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    Home»Pari opportunità»Femminismi»IL DECLINO DEL FEMMINISMO NELL’INDIFFERENZA AGLI STUPRI
    Femminismi

    IL DECLINO DEL FEMMINISMO NELL’INDIFFERENZA AGLI STUPRI

    Rita CugolaBy Rita Cugola27/10/2017Updated:27/10/2017Nessun commento3 Mins Read
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    stupro-mamma
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    Il limite della tolleranza è ormai stato ampiamente varcato. Per anni le donne hanno silenziosamente subito ogni tipo di sopruso, fisico e psicologico. Indifese, sottomesse all’autorità maschile, vittime della legge patriarcale vigente ovunque, relegate al ruolo di fattrici e domestiche.

    Se venivano picchiate, nessuno se ne accorgeva. Gli atti di violenza sessuale non erano quasi mai perseguiti penalmente, in quanto sulla base del famigerato codice Rocco, questi potevano essere inquadrati “solo” nell’ambito dei delitti “contro la morale pubblica e il buoncostume“.
    Del resto, si sono resi necessari vent’anni di accesi dibattiti in aula affinché il parlamento italiano approdasse alla legge 66 del 15 febbraio 1996 e lo stupro fosse finalmente inteso come un “reato contro la persona“.
    Resta il fatto che a oltre due decadi di distanza, le ignobili sentenze echeggianti da vari tribunali ci riportano brutalmente indietro nel tempo, vanificando improvvisamente le speranze, i progetti, le conquiste che i gloriosi anni dedicati alle battaglie per l’emancipazione femminile ci avevano regalato.

    Non è ammissibile che vengano riconosciute attenuanti per i violentatori: anche se si tratta di minorenni, ritardati psichici  o più semplicemente coniugi, magari in stato di ebbrezza.
    Eppure, sebbene si tratti di un’onta indicibile per chiunque, le donne – potenziali vittime e quindi dirette interessate – tacciono. Perché non insorgono in massa come una volta?
    Stupisce l’apatia con cui la popolazione femminile sta assecondando la sua stessa disfatta etica e sociale.
    Si potrebbe supporre che l’era moderna, così ricca di tecnologia e innovazioni di ogni tipo, abbia in realtà cancellato la sensibilità individuale che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) caratterizzare ciascun essere umano, indipendentemente dal sesso di appartenenza.
    Evidentemente molti uomini non hanno ancora intuito cosa significhi subire violenza fisica. Essere aggrediti, malmenati, immobilizzati e infine violati nell’intimità. Udire il grido lacerante della propria anima agonizzante nella disperata consapevolezza dell’impotenza, con la certezza che quella ferita aperta dalla lama infuocata del carnefice non potrà mai più rimarginarsi.
    No, è impossibile capire. Anche per certe donne, probabilmente.
    Vige tuttora la tendenza a considerare lo stupro una sorta di incidente estraneo al contesto abituale, qualcosa di orribile che capita a “chi se lo va a cercare” e così via. A volte sembra persino che i ritmi demenziali di una quotidianità fondata sull’effimero abbiano assorbito e annientato le facoltà mentali delle masse popolari, inducendole a dimenticare che la dignità umana trascende gli angusti confini legali e spazia invece in orizzonti sconfinato e irraggiungibili.
    Purtroppo le donne hanno pateticamente smesso di combattere. Sono diventate tragiche caricature delle antenate. Preferiscono continuare a confabulare (spesso di inezie) senza mai arrivare a conclusioni sensate (e come potrebbero?), evitando il confronto diretto o l’impegno intellettuale. E se casualmente accadesse loro di sfiorare  tematiche di stretta attualità resterebbero indifferenti di fronte alle ingiustizie perpetrate nella società in cui a vario titolo sono inserite. Quasi fluttuassero in una dimensione superiore alle banalità del mondo, dominata – sia detto per inciso –  da rivalità,  piccole invidie reciproche, mancanza pressoché assoluta di solidarietà.
    Ciò non è assolutamente plausibile, in seno a una società cosiddetta civile. I recenti verdetti  a opera di  magistrati compiacenti (che travisando il concetto di crimine e ridimensionando le circostanze delle aggressioni tendono generalmente a tutelare gli aguzzini e negare di fatto la debita giustizia alle vittime, salite a circa 11mila al giorno) potrebbero infatti rappresentare precedenti estremamente insidiosi per l’universo femminile. Forse addrittura l’inizio del declino, almeno sul piano giuridico. Poche paiono però aver c0mpreso la reale entità (e relative conseguenze) dell’allarmante fenomeno.
    sopruso stupri
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    Rita Cugola
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    Milanese del ‘59 è giornalista professionista da molti anni. Nel periodo universitario si è dedicata alle recensioni musicali e cinematografiche su istanza di Amica, Cosmopolitan, NoiDonne, Il Borghese). In seguito si è però specializzata in questioni di politica estera e problematiche sociali internazionali (con peculiare attenzione all’universo femminile islamico e al fenomeno discriminatorio globale), scrivendo per svariate testate nazionali, tra cui Panorama.it, La Padania, La Stampa e Il Fatto Quotidiano. Già autrice e conduttrice di programmi giornalistici di approfondimento in emittenti private e tv locali ha deciso di creare un blog su tematiche di geopolitica internazionale (LOOK BEYOND, ritacugola.wordpress.com). Appassionata di egittologia, sufismo e filosofia ha lavorato a lungo con (Sp)Hera, mensile di storia, archeologia ed ermetismo. Per un triennio è stata condirettore di Alganews (magazine online fondato da Lucio Giordano). Attualmente scrive per Dol’s Magazine e il mensile Storica (gruppo RBA). Grazie alla conoscenza di quattro lingue (oltre all’Arabo che sta studiando nel tempo libero) collabora attivamente con la Libreria Islamica/Edizioni Al Hikma, traducendo testi ancora inediti di carattere filosofico/religioso.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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