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    Home»Pari opportunità»Parità di genere»Il mondo delle donne
    Parità di genere

    Il mondo delle donne

    simonasforzaBy simonasforza18/11/2015Updated:19/11/20151 commento7 Mins Read
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    Storia di un consultorio, nato dal vento del femminismo

    Desidero iniziare da una delle ultime pagine del libro Il mondo delle donne – storia del primo consultorio autogestito nel movimento di liberazione femminile, Pina Sardella, 2014 Mimesis, un testo che mescola la storia mondiale e italiana con quella del CPD, centro problemi donna. Si parla di uno “stretto legame internazionale che il movimento delle donne ricerca fin dalla sua nascita.”

    Penso che sia fondamentale recepire, scambiarsi esperienze e idee, costruire ponti con i vari movimenti, perché questo significa apertura, ricchezza, attenzione reciproca e vitalità.

    sforza2L’idea di partenza è semplice, ma innovativa: “uno spazio in cui le donne potessero incontrarsi liberamente, ma anche trovare qualcuno che le ascoltasse singolarmente e cercasse di aiutarle a risolvere i loro problemi.” E’ l’intuizione di Gabriella Parca, che entusiasma anche l’altra anima del Centro problemi donna, Erika Kaufmann. L’idea prende forma nel 1973, periodo di grande fervore, sperimentazioni, coraggio. Consideriamo che non esistevano ancora i consultori pubblici e che era tutto da inventare. Un centro per tutte le donne, per diffondere consapevolezza sui propri diritti. Era proprio questo che faceva paura all’assetto patriarcale, in un contesto in cui gli unici centri di ascolto erano confessionali. Quindi informare su contraccezione, autodeterminazione, sessualità e procreazione era avvertito come sovversivo. L’AIED, già attivo dagli anni ’60, è sotto tiro. Nel 1974 il CPD subisce l’accusa di procurare aborti clandestini, successivamente archiviata. Sono anni in cui si definiranno tante leggi importanti con cui si sancirà la messa in discussione e il crollo di tanti pilastri patriarcali in tema di procreazione, famiglia e di società. Le attività del CPD si intensificano e perfezionano, alla fine del decennio arrivano anche i corsi per aiutare le donne a conoscere meglio il proprio corpo attraverso le varie fasi della vita.

    Negli anni ’80 i temi alla ribalta cambiano, con un’attenzione ai temi dell’ambiente, dell’inquinamento, del nucleare, della pace. Nel 1981 viene bocciato il referendum abrogativo della 194 grazie a un impegno forte dei movimenti femministi e femminili. Negli anni ’80 si impone il tema della violenza sessuale, nell’83 c’è una grande manifestazione nazionale a Roma per affermare che “la violenza sessuale è contro la persona e non contro la morale“. Dovremo attendere il 1996 per avere una legge che sancisca proprio questo aspetto. Si fa strada anche una riflessione sul rapporto tra le donne e il mondo del lavoro, con tutte le contraddizioni e problematiche derivanti. Il CPD crea una sua rivista mensile Donneoggi, sei numeri che toccano temi ancora oggi attuali.

    Il CPD è un luogo riconosciuto per i servizi che offre, ma è anche un punto di incontro e di dibattito, quello spazio aperto di confronto di cui si avverte il bisogno anche oggi, soprattutto in zone periferiche. Sono ancora gli anni dei collettivi, in cui si creano ponti con le donne di altri paesi, come quando il collettivo Donne solidarizza con il gruppo cileno Palabras de Mujer. Il decennio si chiude con la fine di un’epoca in tutti i sensi, con assetti e equilibri nuovi da definire, ancora oggi.

    Gli anni ’90 si aprono all’insegna dei conflitti militari e con esse l’attivismo si spinge su versanti pacifisti, si inizia a parlare di dimensione globale. Irrompono le nuove sfide dell’immigrazione. Il 1994 segna la nascita della cooperativa Centro Progetti Donna Jeanne Deroin, da questo momento Associazione e cooperativa coesistono (CDP), con funzioni diverse: il centro”progetti” si occupa di attività consultoriale, mentre il centro “problemi” delle attività culturali.

    Il 2001 è l’apice dell’attivismo, ma segna anche il tentativo di reprimere ogni istanza di contestazione. Lascia il segno il G8 di Genova. È ancora oggi uno spartiacque che ha segnato molto il nostro modo di pensare e di fare cambiamento. I problemi della violenza contro le donne, di una 194 in difficoltà a causa dell’obiezione di coscienza e della legge 40 del 2004, saranno tra i temi caldi d’ora in poi. Usciamo dal silenzio del 2006 ne è un esempio. È il momento di una intensa produzione teorica, di ricerca, di lavoro di memoria e di catalogazione di quanto fatto nei decenni precedenti.

    Nel testo leggo: “Il movimento delle donne ha veramente segnato la storia, i costumi e la società, ma non ha aggredito le fondamenta del binomio capitalismo/patriarcato e comunque per ora questo non è più un tema contemplato.” È forse esattamente questo il punto fondamentale che annacqua e rende debole la lotta e la capacità di incidere nella nostra realtà. Il fatto che non sia più contemplato e diventi argomento di nicchia, complica ulteriormente le nostre capacità di analisi e comprensione del contesto. Salvo alcuni casi, tipo Silvia Federici, se ne parla poco. Aggiungerei gli effetti devastanti del neoliberismo che hanno investito anche il femminismo, riuscendo a rompere la critica al capitalismo e portando le donne ad abbracciarne meccanismi e valori per raggiungere l’emancipazione, o meglio l’illusione di una emancipazione. E tutti gli sforzi contemporanei portano a una strana forma di progresso della condizione femminile.

    Ho come l’impressione che sinora ci siamo concentrate tanto sui livelli apicali (ruoli istituzionali, imprenditoriali, professionali e accademici) lasciando indietro tutto il resto.. le tante senza volto e senza diritti, senza status e di censo inferiore che a quanto pare devono ancora cavarsela da sé. E non basta più elencare i motivi della situazione occupazionale delle donne in Italia, non basta passare dal 69° al 41° posto nell’indice del World Economic Forum. Anche il dato secondo cui negli studi siamo più brave dei maschietti, perde valore se poi veniamo trattate in modo differente nel mondo del lavoro.

    Non ci si può fermare davanti alla mancanza di servizi pubblici a sostegno del lavoro di cura: non si usa più rivendicare dei servizi uguali per tutte? Ah forse non è più di moda, scusate, se ho scomodato il vostro business. Dobbiamo cercare di capire che genere di emancipazione abbiamo rincorso, messo in atto, voglio capire quanto è grande la nostra voglia di arrabbiarci di fronte a questa indifferenza e discriminazione. Siamo di fronte a una emancipazione truffa che va avanti da troppo tempo. Non ci ascoltano? Adesso dovremmo farci sentire con maggiore forza. Siamo stanche di qualcuno che pretende di rubarci la voce e di dire “state tranquille, abbiate pazienza”. Non dobbiamo più pazientare, perché l’emancipazione e il miglioramento delle condizioni di vita o sono per tutte, oppure sta avvenendo una vera e propria truffa imbellettata da “liberazione selettiva e di élite”.

    Nelle ultime pagine del libro, all’interno dell’intervista di Teresa Pallucchini a Giovanna Chiara, segretaria responsabile del CPD fino al 2009, leggo (a proposito della nascita di tante iniziative che si occupano di questioni delle donne, ndr): “l’ideale sarebbe quello di collaborare. Ma non ci nascondiamo che ci sono anche tra le donne antagonismi e ambizioni, individuali e collettive, che ci mettono in competizione. Purché sia una competizione positiva!” Un auspicio, ma anche un chiaro segnale del fatto che la situazione interna non è così sana come può sembrare e che forse le cause della crisi di incisività sono in parte endogene al movimento delle donne.

    Stiamo parlando di potenziare le sinergie positive e di avviare una collaborazione permanente per raggiungere risultati e obiettivi comuni, concreti, urgenti. Forse dovremmo osare di più e sentirci tutte ugualmente toccate dai tanti problemi che viviamo. Ognuna a suo modo, con i suoi metodi, con le sue forze, ma cercare di raggiungere l’obiettivo. Vivendo in periferia, mi accorgo di come ci sarebbe un gran bisogno di avere progetti condotti dai consultori che vadano a incontrare i ragazzi e le ragazze, perché sappiamo bene quanto sia difficile il percorso inverso. Si potrebbe intercettarli nei loro luoghi di ritrovo abituale o nei percorsi quotidiani consueti (come scuola-casa). Per questo penso sia importante magari avviare programmi attraverso i quali far conoscere i consultori (pubblici o privati laici) per farli ri-diventare ciò che erano un tempo, luoghi di incontro, confronto e scambio tra donne, che siano utili anche ai maschi, alle prese anche loro con una regressione culturale in materia sessuale, di salute e di conoscenza del proprio corpo.

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    Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Equilibrista della vita. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.

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