Scuola: raccontare esperienze per una rappresentazione differente

1

Troppe macerie e generalizzazioni sono piovute sul mondo della scuola, specialmente negli ultimi giorni. Troppi sapientoni si sono prodigati in fiumi di analisi e di strali, con la sensazione finale che tanto si parla di scuola, ma poco la si conosce da dentro. Con il risultato di terremotare tutto quanto, scaricando responsabilità sulla base di pregiudizi e di giudizi sommari.

C’è chi ne fa un’analisi prettamente classista, esattamente come chi preferisce continuare a pensare che la violenza e certi comportamenti lesivi dei diritti si annidino principalmente negli strati sociali dotati di meno mezzi materiali e immateriali. Eppure come sappiamo benissimo e ripetiamo da anni, si tratta di fenomeni trasversali, che occorre leggere a livello culturale, che traggono origine da modelli e da esempi culturali e comportamentali. Ci sono adulti che mimano attenzione ed empatia, grandi ideali e valori, ma sotto pelle, covano forme e metodi di bullismo e di sopraffazione latenti, che all’occorrenza mettono in pratica per schiacciare gli altri. E non è questione di censo, non è questione di origine, non è questione di titolo di studio.

Dell’universo scolastico non si riesce a comprendere realmente i problemi, i fenomeni, i meccanismi, ma anche le potenzialità, ciò che funziona, genera risultati e ricadute positive. Solo polveroni per oscurare tutto il resto. Si costruiscono montagne fittizie, e la prima domanda dovrebbe essere con quali finalità? I motivi per cui avvengono certi episodi e comportamenti restano inesplorati, tutti occupati a scaricare responsabilità, tutti a non voler riconoscere l’urgenza di un lavoro diffuso e sistematico per tornare a una crescita piena, che non sia solo composta di nozioni e di prestazioni da valutazione sulla preparazione, ma che sia accompagnata da una maturazione emotiva e relazionale capace di interrompere cicli nocivi. E allora avviciniamoci in punta di piedi a questo mondo, ricordandoci per un attimo gli studenti che siamo stati, gli insegnanti che abbiamo incrociato, le difficoltà di certi passaggi evolutivi, cerchiamo di conoscere con cura cosa avviene realmente a scuola, quanto importante sia l’operato e il portato educativo degli insegnanti, riconosciamo i tanti segnali positivi e incoraggianti, senza pretendere di esaurire la rappresentazione delle nuove generazioni solo attraverso episodi gravi e negativi di sopraffazione e di insubordinazione.

Perché solo chi si accosta alla scuola, scopre quanti tesori vi germogliano dentro, con ragazzi e ragazze che hanno solo bisogno di stimoli, di essere coinvolti, di essere accompagnati in percorsi che costruiscano non solo competenze, saperi, capacità, ma che gli consentano di sperimentare se stessi, acquisire consapevolezza di sé e strumenti per orientarsi nelle difficili fasi del diventare grandi. Basta davvero entrare nei corridoi e nelle aule, insieme a loro, ai loro insegnanti, per comprendere di cosa sto parlando. Girando per le scuole con un progetto di contrasto agli stereotipi, alle discriminazioni e alla violenza di genere, mi rendo sempre più conto di quanto ribollire positivo di idee, spunti di riflessione, di cambiamento ci sia. Noi adulti possiamo e dobbiamo incoraggiarli a lasciar emergere questo flusso, affiancarli in un cammino che agevoli e permetta che nuovi e positivi punti di vista si affermino, che si diffonda una cultura della parità e del rispetto, per una comunità umana libera da gabbie e catene culturali, che imbrigliano le nostre energie e istanze di cambiamento. Si possono spezzare circoli viziosi, muri, barriere che offuscano e limitano il nostro io, la nostra autenticità, il nostro desiderio di essere noi stessi/e e non ciò che le aspettative altrui costruiscono di noi. I risultati arrivano da sé e sono sempre un dono prezioso, dimostrano quanto sia importante non disperdere questa possibilità, questa opportunità, questa impellente necessità di espressione, di sperimentare se stessi/e e le proprie potenzialità.

I lavori  (19 aprile 2018) per la realizzazione delle due panchine rosse “parlanti” contro la violenza di genere in via Montegani, a cura della III C dell’Istituto professionale per i servizi commerciali – Dipartimento Grafica W. Kandinsky di Milano e di Mister Caos per Libere Sinergie


In silenzio, si opera con il cuore. Perché il rumore non disturbi e non copra il battito di piccoli passi e di nuovi semi che germogliano. È una primavera permanente della mente e delle azioni, che trova la sua strada se solo le si dà lo spazio e il giusto ascolto. Di ascolto hanno bisogno questi ragazzi e queste ragazze. Quando si propongono alle scuole dei laboratori e dei progetti cui accennavo, si cerca di dare proprio questa opportunità, affinché ciascuno/a attraverso il proprio linguaggio espressivo (parole, immagini, manufatti artistici con varie tecniche, pittura materica, musica, teatro), faccia emergere e sentire la propria “voce”, conosca e scopra le sue potenzialità di cambiamento, comprenda il suo valore, sovverta la cultura che è alla base di una società che fa fatica ad andare verso una piena parità, che stenta ancora sul terreno del rispetto all’interno delle relazioni, che è ancora intrisa di stereotipi e di stigmatizzazioni di genere. C’è tutto questo e molto altro, se solo si dedica il giusto tempo, si ha cura e si hanno gli occhi interiori aperti per accorgersene. Il loro sentire, il loro mondo interiore affiorano ed emergono quando sono coinvolti in un lavoro che richiama le emozioni e le percezioni, quando sono chiamati/e a confrontarsi con se stessi/e, quando possono sbarazzarsi delle corazze di gruppo e di comunità. Così si rivelano in tutti gli aspetti più inaspettati e ricchi di sfumature. Vedi le loro danze composte di immagini e parole, ti sorprendi e ti entusiasmi insieme a loro.

Elaborati a conclusione del laboratorio contro stereotipi e violenza di genere, V A del liceo artistico Istituto Einaudi di Magenta


Attorno, incroci insegnanti, dirigenti scolastiche, personale scolastico, genitori che in questo cammino ci sono, ci credono, pronti ad abbracciare questa sfida, questo impegno, perché educare è trasmettere l’idea che è possibile migliorare, che nulla è immutabile, che l’unica cosa sbagliata è arrendersi e non tentare. I risultati positivi non tardano ad arrivare. Non imbrigliamoli, lasciamo che colgano l’aria del cambiamento e crescano più consapevoli.

Il mio impegno lo dedico a mia figlia e a tutti i bambini, ai loro sguardi curiosi sul mondo. A quella bambina di 5 anni che mentre facevo lo stencil sulla panchina, mi si è avvicinata e mi ha fatto compagnia con mille domande. Lo dedico a chi sarà adulto/a domani. Insomma, questa è l’unica cosa che conta, in mezzo a tanto rumore e a tanta dispersione di energie. C’è tanto da fare, rimbocchiamoci le maniche, basta veramente poco per mettersi a disposizione e riuscire a compiere delle piccole rivoluzioni. È rigenerante e non smetterò mai di ringraziare per questi incroci di vita!

Dai miei genitori insegnanti ho ereditato la fiducia nei ragazzi, la certezza che nulla mai è veramente perduto, che fare l’insegnante ha un valore immenso, perché si generano opportunità nuove per le future generazioni, si riesce a scavalcare i muri delle discriminazioni, se lo si desidera, se si intraprendono i giusti sentieri. Ma fare l’insegnante non è semplice e non ci sono ricette, è faticoso e a volte stressante, perché non si è macchine, non si è in catena di montaggio, si tratta di interrelazioni umane. Chi pretende una scuola azienda, chi pretende prassi e modelli aziendali sbaglia alla grande. Chi si erge dall’alto e dall’esterno per giudicare e pretende di risolvere i problemi, che certamente ci sono, con la bacchetta magica, si fermi.

L’ignoranza vera è di chi si ostina a non voler vedere e apprezzare questo humus fertile, che attende solo di essere valorizzato per produrre buoni frutti. Aiutiamoli a prendere parola con ogni mezzo espressivo e ascoltiamoli. Sanno dare tante emozioni. Rendiamoli protagonisti di una storia diversa, cambiamo insieme il corso della storia, che riguarda tutti/e noi.

 

Foto in apertura: un elaborato al termine di un laboratorio contro stereotipi e violenza di genere, ad opera di una studentessa della V A del liceo artistico – Istituto Einaudi di Magenta.

 

CONDIVIDI

Profilo Autore

simonasforza

Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Equilibrista della vita. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.

1 commento

  1. Pingback: Scuola: raccontare esperienze per una rappresentazione differente | Nuvolette di pensieri

Lascia un commento


+ tre = 4