Autore: Nurgül COKGEZİCİ

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Nurgul Çokgezici nasce nel 1984 in Kurdistan, nella regione dell’Anatolia. All’età di 9 anni, a seguito della diaspora curda degli anni ’90, si trasferisce in Italia, dove intraprende il suo percorso di integrazione e formazione. Completa gli studi elementari, medie e superiori in Italia, dimostrando fin da subito una forte dedizione all’inclusione. Successivamente, si laurea in Mediazione Linguistica presso l’Università UNIUMA (Umanitaria), per poi specializzarsi in Linguistica Moderna. La sua carriera accademica e professionale si distingue per una forte vocazione all’interculturalità e all’educazione inclusiva. Nurgul Çokgezici è oggi una figura poliedrica: mediatrice linguistico-culturale, psicologa, pedagogista ed educatrice socio-pedagogica. Da anni lavora nelle scuole, promuovendo progetti educativi finalizzati all’integrazione e all’inclusione. Esperienze Professionali Come mediatrice linguistico-culturale, ha collaborato con le commissioni territoriali per la protezione internazionale, operando in quasi tutte le regioni italiane. Ha inoltre svolto attività come mediatrice e interprete giurata in tribunali, prefetture, questure, ospedali e consultori, offrendo supporto a persone in situazioni di vulnerabilità.

Cosa significa essere immigrati?Una domanda semplice solo in apparenza. La risposta è scritta nei corpi stanchi, nei silenzi carichi, negli occhi che ogni giorno si sforzano di apparire “adatti”. Essere immigrati significa vivere anni lunghi, anni di fatica, di dolore, di invisibilità. Anni di lavoro duro e sottopagato, di tentativi continui di adattamento. Anni in cui ci si chiude nei confini della propria comunità perché “l’altro”, l’autoctono, fa paura. E, spesso, questa paura è reciproca.Essere immigrati vuol dire abitare una posizione subalterna nella società postmoderna, dove si è tollerati solo quando si resta al proprio posto. Dove si è accolti…

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“Se esiste una dea su questa terra, è la madre”Riflessione per la Festa della Mamma tra consapevolezza, lotta e responsabilità In curdo, la parola madre si dice Daye o Dia – termini che significano “colei che dà”, colei che dà la vita. Ed è proprio da qui che nasce una riflessione necessaria: se esiste una divinità vivente sulla terra, non può che essere la madre.È la madre che porta il bene e il male nel mondo. È lei che segna il primo passo dell’umanità, che imprime nella storia l’impronta dell’origine, della cura, del nutrimento, ma anche, a volte, della ferita.Essere…

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Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli. Senza una guida etica e morale, l’essere umano rischia di diventare pericoloso, capace di oltrepassare ogni limite pur di affermare se stesso. Le religioni, nel loro nucleo più autentico, hanno cercato nei secoli di educarlo al rispetto e al miglioramento personale, ponendo…

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Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare. Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è…

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Il Difficile Cammino dell’Umanità Verso l’Accettazione Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare. Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”?…

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Il Valore dell’Incontro e dell’Equità Viviamo in un mondo in cui la diversità culturale è un patrimonio inestimabile, eppure troppo spesso sottovalutato. Attraversare culture diverse significa arricchirsi, ampliare la propria visione del mondo, comprendere che ogni tradizione racchiude una nobilità intrinseca, una propria aristocrazia interiore. Ma chi stabilisce cosa sia di alto o basso livello? Personalmente, nutro una profonda ammirazione per la cultura Rom, così ricca di storia, arte e profondità. Spesso viene considerata distante, ma la distanza è solo un costrutto mentale. Nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare persone con anime straordinarie, vere e proprie anime…

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L’equità non significa annullare le differenze, ma riconoscerle e rispettarle. Negli ultimi decenni, il femminismo ha ottenuto conquiste straordinarie, garantendo alle donne diritti fondamentali che un tempo erano impensabili. Tuttavia, nel 2025 la società è profondamente cambiata e le sfide che affrontiamo oggi richiedono un approccio diverso. L’obiettivo non dovrebbe essere una sterile contrapposizione tra i generi, ma la costruzione di un equilibrio basato sul rispetto reciproco e sulla valorizzazione delle differenze. Dal femminismo all’equità: un cambio di prospettiva La lotta per la parità tra uomini e donne ha radici profonde, ma negli ultimi anni il dibattito si è spesso…

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Il mio abbigliamento è un messaggio: la mia identità, la mia storia, il mio popolo Ogni dettaglio del mio abbigliamento ha un significato profondo. La mia gonna porta i colori del Kurdistan, della Mesopotamia, della mia terra e del mio popolo. Il rosso rappresenta la passione e la nobiltà d’animo, ma anche il sangue versato dai martiri della nostra storia. Il giallo, che ho voluto portare sulla testa, è il sole, simbolo centrale della nostra cultura. Il sole è luce e calore, è conoscenza e affetto. Nel mio popolo si dice che la donna si svegli prima dell’alba, prima ancora…

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