Violenze di una vita

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Varie forme di una violenza che dura tutta la vita. Violenze che non verranno mai denunciate perché non considerate tali.

Oh quante belle figlie, Madama Doré,
Son belle e me le tengo, Madama Doré,
Il re ne domanda una, Madama Doré,
Che cosa ne vuol fare, Madama Doré,
La vuole maritare, Madama Doré,
Con chi la mariterebbe, Madama Doré,
Con uno spazzacamino, Madama Doré,
E come la vestirebbe, Madama Doré,
Di stracci e di toppe, Madama Doré,
di stracci e di toppe. (filastrocca della tradizione italiana)

Elisa G. è una graziosa signora di 62 anni, felicemente sposata, madre, nonna da pochissimo e insegnante in un liceo romano. Ci siamo conosciute mentre, dal giornalaio, alcuni signori commentavano le denunce per violenza di molte donne dello spettacolo.
Abbiamo obiettato alcuni commenti e ci siamo introdotte in una conversazione tra donne che mi piace documentare, con il suo consenso.
Abbiamo parlato di alcune tipologie di violenza, fisica o psicologica che sia ma basate su proprie esperienze, che donne nella “norma” subiscono durante l’arco della loro vita. Violenze che non verranno mai denunciate perché non considerate tali.

Bambine:
“Quando sono nata mio padre era disperato perché, avendo una piccola voglia sul volto, pensava preoccupato che nessuno mi avrebbe sposata e quello era l’unico destino assegnato ad una donna.
Non essendone consapevole allora, hanno pensato bene di raccontarmelo negli anni a venire, tanto per accrescere l’ autostima di persona e soprattutto di donna.
Un senso d’inadeguatezza che mi sono portata dietro sempre e che si è accentuato alla prima mestruazione. Il pensiero dominante era perché quella disgrazia fosse capitata a me, perché il mio corpo dovesse subire quella mutazione che mi faceva considerare sporca e, dicevano, pericolosa per le piante (credenza popolare ancora radicata)”.

Adolescenti:
“Poi, negli anni a cavallo tra l’infanzia e l’adolescenza, ho avuto tanta paura quando un uomo mi è venuto incontro aprendosi improvvisamente il cappotto mostrandosi nudo. Ai ragazzi non capitava ma a noi bambine/ragazze, eccome, più di una volta.
Ho pensato che poteva farmi del male”.

“Poi ci sono state le ripetizioni di latino e il bravo professore che mi voleva bene. Lo dimostrava continuamente strusciandosi dietro di me, abbracciandomi e palpando la mia carne, stringendomi sul suo sesso, muovendosi ritmicamente. E che mi voleva bene lo asserivano i genitori perché un professore non può che fare il bene dell’allievo e chissà cosa ti sei messa in testa”.
A scuola, i ragazzi ti prendono in giro se sei grassa, occhialuta, secchiona ecc.
Inutili le nausee, i pianti, la volontà di non andarci perché se sei femmina, piccola e indifesa, ti tocca subire.

Adulte:
Crescendo le cose non sono migliorate.
Ci siamo ricordate, è capitato ad entrambe insieme a molte altre, di quando prendevamo
i mezzi pubblici per andare a scuola o al lavoro. Capitava che qualcuno approfittando della calca allungasse le mani, sul seno o sui glutei, qualche strusciamento di troppo, e se qualcuna si risentiva il tono degli aggressori diventava minaccioso “ma chi ti tocca? Il bus è troppo pieno”, tutti bravi uomini e nessuno a difenderti.

Non è semplice sottrarsi dalla nascita (e già siamo fortunate se non ci sopprimono), all’adolescenza perché le bambine non contano niente nel mondo degli uomini adulti. Non esprimono che loro stesse e sono ininfluenti nelle decisioni del mondo.
Ma rivendicare i propri diritti non è facile mai.

Donne:
Da adulte, si viene considerate principalmente oggetti del desiderio e gli oggetti si sa si possono usare in proprio o in conto terzi.
Si può essere schiavizzate, vendute, usate fino a scadenza della merce. Si può essere sfruttate per lavori umili, obbligate a servire e, ci siamo dette
“ Continueranno a chiedere di portargli il caffè a letto, di provvedere ai loro bisogni, di accudirli sempre”. Perché nella cattiva cultura maschilista loro sono uomini e i loro diritti si fondano sulla prepotenza e il possesso. Cosa c’è di più normale che costringere le donne in ruoli marginali, per lo più di servizio?

Corpo:
“Ricordo di me poco più che adolescente, costretta, in piedi sul letto, dal medico a denudarmi tutta. Una vergogna che ancora non mi passa”. E non passa neanche dopo perché ti fanno spogliare anche da adulta senza pietà del tuo pudore.
In luoghi dove non è nemmeno contemplato un camice o solo della plastica opalescente, manipolate nelle analisi al seno come se fosse un’appendice da tastare, stiracchiare, manipolare come un chewingum.

Maternità:
Perché mai dovresti provare imbarazzo a mostrare un corpo che serve ad essere usato e che, nel migliore dei casi ti porta al parto?
E perché dovresti avere paura delle doglie? Sei nata per quello, lo sanno, lo dicono, lo attestano, lo confermano e lo tramandano tutti.
“Ci ho messo due giorni a partorire. Non ne potevo più e mi dicevano che non ero brava, disubbidiente, che tutte avevano partorito prima di me e lo avrebbero fatto dopo. Che bisognava pur soffrire per avere poi le gioie della maternità ed io non capivo altro che il dolore. Alla fine hanno dovuto fare il cesareo che, se lo avessero fatto prima, non avrei patito”.

Relazioni:
Ci sono anche il fidanzato o il marito della tua amica che ti circuisce, il datore di lavoro che ti ricatta, il prepotente che usa la forza, l’amico che ti tradisce.
“Il fidanzato di una mia cara amica mi chiese, in sua assenza, se potevo aiutarlo a sistemare i quadri nella nuova casa. Lo feci volentieri pensando che gli amici si vedono nel bisogno. Quasi subito fui sbattuta su un divano, mentre quello mi stava addosso e cercava di slacciarmi i pantaloni. Sono scappata in bagno ma ha buttato giù la porta, mi ha riafferrata e mi ha messo un braccio sul collo. Sapevo che sarei morta in quel modo ridicolo e ho mollato la resistenza. Mi sono lascata violentare. Che potevo fare?”.

Maturità:
Poi, quando entri nella maturità, arriva la violenza della trasparenza; il momento in cui l’immaginario maschile non ti considera più femmina ma solo corpo in decomposizione.
Quanta è varia la violenza e quante belle donne “madama doré”!
Tutto è già accaduto, in tutte le fasce d’età, di razza e di appartenenza.
Non vorrei che nell’era robotica, ne costruissero uno/maschile solo per farci ulteriormente male.

Ricorrenze:
Ci siamo dette infine che Novembre è un mese tristissimo. Porta freddo e buio. Ci sono la ricorrenza dei morti, le giornate per i diritti dell’infanzia e contro la violenza sulle donne.
Che non sono feste ma denunce e ad esse dovrebbero rispondere atti conseguenti.
I morti non ci sono più, i bambini non votano, le donne continuano ad essere vittime. Sarà per questo che non si sono ancora trovate le soluzioni?

Speranza:
Per finire una preghiera: che i tanti uomini che non appartengono o che non si riconoscono in queste categorie agiscano con noi per un futuro migliore.

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Profilo Autore

Marta Ajò

Marta Ajò, scrittrice, giornalista dal 1981 (tessera nr.69160). Fondatrice e direttrice del Portale delle Donne: www.donneierioggiedomani.it (2005/2017). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, raccontata in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978; ha curato “Matera 2019. Gli Stati Generali delle donne sono in movimento”, "Guida ai diritti delle donne immigrate", "Donna, Immigrazione, Lavoro - Il lavoro nel mezzogiorno tra marginalità e risorse", "Donne e Lavoro”. Nel 1997 ha progettato la realizzazione del primo sito web della "Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità" della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il quale è stata Editor/content manager fino al 2004. Dal 2000 al 2003, Project manager e direttrice responsabile del sito www.lantia.it, un portale di informazione cinematografica. Per la sua attività giornalistica e di scrittrice ha vinto diversi premi. Prima di passare al giornalismo è stata: Consigliere circoscrizionale del Comune di Roma, Vice Presidente del Comitato di parità presso il Ministero del Lavoro, Presidente del Comitato di parità presso il Ministero degli Affari Esteri e Consigliere regionale di parità presso l'Ufficio del lavoro della Regione Lazio.

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