Intervista a Gioia Gottini, fondatrice di “Rete al femminile”. Uno strumento gratuito dedicato alle donne che lavorano in proprio per incontrarsi, collaborare e far crescere le rispettive attività.
Life coach. Map maker. Coltivatrice di successi. Gioia Gottini è un punto di riferimento per molte imprenditrici e lavoratrici autonome italiane alle prese con un mercato del lavoro paralizzato dalla crisi economica. Marketing, impresa al femminile e personal branding sono tra le sue principali aree di competenza. Grazie ai corsi, ai libri, alle consulenze personalizzate e ovviamente ai vari post pubblicati sul sito http://gioiagottini.com, molte donne hanno individuato le strategie vincenti per raggiungere successo e stabilità economica nel loro settore.
Tra le più recenti iniziative di Gioia Gottini c’è la creazione di Rete al Femminile: un network di gruppi su Facebook che sta registrando sempre più iscritte tra le lavoratrici autonome italiane. L’abbiamo perciò intervistata per saperne di più, alla vigilia di una serie di importanti novità.
Partiamo dall’inizio. Come, quando e perché è nata Rete al Femminile?
“E’ cominciato tutto in modo casuale, a Torino, due anni fa. Avevo frequentato una serie di corsi americani, a maggioranza femminile, e in questi casi era normale iscriversi anche al relativo gruppo di supporto su Facebook. Mi piaceva l’atmosfera, nascevano delle belle amicizie e si faceva network tra ex studenti. Allora ho pensato: ‘Ma perché non esiste qualcosa di simile anche da noi? Io ho bisogno di confrontarmi (in italiano) sul Fisco, sulla burocrazia, sulla realtà che viviamo ogni giorno in Italia come lavoratrici autonome!”.
Qual è stato il passo successivo?
“Ho cercato sul web, ma forse non ho avuto fortuna. Ho trovato solo network a pagamento specifici per professionisti già affermati come avvocati, notai, architetti. La cifra da pagare era sostanziosa: alcune centinaia di Euro al mese – e a scatola chiusa! Per di più, avevano orari rigidi, adatti a consultare la piattaforma prima dell’orario d’apertura degli uffici. All’epoca avevo già una bambina piccola (oggi ho due figli). Non era ciò che stavo cercando”.
Cosa hai deciso di fare a quel punto?
“In America si dice: ‘Se una cosa non esiste, creala!’. E così ho fatto. Volevo un network gratuito, al femminile, che non fosse esclusivamente business oriented o specifico per una determinata professione. Doveva avere orari flessibili e favorire il supporto reciproco e la condivisione tra le iscritte. Ho contattato su Facebook 4-5 amiche freelance e imprenditrici a Torino e ho chiesto loro se fossero disponibili a incontrarci per parlare delle gioie e dei dolori del nostro essere autonome. L’abbiamo fatto. Ci siamo incontrate un paio di volte al bar e ci siamo raccontate senza filtri. Dopo ci sentivamo meglio. Funzionava. Allora ho aperto il primo gruppo ‘ufficiale’ su Facebook”.
Perché hai scelto proprio Facebook come piattaforma per Rete al Femminile?
“Ero già iscritta a una serie di gruppi, sia per motivi professionali che ludici. Mi è venuto spontaneo. Esistono altre piattaforme professionali, ma dopo un po’ si tende a non consultarle perché non fanno davvero parte della vita quotidiana. Invece con Facebook è diverso. Da quei primi incontri tra amiche al bar, la crescita del gruppo è stata esponenziale. Oggi a Torino siamo più di 300 iscritte e più di 100 sono in attesa di veder confermata la loro richiesta”.
Spesso le donne lamentano nel loro ambiente professionale una scarsa solidarietà da parte delle altre donne. Si dice che gli uomini siano più abili a fare network. Tu cosa ne pensi?
“Per me si tratta di un mito negativo. Io di collaborazione ne vedo tantissima. Siamo 1500 in tutta Italia e tra le iscritte a Rete al Femminile finora non si sono registrati problemi che non fossero risolvibili. Può capitare semmai che nel tempo la partecipazione attiva possa diminuire. Noi donne facciamo rete in modalità diversa rispetto agli uomini. Non abbiamo sempre e solo il business in mente, abbiamo bisogno di entrare in empatia, di creare relazioni basate sull’affinità. Di incontrarci, anche sul piano emotivo. Di mettere testa, cuore e sentimento in ciò che facciamo. Il nostro modo di fare rete è circolare. E non ne nascono solo prodotti o servizi!”.
E’ trascorso un decennio da quando la diffusione di Internet ha iniziato a registrare grandi numeri anche in Italia. In questo arco di tempo vi sono state diverse iniziative per la creazione di network solidali di e per le donne. Qual è, secondo te, l’ingrediente che sta portando Rete al Femminile al successo?
“Incontrarsi dal vivo – e non solo in modo virtuale – fa la differenza! Anche per questo motivo i gruppi che compongono Rete al Femminile hanno base provinciale: ci si iscrive in quello relativo al luogo dove si abita o si lavora. Consigliamo di partecipare alle riunioni dal vivo almeno 2-3 volte all’anno (ne teniamo una al mese). Nei gruppi americani questo aspetto mancava. Invece, incontrarsi di persona favorisce interazioni autentiche tra le iscritte”.
Puoi raccontarci come hai immaginato il futuro di Rete al Femminile?
“Inizialmente la Rete è nata in modo spontaneo, ma causa della sua diffusione sul territorio nazionale è stato necessario prendere alcune decisioni. Dal primo maggio di quest’anno abbiamo messo online il sito http://retealfemminile.com per presentare il progetto. Abbiamo dovuto, perché i nostri gruppi su Facebook sono di tipo chiuso. Ciò consente alle iscritte di parlare liberamente, anche dei loro problemi professionali, in un luogo virtuale protetto. Però rendeva difficili le cose a chi doveva raccontare la Rete dal di fuori (ad esempio un giornalista). Inoltre le leader dei vari gruppi dovevano poter interagire come interlocutori credibili con le realtà istituzionali per dare il via ad una serie di progetti. Avevamo la necessità di farci prendere sul serio, non solo tra di noi. Per questo Rete al Femminile si avvia a trasformarsi in una associazione no-profit”.
Come avverrà questa trasformazione?
“Desidero che la Rete resti aperta anche a chi è agli inizi della sua attività professionale. Per questo, nel caso ci venga richiesto di creare per forza una tessera, manterremo una quota annuale simbolica. A settembre ci sarà una votazione per eleggere la leader della Rete torinese. Ho deciso infatti di essere solo coordinatrice nazionale. Spero di cuore che si facciano avanti 3-4 candidate disponibili a prendersi questo impegno. La Rete parte dal basso, il suo successo è frutto non solo dell’idea alla base ma anche e soprattutto dall’apporto di ogni singola ‘reticella’ (è così che ci chiamiamo). Io aiuterò la neo eletta nel suo compito e spero che anche nelle altre reti in Italia, con il tempo, avvenga questo turn-over naturale”.
Tu ti sei definita una “coltivatrice di successi”. Dal tuo racconto Rete al Femminile sembra essere quasi un organismo vivente e in crescita…
“Effettivamente (ride) è nata proprio il 21 marzo, il primo giorno di primavera! Per me è una gioia ogni volta che nasce un nuovo gruppo, specie al Sud. E’ come veder sbocciare delle piantine. Penso con felicità che una ragazza, una donna o una signora, magari dopo anni di porte sbattute in faccia e di lavori poco appaganti, finalmente possono ricevere supporto. Mio figlio ha pochi mesi, ma io lo porto alle riunioni e voglio che anche le altre reticelle possano farlo. E’ la maternità, uno dei momenti in cui una donna è più fragile, quello in cui una reticella è la più benvenuta. Le donne hanno capito che devono usare l’innovazione per vincere. Le nuove tecnologie ci favoriscono. Siamo creative, fantasiose, originali, coraggiose. Creiamo come pioniere percorsi professionali che prima non esistevano. E abbiamo tanta voglia di usare i nostri talenti e le nostre passioni per crearci un futuro