immediato né facile comprendere come usare questo nuovo mezzo di didattica a distanza ma dopo qualche tentativo, tante richieste di aiuto e innumerevoli consigli condivisi siamo riusciti/e a utilizzarlo al meglio.
Sto parlando di Classroom e di Meet, la prima riproduce virtualmente le classi di ognuno/a di noi, ci permette di inserire i compiti da assegnare, di riaverli indietro dai/lle studenti entro la scadenza, di correggerli e di rimandarglieli con le correzioni e con l’eventuale voto.
La seconda serve per fare le video lezioni e funziona perfettamente, parola della sottoscritta che la sta usando con successo da qualche tempo. Ho pensato di suddividere le mie classi in sottogruppi, due o tre, per interagire meglio e quindi mi collego con un gruppo alla volta mandando loro prima “l’invito”. Si collega quasi sempre anche il/la mio/a collega di sostegno per supportare il/la sua ragazzo/a. Tutti/e hanno subito imparato a tenere l’audio disattivato eccetto chi mi sta rispondendo in quel momento e a turno lo riattivano; se vogliono intervenire nel frattempo possono scrivere sulla chat laterale che è visibile da tutti/e.

Dopo questi giorni da docente a distanza posso trarre alcune conclusioni che sono, naturalmente, soltanto mie, non so se qualche collega abbia provato le mie stesse sensazioni.
Innanzitutto queste video lezioni sono l’unico momento in cui gli/le studenti possono rivedere la loro classe tutta insieme o quasi e ne hanno un bisogno incredibile, credetemi, risentire le loro voci è come aprire finalmente una finestra sulla clausura a cui sono, e siamo, costretti/e. E poi ho notato che questo restare a casa ha trasformato molti/e di loro in positivo, sono diventati/e più educati/e e rispettosi/ verso noi docenti, pronti/e a collaborare e a essere “interrogati/e” con qualche semplice frase da tradurre al volo; qualcuno/a di loro mi “presenta” la mamma che è lì vicina, qualcun altro/a mi fa vedere il cane o il gatto, attimi delle loro vite che quando erano tutti/e in classe non era possibile focalizzare. Qualcuno/a ci racconta quanto sia cambiata la sua vita con la pandemia, chi si presenta in video con la mascherina, chi parla del papà o della mamma che non lavorano più, chi non vuole farsi vedere ma solo sentire: c’è una nuova maturità e serietà che mi ha particolarmente colpito ed è l’elemento che accomuna le mie classi, dalla prima alla quarta.

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Dols

Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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