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    Home»Costume e società»DAYE: LA DEA CHE DÀ LA VITA
    Costume e società

    DAYE: LA DEA CHE DÀ LA VITA

    Nurgül COKGEZİCİBy Nurgül COKGEZİCİ11/05/2025Updated:11/05/2025Nessun commento3 Mins Read
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    “Se esiste una dea su questa terra, è la madre”
    Riflessione per la Festa della Mamma tra consapevolezza, lotta e responsabilità

    In curdo, la parola madre si dice Daye o Dia – termini che significano “colei che dà”, colei che dà la vita. Ed è proprio da qui che nasce una riflessione necessaria: se esiste una divinità vivente sulla terra, non può che essere la madre.

    È la madre che porta il bene e il male nel mondo. È lei che segna il primo passo dell’umanità, che imprime nella storia l’impronta dell’origine, della cura, del nutrimento, ma anche, a volte, della ferita.
    Essere madre non è solo un atto biologico, ma una responsabilità profonda. Significa essere consapevoli del potere che si ha nelle mani: quello di crescere un essere umano. Per questo oggi più che mai c’è bisogno di madri presenti, consapevoli, capaci di ascoltarsi e riconoscere le proprie emozioni, per poter crescere figli – maschi e femmine – liberi, sani, empatici, responsabili.

    Perché non possiamo dimenticare che anche gli uomini che oggi odiano, umiliano, feriscono o uccidono le donne sono stati bambini. Bambini cresciuti da madri. Da donne. Da noi.
    Ed è proprio da questa consapevolezza che deve nascere un augurio nuovo: non solo un augurio alla maternità celebrata e idealizzata, ma un augurio alla maternità consapevole, alla possibilità di crescere figli che non si trasformino mai in carnefici.

    Auguri, dunque, a tutte le madri del mondo.
    Alle madri che ogni giorno combattono per portare avanti l’umanità.
    Alle madri che lottano contro il patriarcato, contro le ingiustizie sociali, contro la fatica quotidiana di mettere insieme il pranzo con la cena, lavorando quanto, o più di un uomo, ma guadagnando la metà.

    Alle madri che portano il peso del mondo sulle spalle, spesso in silenzio.
    E auguri anche a quelle madri che combattono una battaglia ancora più intima: quella contro la solitudine, contro i padri assenti o violenti, contro una società che le vuole perfette ma non le sostiene.
    Ma in questo giorno, così simbolico, è necessario anche il coraggio di dire una verità scomoda:
    non tutte le madri sono madri nel senso più profondo del termine.

    Ci sono donne che, per ferite antiche, per traumi irrisolti, per bisogno di esistere o di sentirsi importanti,
    arrivano perfino a togliere la libertà – o la vita – ai propri figli, come nel caso della madre di Saman e di tante altre storie che la cronaca ci restituisce con orrore e tristezza.

    A queste madri va un augurio diverso: l’augurio di poter diventare più umane, più autentiche, più madri.
    Di poter uscire dai giochi del patriarcato che le ha ferite, che le ha svuotate, che le ha spinte a diventare ciò che mai avrebbero voluto essere.

    Perché il patriarcato non è solo una struttura esterna, ma è anche un meccanismo interiore che si insinua nella mente e nel cuore, anche delle donne.
    E quando non trovano spazio come esseri umani, molte cercano di esistere usando gli stessi strumenti che le opprimono

    Solo per sopravvivere. Solo per farsi vedere. Solo per non sparire.
    E allora auguri, davvero, a tutte queste donne.
    Auguri alle madri che si mettono in discussione, che si ricostruiscono ogni giorno, che lottano per essere non perfette, ma vere.

    Roja Dayê pîroz be, ji bo hemû dayikan a dinyayê, roja we ji dilê min pîroz be.

    (traduzione :

    Buon Festa della Mamma,
    a tutte le mamme del mondo,
    che sia una giornata colma di amore,
    di cuore, tanti auguri a voi tutte.)


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    Nurgül COKGEZİCİ

    Nurgul Çokgezici nasce nel 1984 in Kurdistan, nella regione dell’Anatolia. All’età di 9 anni, a seguito della diaspora curda degli anni ’90, si trasferisce in Italia, dove intraprende il suo percorso di integrazione e formazione. Completa gli studi elementari, medie e superiori in Italia, dimostrando fin da subito una forte dedizione all’inclusione. Successivamente, si laurea in Mediazione Linguistica presso l’Università UNIUMA (Umanitaria), per poi specializzarsi in Linguistica Moderna. La sua carriera accademica e professionale si distingue per una forte vocazione all’interculturalità e all’educazione inclusiva. Nurgul Çokgezici è oggi una figura poliedrica: mediatrice linguistico-culturale, psicologa, pedagogista ed educatrice socio-pedagogica. Da anni lavora nelle scuole, promuovendo progetti educativi finalizzati all’integrazione e all’inclusione. Esperienze Professionali Come mediatrice linguistico-culturale, ha collaborato con le commissioni territoriali per la protezione internazionale, operando in quasi tutte le regioni italiane. Ha inoltre svolto attività come mediatrice e interprete giurata in tribunali, prefetture, questure, ospedali e consultori, offrendo supporto a persone in situazioni di vulnerabilità.

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Appunti di viaggio.

Di Alfredo Centofanti

Bari. La città vecchia è un labirinto di vie che raccontano infinite storie. Inarrestabile è il vociare degli abitanti nel dialetto locale, dei tanti turisti stranieri, dei pellegrini che da secoli vengono qui per venerare San Nicola, amato tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi.
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    Luana Sciamanna è un’avvocata penalista nata a Luana Sciamanna è un’avvocata penalista nata a Genzano di Roma nel 1978 e vive ad Ariccia. È esperta di violenza di genere e relazioni abusive, e collabora con i centri antiviolenza dei Castelli Romani, fornendo consulenza e assistenza legale alle donne vittime di violenza. È anche docente per la Regione Lazio nella formazione degli operatori della rete antiviolenza territoriale, e fondatrice e Presidente dell’associazione di promozione sociale “Crisalide Donne per le Donne”, che si occupa di consapevolezza ed empowerment femminile.

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Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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