Per iniziare a parlare delle prime donne nelle professioni, dobbiamo partire da lontano, dal secolo XI, quando incontriamo Trotula De Ruggiero, considerata la prima ginecologa della Storia.
La sua fama arrivò in tutta Europa e sicuramente l’invidia maschile nei secoli fu grande; addirittura alcuni studiosi misero in dubbio la sua stessa esistenza. Ma alcune fonti ci raccontano di una certa Agnodice che molto tempo prima, nel IV secolo a.C. praticava la ginecologia travestita da uomo. Inoltre un’iscrizione in un tempio egiziano ed alcuni papiri ci testimoniano che già nel 3000 a.C. le donne dell’antico Egitto praticavano la medicina
Nel 1376 la “medichessa”, Virdimura De Medico, fu la prima medica sicula-ebrea. È accertato storicamente che in Sicilia, tra il 1300 e il 1400, esistevano le “medichesse” che si dedicavano soprattutto alla cura di altre donne e delle persone dei ceti sociali meno abbienti. La maggior parte di loro era ebrea e operava nel campo dell’ostetricia e della ginecologia, ma abbiamo anche notizie di alcune oculiste. Non erano accettate ufficialmente dai colleghi, forse gelosi del loro successo dovuto a uno spiccato senso pratico e a un naturale spirito di solidarietà verso le persone sofferenti.
Le “medichesse” appartenevano alle classi alte della società e spesso erano mogli, figlie o parenti di medici. Virdimura è la prima ebrea siciliana di cui troviamo notizia nei documenti e fu la moglie di Pasquale De Medico di Catania. Esercitava ufficialmente le pratiche mediche e la chirurgia dopo essersi sottoposta alla prova di abilità davanti a una commissione di esperti. Il documento di idoneità all’esercizio della professione, del novembre 1376, attesta che aveva inoltrato una richiesta specifica per poter curare la gente povera e coloro che non potevano pagare gli esosi onorari chiesti dai colleghi. Virdimura era tanto competente quanto brava e in breve tempo raggiunse grande fama in tutta la Sicilia.
In quel periodo tante altre medichesse, non famose come lei, erano spesso additate come streghe o fattucchiere e, a causa di pregiudizi discriminatori, spesso restavano isolate. È curioso constatare come una cospicua parte della letteratura medica di quei secoli fosse dedicata alle modalità e ai materiali da utilizzare per “ridare la verginità” alle donne che l’avevano perduta. Ciò si spiega con il fatto che le ebree, senza più verginità già prima del matrimonio, potevano incorrere nella ketubba, che era lo scioglimento del contratto matrimoniale cui seguiva il formale ripudio. Era quindi naturale che le donne, per risolvere questo problema, preferissero rivolgersi alle medichesse, come era naturale che sempre a loro si rivolgessero per avere consigli sui metodi contraccettivi, per essere assistite in gravidanza, durante il parto e in caso di aborto.
Diversi secoli dopo, nei primi anni del Novecento, in Italia troviamo un’altra donna nel campo medico, Adelasia Cocco, che fu la prima ad esercitare la professione di medica condotta.
Clelia Lollini fu invece la prima chirurga ufficiale medica che operò in un ospedale militare. Clelia era nata a Roma nel 1890, figlia di Elisa Agnini, femminista e fondatrice dell’“Associazione per la donna”. Si laureò in Medicina e Chirurgia nel 1915. Quando scoppiò la prima guerra mondiale svolgeva il praticantato al Policlinico Umberto I della capitale: il conflitto aveva costretto tanti medici a partire per il fronte, lasciando scoperte numerose posizioni professionali di responsabilità che vennero assunte dalle poche dottoresse di allora. Clelia si sentì in dovere di offrire la propria professionalità dove c’era maggiore bisogno, scegliendo così di arruolarsi. Venne inviata come tenente medico all’ospedale di Venezia, dove risultò essere l’unica chirurga. Lì trascorse ben tredici mesi durante i quali eseguì un numero altissimo di interventi. Terminata la guerra dovette però ripiegare su un’attività ritenuta, a quei tempi, più consona per una donna e diventò ricercatrice. È morta nel 1963.
La prima donna medica in America fu Elizabeth Blackwell. Nata a Bristol nel 1821 e morta in Scozia nel 1910, nel 1847 intraprese gli studi di medicina ma quasi tutte le domande che inoltrò ai College di Philadelphia ebbero esito negativo. Documentano il forte maschilismo che permeava all’epoca il mondo universitario, le parole del dottor Joseph Warrington, contenute nel testo di diniego che le aveva inviato: “Dovresti convincerti che, come credo anch’io, la donna sia stata inventata per essere il braccio destro dell’uomo… e che quindi sia naturale che gli uomini siano dottori e le donne infermiere”. Fortunatamente Elizabeth non demorse e venne ammessa alla Geneva Medical Institute di New York.
Una fotografia scattata il 10 ottobre del 1885 ritrae insieme tre studentesse del Women’s Medical College della Pennsylvania, una delle pochissime scuole al mondo in cui le donne potevano studiare medicina. Le tre studentesse diventarono le prime donne mediche nei loro Paesi: Joshi Anandibai in India,Keiko Okami in Giappone e Sabat Islambouli in Siria.
La prima medica in Canada si chiamava Emily Howard Stowe, nata nel 1831. Vanta un altro primato: fu la prima donna preside di una scuola pubblica nell’Upper Canada. Anche lei subì l’umiliazione di essere rifiutata: nel 1865 le fu negato l’accesso alla Toronto School of Medicine dal vicepreside che così le scrisse: “Le porte dell’università non sono aperte alle donne e confido che non lo saranno mai”. Emily per tutta la vita fu un’attivista dei diritti delle donne e lottò per ottenere il suffragio femminile. Morì nel 1903, quattordici anni prima che le donne in Canada ottenessero il diritto di voto.
Isala Van Diest, nata nel 1842, oltre ad essere la prima medica belga è stata anche la prima laureata di quella nazione. Come per le sue colleghe, anche per lei il cammino professionale è stato irto di ostacoli. Poiché a quei tempi in Belgio le donne non potevano frequentare le scuole secondarie, Isala andò in Svizzera per ultimare gli studi. Rientrata in patria, tentò di iscriversi alla facoltà di Medicina dell’Università cattolica di Lowain ma ricevette un netto rifiuto e il suggerimento di diventare una brava casalinga. Decise allora di ritornare a Berna, dove le università ammettevano le studentesse, e si laureò nel 1879.
Fu una femminista e fondò la “Lega per i diritti delle donne belghe” insieme a Marie Popelin, che fu la prima laureata belga in Giurisprudenza. Isala e Marie sono state ritratte insieme sulla moneta commemorativa da due euro in occasione di un 8 marzo.
Sempre in medicina, una prima donna dei nostri giorni è Alessandra Kustermann che nel 2009 è stata la prima, dopo ben cento anni, ad essere nominata primaria ginecologa all’Ospedale Mangiagalli di Milano. Alessandra negli ultimi venti anni ha realizzato due importanti presidi: il “Centro contro la violenza sessuale” e il “Centro contro la violenza domestica”.
Anna Maria Landis è stata, invece, la prima donna nel 2006 a presiedere l’Associazione Mineraria Sarda fondata nel lontano 1896; vanta anche un altro primato: nel 1975 interruppe la sequenza maschile di presidi a capo dell’Istituto Minerario. Da preside ha segnato una svolta importante per quella scuola introducendo corsi di chimica, di elettronica e di informatica. Fu una scelta lungimirante, che garantì un futuro all’istituto, quando sopraggiunse la chiusura delle miniere.
Arwa al Hejaili, nel 2013, è stata la prima avvocata in Arabia Saudita mentre la sua connazionale Bayan Alzharan è stata la prima avvocata ad aprire nel suo Paese uno studio al femminile.
La svedese Karin Stahre è stata, nel 2007, la prima donna al mondo a diventare comandante di una nave da crociera; è invece la livornese Serena Melani la prima comandante italiana di una nave da crociera da settecento passeggeri, del gruppo Norwegian Cruise Line, nel 2016.
In giurisprudenza è abbastanza nota la figura della prima avvocata italiana Lidia Poët e delle difficoltà che incontrò per esercitare la professione, ricordiamo che soltanto dal 1963 le donne in Italia poterono accedere alla magistratura e durante l’Assemblea Costituente del 7 luglio 1947, l’onorevole Bettiol così si esprimeva:” Nella sua costituzione pschica la donna non ha le attitudini per fare bene il magistrato, come dimostra l’esperienza pratica in un campo affine, cioè nella professione dell’avvocato. Tutti avranno notato quale scarsa tendenza ed adattabilità abbia la donna per questa professione perché le manca, proprio per costituzione, quel potere di sintesi e di equilibrio assoluto necessari per sottrarsi agli stati emotivi”.
La tedesca Claudia Haney è diventata nel 2012 la prima donna al mondo a dirigere una miniera. Viene così sfatata l’antica credenza secondo la quale le donne in miniera erano portatrici di disgrazie e di sfortuna. Solo nel 2005, la Corte di Giustizia Europea ha cancellato il divieto per le donne di lavorare in miniera. Peccato però che i minatori, nel momento del pericolo, invocano proprio una donna: santa Barbara!
Ester Rizzo tratto da Le Mille i primati delle donne