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    Home»Costume e società»Dire “no”
    Costume e società

    Dire “no”

    Angela CartaBy Angela Carta19/12/2018Updated:19/12/2018Nessun commento7 Mins Read
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    Siamo vicini alla fine del 2018, e desidero esprimere ancora un pensiero prima della fine dell’anno. Non è solo un pensiero, ma una speranza, un auspicio.

    Quest’anno ho cambiato la mia vita. Come alcune/i lettrici/lettori di Dol’s sapranno, da giugno ho iniziato un’emozionante esperienza in Ungheria come volontaria europea. Sono piena di gratitudine e guardo al futuro con ottimismo. La scelta di cambiare tutto, da zero, è dipesa da una sola e grande volontà: dire no, per la prima volta – in modo netto – a tutto ciò che mi stava facendo ammalare. Due anni di lavoro in compagnie nelle quali non mi sono sentita gratificata; ma soprattutto diversi anni passati in relazioni che mi hanno resa infelice, portandomi quasi a mettere in dubbio me stessa, fino a perdermi. Chi ero? Dove stavo andando?
    Ma quanto donne hanno fino ad ora potuto dire “no”? Quante donne hanno goduto della libertà di porre fine a relazioni tossiche prima che fosse troppo tardi?
    Mi sento fortunata, pensandoci.
    In occasione del 25 novembre ho parlato di violenza sulle donne, ma ci sono informazioni omesse di cui vorrei parlare ora: è stato reso pubblico il rapporto italiano GREVIO 2018, nel quale si evidenzia come – nonostante gli sforzi apprezzabili sul piano normativo – l’implementazione delle norme e gli sforzi attivi per aiutare le donne vittime di violenza siano ancora insufficienti, e gravino per lo più sulle spalle dei centri antiviolenza e delle associazioni che gratuitamente aiutano le donne sostituendosi allo Stato. Altro problema è quello dei dati: parziali, generici, in alcuni casi assenti (come nel caso della violenza economica). Dal rapporto emerge come non ci siano dispositivi per monitorare l’intero percorso che una donna compie dal momento in cui si rivolge ad un centro in poi. Quante denunce? In quanto tempo? E così via…
    I fondi, poi, dove sono e come vengono usati? Pochi i programmi di formazione per operatrici; 5400 circa posti letto mancanti per ospitare le donne vittime di violenza nei rifugi (627 i letti disponibili); ancora poche le denunce, soprattutto in caso di stupro (7%)… provate ad indovinare perché.
    Nel rapporto, viene citata la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per aver negato alla Sig.ra Talpis protezione dopo i tre mesi di ospitalità presso il rifugio del Comune di Udine, facendosi carico delle spese a sua tutela, adducendo come scuse l’assenza di fondi nel bilancio e un problema di natura procedurale (CASE OF TALPIS v. ITALY 41237/14).
    Ci penso e ripenso. Mi immedesimo in una delle tante donne in Italia vittime di violenza domestica o di qualsiasi forma di abuso. Mi immagino piena di vergogna, perché se denunciassi e qualcuno venisse a sapere potrei non essere creduta o peggio accusata di aver contribuito ad alimentare quella violenza.
    Mi immagino impaurita, perché se non avessi dove andare e fossi senza lavoro non ci sarebbe altra scelta che restare e andare avanti – sperando di non essere mossa dalla disperazione fino ad uccidere, come è capitato a Salvatrice Spataro, che con i figli ha accoltellato il marito Pietro Ferrera – consapevole di essere sola contro il mostro.
    Quindi sì, sono fortunata. Sto portando avanti un percorso interiore che mi auguro conduca a relazioni mature e sane; sto inseguendo i miei obiettivi professionali; sto allontanando ciò che è tossico dalla mia vita.
    Sogno, spero, di poter un giorno dirvi che tante come me stanno imparando a dire no, perché il loro paese le protegge e le incoraggia. Ma purtroppo quel giorno non è ancora arrivato. Felice anno nuovo.

     

    Saying “no”

    We are close to the end of 2018, and I would like to tell you just one more thing before the end of the year. It is also a hope, a wish.
    My life has changed this year. As some of you, Dol’s readers, already know, I started a new exciting experience in Hungary as a volunteer in a “youth center” back in June.  I am full of gratitude and I look to the future with optimism. I chose to change everything from scratch because of one reason in particular: saying no, for the first time – fully – to all those things that were making me feel sick. Working for two years for companies in which I could not feel satisfied, but especially several years spent in unhappy relationships to the point I doubted myself. I almost lost myself. Who was I? Where to go?

    However, how many women had the opportunity to say “no” so far? How many women enjoyed their freedom, freedom from toxic relationships before it was too late?
    I feel lucky, thinking about that.

    Back in November 25th, I talked about violence against women, but there are information I omitted that time: the recently published Italian report GREVIO 2018, underlines how – despite all the appreciable efforts on the regulatory level – the implementation of the laws and the practical effort in order to help women victims of violence are still insufficient, and they rest mostly on the anti-violence centers and associations that intervene in place of the State.
    Another issue is relative to data: partial, generic, and in some cases missing (let’s think about the economic violence for example), and there are not systems to supervise the path of a woman from the moment she accesses a center onward. How many official reports, for instance?

    Where are the funds and how are they managed? There are few trainings for the operators; around 5400 are the missing beds to host women in the shelters (only 627 the available ones); there are still few official reports, especially in case of rape (7%). We can imagine the reasons.

    The report mentioned the ECHR sentence in the case TALPIS v. ITALY 41237/14: after three months in a shelter (all the costs being covered by the center), Mrs. Talpis did not receive any kind of help from the Udine’s municipality to cover new costs related to her physical protection. The reason put forward was the absence of funds and a procedural error.

    I think over and over again. Putting myself in another woman’s shoes, one of the many women victim of domestic violence or other types of abuse, I imagine myself being embarrassed, afraid that – in case of notification – no one would believe me or that I could be accused of having been the cause of my own abuse. I imagine myself scared, because – without a place to stay or a job – I could not have any other opportunity but to stay and fight – hoping not to be guided by despair to the point of killing, as Salvatrice Spataro was: she stabbed his husband Pietro Ferrera with the help of their children – aware of being alone against the monster.

    Therefore, yes, I am lucky. I am working on myself, and I will hopefully experience mature and healthy relationships from now on; I am fulfilling my professional dreams; I am throwing away all which is toxic to me.

    I dream and hope to be here one day to tell you that other women like me are finally able to say no because they live in a country that protects and encourage them.

    Unfortunately, that day is not today. Happy New Year.

     

    dire no
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    Angela Carta
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    28 anni. Dopo due anni come operatrice di uno sportello anti-violenza e un anno di volontariato in Ungheria come youth worker, ho scelto di diventare educatrice professionale. Già specializzata in Tutela dei Diritti Umani, mi occupo oggi di HRE, violenza di genere, educazione videoludica e attività di gioco e team building.

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