La parola d’ordine degli anni Duemila è sharing: condivisione. E se iniziassimo a condividere anche le persone?
Condividiamo sul Web esperienze e opinioni, articoli, tweet e post. Ma nella vita reale siamo disposti a condividere ben di più: dal mezzo di trasporto a due, quattro o più ruote (con il bike sharing, il car sharing, il social bus sharing) alla casa (grazie a cohousing e house sharing), ai libri (con il bookcrossing) a molto altro ancora.
E se iniziassimo a condividere anche le persone? Non in una provocatoria versione di “Cambio moglie”, ma nell’ottica di una sharing economy che unisce le risorse (umane) per il bene comune: in questo caso, la possibilità di ottenere più rapidamente un servizio insieme a quella di risparmiare. Stiamo parlando del baby-sitter sharing e del parent sharing: due pratiche iniziate già da tempo in altri Paesi europei e da poco proposte anche da noi da servizi di ricerca di baby-sitting come Sitly, una divisione del 2care4kids Group.
Nato nei Paesi Bassi con il nome di Oudermatch e poi diffusosi in Norvegia, Finlandia e Spagna, il progetto Sitly, sorto dall’esigenza genitoriale di affidare i propri figli a figure di accudimento sicure e vicine, consente di reperire più facilmente una baby-sitter nel quartiere, selezionandola in base alle proprie esigenze. Grazie alla formula “Genitori in contatto” (usata attualmente dal 20% degli iscritti), inoltre, permette di conoscere altre famiglie nei dintorni, per instaurare rapporti di amicizia e decidere se condividere una stessa baby-sitter, o magari alternarsi nell’intrattenimento, nella custodia o nel doposcuola dei bambini. Ogni utente può commentare sul sito la propria esperienza con i caregiver incontrati, fornendo così le ‘referenze’.
Se il 64% dei britannici, e il 52% degli statunitensi, si è avvalso di un servizio di sharing nel 2015, e presumibilmente continuerà a farlo sempre di più nel futuro, anche da noi il fenomeno è in crescita: secondo i dati raccolti da Duepuntozero Doxa, il 13% degli Italiani ha utilizzato un servizio di condivisione di beni materiali almeno una volta nello scorso anno e ben il 70% (un milione di persone in più rispetto all’anno precedente) è a conoscenza delle possibilità offerte dallo sharing.
Non ci resta che condividere (a cominciare da questo articolo…)