“L’architettura porta in sé l’idea del sacro”, dichiara l’architetto Mario Botta che ha progettato la “Chiesa del Santo Volto” di Torino, all’11 di Via Val della Torre.
Un occhio attento
Nel mondo si trovano edifici significativi che tengono conto di obiettivi dello sviluppo sostenibile sanciti dall’Agenda 2030 e che spiccano per imponenza, materiali scelti, soluzioni architettoniche e, prioritariamente, rispetto per l’ambiente. Tra questi, Gloss visitò il Museo Guggenheim a Bilbao , la cui superficie cambia colore con la luce, e il Teatro Nazionale di Pechino, che Gloss ricorda come l’ “Uovo di Pechino”, con la sua facciata di 22.000 piastre di titanio. Pur essendo buddista, non poteva mancare la visita a un luogo di culto come la chiesa del Santo Volto in Torino, (non nel resto del mondo!) perché convinta che la spiritualità, in quanto tale, non ha colori né bandiere. Tantomeno fondamentalismi. A volte abbiamo la bellezza sotto casa e non ce ne accorgiamo.
Inaugurata nel 2006 a Torino, progettata e costruita dall’architetto Mario Botta e dalla sua squadra, la chiesa sfrutta il contesto post industriale e i suoi elementi morfologici. Un tempo, il sito era occupato infatti dai laminatoi e fonderie e Fiat. La ciminiera si fa campanile e il mattone si richiama alla tradizione tutta torinese del mattone a vista, altrimenti detto “paramano”, dal Guarino Guarini e il suo Palazzo Carignano in poi, fino all’Architetto Luzi e le sue Torri Pitagora.
Industria e Spirito
Con arguta operazione di trasformazione e, per certi versi, Gloss suppone di mistica rinascita, il progetto fa risorgere gli elementi dell’insediamento industriale. Per esempio, avvolge la torre dell’ex ciminiera con un’elica luminosa fino alla croce a 55 metri di altezza.
Mentre la tradizionale facciata della chiesa e l’altrettanto tradizionale impianto a croce latina sono state sostituite dall’architetto Botta da sette torri alte 35 metri, che viste dall’alto richiamano l’idea di una ruota dentata, di un vero e proprio ingranaggio industriale, a memento della vocazione della città.
Bugioli come acquasantiere
Due acquasantiera richiamano la forma dei buglioli della fonderia, un dettaglio che riflette l’approccio di Botta nello studiare il territorio e la sua storia, come da lui dichiarato in un’intervista del 2006.
Botta sostiene che un’interpretazione critica del territorio porta a progetti più chiari ed evidenti. Per lui, il territorio fisico rappresenta la forza della storia e della memoria, su cui l’architetto deve lavorare. È convinto che l’architettura abbia uno scopo etico più che estetico e la definisce “spietata” perché riflette fedelmente ogni periodo storico, rendendola la più grande delle arti in quanto interpreta sia la creatività dell’autore sia i bisogni della comunità.
All’interno le progettate linee di fuga convergono verso i “condotti di aspirazione”, ossia le torri. Questi condotti convogliano la luce all’interno della chiesa, con un effetto speciale: a seconda dell’ora creano corridoi di luce dai colori diversi. Gloss si chiede se Botta avrà preso ispirazione da un’altra chiesa torinese, in cui certi affreschi sono visibili perché illuminati solo in determinate occasioni dell’anno.
L’organizzazione interna rispetta le indicazioni del Concilio Vaticano II, con un ampio corridoio centrale che conduce all’altare principale, capace di ospitare 1.000 persone.
Misticismo antico e contemporaneo
Perché Gloss ritiene questa chiesa contenga elementi di particolare misticismo?
Il progetto iniziale del 2001 prevedeva otto torri, anziché sette. La soluzione finale ha permesso di creare un percorso diretto tra l’ingresso e l’abside, ma il numero sette ha anche una valenza che va oltre la comprensione razionale, toccando la sfera del sacro o del misterioso. Perché è il numero delle colonne del tempio di Gerusalemme, dei sacramenti e delle ore canoniche della preghiera liturgica. “Il sette è il più piccolo numero naturale il cui cubo (343) è palindromo. Già qui siamo entrati in qualcosa dal sentore magico.” Cit. Land art sui prati del Campus INRiM – Dol’s Magazine

Un dettaglio nella foto dell’altare maggiore spiega il superamento delle polemiche iniziali: sullo sfondo dell’altare maggiore è stato ricreato il volto della Sacra Sindone, custodita a Torino, chiave per interpretare il superamento di tante polemiche che hanno accompagnato il progetto fin dall’inizio, nel 2001. Perché Torino è la città che ospita la Sacra Sindone, e lo stesso volto che appare sulla tela è stato ricreato sullo sfondo dell’altare maggiore. Con un effetto molto particolare: diventa infatti più o meno evidente o sfumato a seconda dei corridoi di luce portati nell’edificio dalle torri. Partendo dalla riproduzione del volto di Gesù presente sulla Sacra Sindone, Mario Botta e il suo team hanno trasformato la fotografia della Sindone in un’immagine pixelata. Grazie a un abile lavoro di mosaico delle pietre, hanno ricostruito il Volto Sacro: piccoli mattoni di rosso di Verona sono stati lavorati in una forma a cuneo e assemblati in modo tale da creare zone d’ombra e riflettere la luce. Da lontano, dietro l’altare si può dunque distinguere il volto di Gesù che appare grazie all’effetto della luce che lo colpisce dall’alto.
Ricchi e Poveri (di spirito?)
Il costo e la maestosità del progetto hanno suscitato dubbi. Tuttavia, pur riconoscendo che una chiesa sarà fruibile per tantissimo tempo, Gloss riconosce che i fondi forse avrebbero potuto essere destinati a persone bisognose, proprio come agli inizi sostenne Don Carlo Carlevaris, il primo prete operaio della città, (preti operai, ovvero quei presbiteri, soprattutto cattolico-romani, che hanno lavorato in fabbrica come operai e che in Italia sono riuniti in associazione): espresse la sua opposizione alla decisione di spendere 12 milioni per un’opera come questa, ritenendo che quei fondi avrebbero potuto essere utilizzati per aiutare le persone in difficoltà e porre un po’ di sollievo alle situazioni di povertà presenti in città. In sostanza, criticava la priorità data alla costruzione rispetto ai bisogni urgenti dei più bisognosi. Non ci sono consuntivi ufficiali, ma secondo alcune stime il costo finale del progetto è stato di 30 milioni di euro. A personalissimo avviso di Gloss, Arte, Bellezza e Cultura dovrebbero andare a beneficio delle persone.
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