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    Attualità

    TU VIVI

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre09/03/2018Nessun commento4 Mins Read
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    Antonietta e le sue figlie morte per colpa di un uomo che diceva di amarla.

    di Daniela  Tuscano

    Lettera ad Antonietta

    Ora ti prego, Antonietta, ti supplico, non cedere. Il tuo corpo ha risposto per te, col suo vigore superstite e intatto, giovane, biondo. Nel silenzio respirava, a testimoniare la volontà e la forza, anzi, la singolare stupefazione della (r)esistenza qui, su questa terra.
    Abbandonata, lo eri già prima. Quando presentasti un esposto contro il criminale che ti percuoteva brutalmente davanti alle figlie. Quando ti umiliava davanti ai colleghi. Ma non era successo nulla. Come sempre. Già, la parola della donna non conta, e dovere della moglie è tenere unita la famiglia, cioè i famuli, cioè i servi. E serve, infatti, egli vi considerava: serve, oggetti da possedere, patenti di rispettabilità sociale. Persone, mai. Perché avrebbe dovuto, del resto? Era la storia. La letteratura. La politica. La religione. La stampa e, più recentemente, l’informazione digitale. Tutto, nel tempo, è cambiato, tranne il solo tassello in grado di farci davvero uscire dallo stato di barbarie: la convinzione della piena umanità delle donne.
    Così tu e le tue figlie – anch’esse avevano urlato, anch’esse temevano il padre, anch’esse ignorate, irrise, obliate – siete rimaste vittime, ennesime vittime, di questa ferinità 2.0, di questo atavismo contemporaneo, sempiterno. Ennesime, mai uguali. Gli assassini si replicano e duplicano, ma ognuna di voi, di noi, è diversa. Unica.
    Stavolta nemmeno i grandi media sono riusciti a giustificare il femminicida. Ci hanno provato, ci proveranno ancora, ma con sempre maggior difficoltà e, speriamo, vergogna. Non osano più parlare di raptus; non possono. L’assassino aveva infatti pianificato tutto scrupolosamente, in cinque lettere, contemplando persino le spese del funerale, la vendita della casa, la disdetta dei contratti per la fornitura del gas… e il lascito all’amante. Sì, lui poteva permettersi di tradirti e pretendere la tua incondizionata dedizione. 

    Nessun raptus dunque, ma una lucidità glaciale che taluni cercano ora di contrabbandare per follia. Ma il cervello del carnefice, per giunta uomo d’ordine – ritenuto idoneo al suo ruolo malgrado i ripetuti accessi di violenza – ragionava alla perfezione. Cattivo. Era semplicemente cattivo. Un delinquente freddo e spietato. Politico: i femminicidi non appartengono alla cronaca nera ma all’antropologia, alla filosofia. Teologicamente, rientrano nell’ordine del peccato perché il dominio del maschio sulla femmina non è un fatto naturale ma il frutto della malizia e della superbia.
    Adesso che il tuo corpo si riaffaccia alla vita, affronti lo strazio più duro. Non hai visto le figlie accanto a te, non le rivedrai più. E lo sai.

    Tanto valeva andarsene, mormorano già certe voci. Hai perso le figlie. Hai perso l’uomo che diceva di amarti. Hai perso, insomma, la tua ragion d’essere. 

    Vedi? Ancora una volta, la tua soggettività non è contemplata. Non “servi” più. Questa eutanasia di senso si presenta col volto della compassione. E, dietro a essa, si cela forse un’altra immagine: sempre la stessa: la “famiglia” finalmente riunita, ognuno al suo posto, il padrone e le sue famule, se non su questa terra, almeno nel sonno eterno.
    Ma tu rimani, scompagna e urticante. Resti per spezzare questa gerarchia mortifera. Ci sei perché il futuro ti si prospetta durissimo. Ma qualcosa è ancor più tenace, vero e onorevole. Tu. Antonietta e basta. Antonietta che si basta. E che, per essere realmente ancora madre, saprà e dovrà proseguire il suo cammino. Col nostro aiuto – te lo dobbiamo, a ogni costo, dopo averti colpevolmente ignorata. Non ascoltare le sirene dell’inganno, vivi lo stesso. Soltanto così le figlie cui è stato spezzato il futuro saranno glorificate, soltanto così potranno nascerne altre legate principalmente al loro cuore, libere d’amare, fuggire, sbagliare, di sovvertire una Storia mutila d’umanità. 

    © Daniela Tuscano

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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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