Fake News
Gloss vorrebbe compiere l’estate prossima un viaggio intercontinentale, di quelli da programmare con largo anticipo. È scaduto il passaporto. Ha letto qua e là di tempi interminabili per l’ottenimento, quindi si è attivata. La procedura si avvia on-line, si compilano mucchi di moduli, si pagano altrettanti mucchi di tasse e bolli. Volendo far prima, ha fatto richiesta presso la Questura Centrale che, da sciura milanese a madama turineisa, manco sapeva dove fosse. Finita la prassi, avrebbe dovuto solo aspettare l’eternità. Invece no. In meno di un mesetto le arriva via e-mail la convocazione in Questura per il ritiro del passaporto. Comodo, rapido, indolore, a confermare che certe notizie sono solo fake. Cui prodest?
La Sabaudia Frenetica
Gloss si reca all’appuntamento, con l’obiettivo di utilizzare i trasporti pubblici allo scopo di beneficiare della vista di Torino, senza lo stress della guida in auto. Fuori, nella mattina la città sabauda si muove in fretta, con l’impressione di un gran chiudersi e aprirsi di sportelli d’auto, di porte e di portoni, di saracinesche, di ascensori; e di un confuso coro di smartphone, citofoni, clacson, freni, gomme e di parole, fitte, pressanti, subito disperse come raggi di sole all’alba di un giorno grigio; la città è costretta all’urgenza, sospinta dalla sua cedevolezza graduale che il sole inonda via via, tra soprassalti, elisioni, rigurgiti, da una piazza in pigra fluttuazione, da un viale arcano nel pulviscolo, tra fasti barocchi, infiniti portici, fantasmatici ghirigori della Belle Époque, verso la luce questurina.
Cosa Pensano i Torinesi
A Gloss era stato riferito che per i torinesi la Questura è un ‘palazzaccio’. Anche se si era cercato di dare all’edificio pubblico un forte significato simbolico e civico nel dopoguerra, la sua costruzione nel cuore del centro storico scatenò un’accesa e lunga discussione in città, con polemiche perdurate fino al 2006, anno in cui il ‘palazzaccio’ fu finalmente restaurato conservativamente, eliminando non solo i segni del tempo, ma anche decenni di critiche e dibattiti sulla sua possibile demolizione o radicale modifica.
Rivalutazioni
Quando Gloss scende dal tram nei pressi di piazza San Giovanni 5 e lo vede si rende conto di quanto sia davvero
un palazzo scorbutico. Eppure… Mentre aspetta in coda sotto la frescura del portico, forse perché abituata all’industrialità milanese, rivaluta la struttura brutalista in calcestruzzo armato e il materiale di facciata in mattoni facciavista perché rimandano all’adiacente zona archeologica romana e alle Torri delle Porte Palatine in mattone paramano.
Una volta a casa, la sua consueta ricerchina le racconta il motivo di tale neorealistica armonia e gradevolezza.
Il Palas dij Pòrti
Nel luglio del 1956 esce il bando di concorso per la progettazione degli Uffici dei Lavori Pubblici del Comune di Torino da ubicare nel ‘buco’ creato nel 1935 con la demolizione del seicentesco Palazzo Richelmy (‘Palas dij Pòrti’ ovvero Palazzo dei Portici).

Caratterizzato appunto da un porticato lungo sessanta metri, era opera dell’architetto Carlo Castellamonte. Il nuovo fabbricato si presenta come un isolato chiuso, con una disposizione planimetrica a H. Semplice nell’impostazione costruttiva riprende la visione originaria del porticato per sorreggere quattro piani di uffici. Furono necessari oltre dieci anni, dodici varianti e quasi 300 tavole di progetto perché il Palazzo dei Lavori Pubblici fosse completato.
L’Avvento del Neorealismo
Sono quelli, gli anni in cui l’architettura abbandona il Neoclassicismo semplificato ed il Monumentalismo del ventennio fascista per dare vita al Neorealismo, prendendo spunto dalla stagione di grande valore che questa forma di espressione aveva già avuto nel Cinema.
Appena introdotta ai temi del razionalismo internazionale post-bellico, l’architettura italiana inizia a sperimentare recuperando forme tradizionali. L’obiettivo è la riconnessione con la realtà e l’osservazione del preesistente circostante.
Ricerca di Armonia
La ricerca neorealista in architettura propone una nuova razionalità costruttiva, che attinge al passato per esplorare il legame indissolubile tra l’architettura italiana, la sua tradizione e l’identità che ne scaturisce. Le principali realizzazioni pubbliche, come quelle dell’edilizia popolare, miravano a ricreare ambienti e spazi che richiamassero l’equilibrio tipico della vita di borgo.

Cenni Biografici
Mario Passanti
Mario Passanti è peculiare figura di architetto-studioso-docente, riesce ad associare attività progettuale a ricerca storico-scientifica, arrivando a distinguersi per le committenze pubbliche in ambito torinese, con esiti a volte controversi. Laureatosi a Torino nel 1924 e allievo di Giovanni Chevalley, ha segnato l’architettura torinese dal 1934 al 1971 come docente del Politecnico. Ha realizzato numerose opere pubbliche e private, evolvendo dal razionalismo all’impegno nella ricostruzione post-bellica. La sua vasta produzione, che include edifici iconici e contributi urbanistici come il quartiere Falchera, attende ancora un pieno riconoscimento critico e cittadino, nonostante il suo ruolo di architetto, studioso e autore di importanti pubblicazioni sull’architettura storica locale. Lo dimostrano in calce le opere e la bibliografia che lo riguarda.
Paolo Perona
Paolo Perona è esponente della generazione che dà vita al gruppo del Miar (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale, v. Netnografia). A Torino si occupa di edilizia pubblica e privata, con criteri di rigore progettuale in qualche modo indipendente dal linguaggio adottato. Laureatosi a Torino nel 1924, fu una figura chiave del razionalismo torinese, collaborando con Giuseppe Pagano alla “Casa dell’Architetto” nel 1928 e con il gruppo del MIAR. La sua fruttuosa partnership con Giovanni Passanti portò a progetti significativi come Casa Rampini e il Palazzo degli Uffici Tecnici Comunali. Successivamente, si dedicò con Giovanni Garbaccio a complessi residenziali torinesi, caratterizzati da essenzialità compositiva, rigore costruttivo e l’uso di materiali locali, come il mattone paramano e parapetti decorativi in mattoni forati, dove i fori sono lasciati in evidenza.
Giovanni Garbaccio
Dell’architetto Garbaccio, uno dei realizzatori del Palazzaccio (progettato nel 1956 con Passanti e Perona) si reperisce in Rete solo il suo rammarico per l’incomprensione: “La gente capisce poco l’architettura moderna”. Secondo chi lo difende è “democratico ed antiretorico, incarna la Torino degli anni cinquanta: è un pezzo della nostra storia ed identità”.
Conclusioni
Roberto Salizzoni, professore di Estetica, è categorico: «Se dici che è brutto, replicano che non capisci niente, ti parlano del significato della storia del contesto. Però se viene un amico da fuori non porti certo a vederlo.» È tuttavia un brutto a norma di legge. A fronte delle proteste che costantemente si lamentano di questa costruzione il Comune risponde che non ci sono i presupposti per intervenire in quanto è “a norma di legge”: gli idranti a ogni piano sono collaudati ogni sei mesi, estintori presenti a ogni angolo, porte a prova di carrozzella per disabili, niente scalini a impedire l’accesso ai piano del fabbricato, ascensore omologato per sopperire a questa esigenza, vie di fuga che non superano i 15 metri di lunghezza.
E, a valutare il fattore estetico, la parte posteriore del ‘Palazzaccio’, con il suo stile di moderna architettura, ad avviso di Gloss si incastona con stile allineato tra le torri Palatine, a sinistra, e il Duomo, a destra.
Una visita può cambiare, o dare fondamento, al proprio giudizio sul ‘Palazzaccio’. La vista dalla sua terrazza è unica per posizione.

Netnografia
Palazzo dei Lavori Pubblici – Open House Torino
Roberto Salizzoni, professore di Estetica, Corso di laurea in Filosofia all’Università degli Studi di Torino
MIAR: Sigla del Movimento Italiano per l’Architettura Razionale. Formatosi dopo la prima Esposizione italiana di architettura razionale, organizzata a Roma nel 1928 da A. Libera e G. Minnucci, radunò una cinquantina di giovani architetti che, attenti anche alle esperienze contemporanee europee, si fecero promotori dell’architettura moderna in Italia. (fonte: Miar – Enciclopedia – Treccani – ultimo accesso luglio 2025)
Opere rilevanti e Bibliografie
Pagano: Maestro «nella coerenza tra ricerca/didattica e professionalità; nel collimare con umiltà e creatività il sapere dello storico e quello del progettista ad un’autenticità culturale ed umana» (Re, 2002); Opere rilevanti sono l’albergo Principi di Piemonte di Sestriere (1932), i Gruppi rionali Filippo Corridoni (1936-38) e Porcù del Nunzio (1938, entrambi con P. Perona); la casa Michelin (1938) e il villaggio operaio di Testona (con P. Perona, 1938-39), la Manifattura di Moncalieri (con P. Perona, 1951-52), il piano urbanistico della Falchera (1950, con G. Astengo, S. Molli-Boffa, N. Renacco e A. Rizzotti), di cui realizza i blocchi 13 e 31; il Palazzo Uffici Tecnici del Comune di Torino (con P. Perona e G. Garbaccio, 1956-61), il concorso per la nuova sede delle Facoltà umanistiche (1961, con P. Perona).
Perona: Esposizione per il Decimo Anniversario della Vittoria (1928), con Giuseppe Pagano, Perona progetta la “Casa dell’Architetto” (opera corale dei migliori giovani della scuola torinese) e i padiglioni dell’Industria del freddo e delle Miniere e della Ceramica. Casa Rampini (1929-31), il secondo tratto di via Roma Nuova, la ristrutturazione a Colonia Elioterapica di villa Gualino sulla collina di San Vito, il Circolo rionale fascista Filippo Corridoni (1936-37, via Biglieri 41), la casa per i dipendenti Michelin (1937-39, via Treviso 35), il villaggio operaio per l’Istituto fascista per le Case popolari (1938-39, Testona presso Moncalieri), la Manifattura di Moncalieri (1951-52, corso Moncalieri 421) e, in seguito a concorso, il Palazzo degli uffici Tecnici Comunali in piazza San Giovanni (1957-61), complessi residenziali in Torino, tra cui quelli di corso Massimo d’Azeglio 118 (1959), via San Fermo 3 (1960), corso Quintino Sella 9-11 (1961-63), via Napione 18 (1965)