E NON E’ UN CASO – L’immoblismo ideologico (mera espressione di un esasperato retaggio patriarcale) associato alla tradizionale assenza di diritti umani e civili hanno reso il Pakistan uno dei luoghi meno idilliaci e più rischiosi al mondo
L’immoblismo ideologico (mera espressione di un esasperato retaggio patriarcale) associato alla tradizionale assenza di diritti umani e civili hanno reso il Pakistan uno dei luoghi meno idilliaci e più rischiosi al mondo. Almeno per l’altra metà del cielo (tradizionalmente insidiata da unioni precoci, delitti d’onore, aggressioni con l’acido, stupri) e per gli operatori mediatici impazienti di squarciare (talvolta a costo della vita) la cortina di omertà che da tempo immemorabile tende ad avvolgere la realtà locale.
Eppure sono sempre più numerose le pakistane che malgrado le circostanze oggettive avverse e le pessime condizioni lavorative vìgenti in un contesto essenzialmente misogino (inferiorità salariale e incessanti molestie in primis) decidono di intraprendere la professione giornalistica. E probabilmente non è affatto un caso.
Esistono infatti alcuni ambiti esistenziali in cui il loro apporto diventa imprescindibile al fine di una miglior comprensione degli eventi. “In passato mi occupavo di pianificazione familiare e salute riproduttiva; ora invece posso tranquillamente focalizzare l’attenzione sul nostro modo di percepire la crisi in atto e la conseguente mancanza di sicurezza “, ha candidamente ammesso Farahnaz Zahidi, blogger e collaboratrice di The Express Tribune, il principale quotidiano del paese.
Grazie a un’abilità empatica che l’emarginazione sociale ha soltanto consolidato, le donne hanno spesso dimostrato una proverbiale tendenza ad aderire alla causa degli oppressi (fattore del resto estremamente funzionale alla divulgazione di aspetti generalmente sottovalutati, se non apertamente ignorati dai media internazionali, non ultimo l’impatto dei conflitti sui soggetti maggiormente vulnerabili).
“Credo sia importante ergersi a portavoce di chi non ha la facoltà di farsi ascoltare. Se ho scelto questo mestiere è proprio per poter raccontare l’odissea quotdiana delle tante connazionali costrette a subire in silenzio le peggiori angherie. In verità quello giornalistico è uno dei pochi settori occupazionali in cui l’appartenenza di genere è irrilevante: esulando dalle consuete diamiche sessiste sembra in grado di convogliare energie eterogenee, tanto che la presenza femminile nelle varie redazioni sta diventando assai consistente. Per me comunque ha rappresentato un’ottima opportunità non solo per denunciare i molteplici abusi riconducili al maschilismo imperante, ma anche per affrontare tematiche di rilevanza essenziale”. “, ha concluso la reporter.