La Fallaci non è mai stata mite, ma in questo libro ella si espone più che in altre occasioni e va di fioretto a stoccare impunemente personaggi e scomode realtà.
La Fallaci non è mai stata mite, ha sempre vestito i panni della rabbiosa dissidente, è sempre stata la portatrice sana della libertà prima umana e poi politica.
In questo libro ella si espone più che in altre occasioni e va di fioretto a stoccare impunemente personaggi e scomode realtà.
Il volume inizia con la chiacchierata sfrontata con Herry Kissinger e termina con un meraviglioso incontro con Alessandro Panagulis, “L’uomo”.
Tra questi due uomini tante domande a tante figure: Van Thieu, Giap, Sihanuk con cui la Fallaci si avventa per affrontare senza filtri la questione palestinese, Nenni, Andreotti, Colby, Pike, Soares.
L’intervista che mi è piaciuta di piu è stata quella con Helder Camara, l’ “arcivescovo rosso”.
Forse il parallelismo con la napoletana Leosini apparirà spregevole ma la Fallaci era anch’ella colta e pruriginosa, intollerante al potere e allergica alle rispose superficiali.
Una escavatrice leale insomma, e o la si ama o la si odia.
Qui l’ho amata con sincerità.
Il tributo finale al suo amore greco è raccolto in una frase potente, macinata fra i denti, di una commovenza disumana.
Voto 7 e mezzo