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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Cultura»Film»The substance
    Film

    The substance

    Erica ArosioBy Erica Arosio18/10/2024Updated:18/10/2024Nessun commento4 Mins Read
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    Di Coralie Fargeat

    Con Demi Moore, Margaret Qualley, Dennis Quaid

    Perché Coralie Fargeat ha ambientato il suo film negli anni Ottanta? Probabilmente perché è stato proprio in quel decennio che è nata l’ossessione per il corpo, l’apparenza e la forma fisica. In quegli anni esplode la moda dell’aerobica con i corsi di Jane Fonda, imitata poi in tutto il mondo. Ed è ancora in quel decennio che la chirurgia estetica da pratica riservata solo a qualche diva comincia a far proseliti fuori dal mondo dello spettacolo. Parte da qui, dal desiderio di un corpo per sempre giovane, l’horror grottesco di questa regista che affronta le tematiche femminili e femministe utilizzando il cinema di genere, esasperandone i toni. Un film che è piaciuto al Festival di Cannes, dove concorreva per la Palma d’oro e che è stato presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma per arrivare sugli schermi a fine mese.

    Siamo in California, Elisabeth Sparkle (Demi Moore, una delle attrici simbolo degli anni 80) è la star di uno show televisivo sul fitness. Ha 50 anni, è ancora bella, ma non basta. Il pubblico è crudele e vuole “carne fresca”, come scopre sentendo per caso una telefonata del producer (Dennis Quaid, anche lui ripescato dagli anni 80). Tornando in auto dagli studi, è così sconvolta e arrabbiata che si distrae e ha un incidente. Finisce in ospedale, non c’è niente di rotto, per fortuna, e mentre la medicano un infermiere le fa scivolare in tasca un foglietto con un numero di telefono. Per non invecchiare mai. E forse potremmo anche pensare che da questo momento in poi quello che vediamo sia solo un sogno. Che si trasforma in un incubo.

    Elisabeth butta via il foglietto, ma ci ripensa presto e chiama la misteriosa società, ordinando The substance: un farmaco che iniettato sdoppia chi lo usa. Un dottor Jekyll e Mister Hyde, in cui l’alternanza non è di carattere ma di età. Il doppio di Elisabeth è sempre lei, ma con trenta anni di meno. Ci sono ovviamente delle regole da rispettare, l’alternanza fra i due corpi deve essere di una settimana e non bisogna mai dimenticare che si tratta sempre della stessa persona (Remember: you are one).

    Naturalmente le regole verranno presto trasgredite, con conseguenze devastanti.

    La prima parte di The substance è molto intrigante e rimanda a film come La morte ti fa bella (l’ossessione della giovinezza), a tante opere di Cronenberg (la manipolazione dei corpi), persino a Shining di Kubrick per la follia (il corridoio della casa di Elisabeth è come quello dell’Overlook hotel) e a Eva contro Eva per la rivalità femminile. Che qui non vede però due donne una contro l’altra, ma si scatena dalla scissione di una sola donna.

    Demi Moore è stata coraggiosa a mostrare le rughe, il corpo che ha perso tonicità, la bellezza che rimane ma inevitabilmente sfiorisce. L’alter ego, Margaret Qualley ormai lanciatissima, è sempre più brava e incarna perfettamente l’antagonista impietosa che ha solo voglia di far fuori il sé vecchio. Dimenticando che la matrice è una.


    Spettacolare, inquietante, intelligente, arguto e esagerato, The substance mette alla berlina l’ossessione per la giovinezza che esiste da sempre (dagli dei greci al Ritratto di Dorian Gray) ma che oggi ha raggiunte vette di follia. Una follia che irrompe nella seconda parte del film dove tutto assume dimensioni mostruose. Tutto diventa troppo. Troppo horror, troppo sangue, troppo splatter in un inutile crescendo che se forse ha divertito la regista rischia però di sfiancare il pubblico.

    Difficile però prevedere le reazioni degli spettatori, perché i più giovani sono (purtroppo) abituati agli eccessi e sono ormai anestetizzati di fronte alla violenza. Con il rischio che non si distingua più il confine fra la realtà e la finzione, fra la vita vera e quella virtuale.  

    demimopre substance
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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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