di Rita Cugola
Non è possibile che puntualmente questo assurdo paese si trovi costretto a fronteggiare i medesimi ostacoli. Non è possibile che anzichè progredire davvero nel processo autoevolutivo e assimilare totalmente le innumerevoli possibilità culturali e sociali (oltre che economiche, ovviamente) offerte dalla globalizzazione e dal multiculturalismo, l’Italia sta ancora annaspando, sommersa dalla marea inarrestabile di quelle problematiche misogine – quindi sessiste – e razziste da lei stessa generate.
Non devono stupire gli attacchi inauditi e inqualificabili di cui il presidente della Camera è stato oggetto negli ultimi giorni. Offese e insulti riversati su Laura Boldrini proprio in quanto donna, come sottolineato dalla diretta interessata. Qualcuno ha creduto di trovare una giustificazione esaustiva all’accaduto nei trascorsi della neo parlamentare a difesa dei deboli, degli emarginati, degli immigrati. Qualcun altro invece non tollera il suo incarico alla terza carica dello Stato. Altri infine – la maggioranza degli infami, perchè solo in questo modo possono essere definiti i mittenti degli insulti – non sopportano la femminilità che la Boldrini incarna.
Eppure non è la prima volta che una donna conquista la presidenza della Camera. Prima di lei, Irene Pivetti, Nilde Iotti. Loro, però, non dovettero subire i medesimi attacchi. Perchè, dunque, tanto accanimento, oggi? Semplicemente perchè le donne sono sempre meno accettate.
Questo, non dimentichiamolo, è un governo che per la prima volta gode di una grande rappresentanza femminileal suo interno e l’Italia (come più volte sottolineato in questa sede) è insofferente alla parità di genere.
E che dire, poi, se un ministro, oltre che donna, è nera? Lo sanno bene certi leghisti del calibro di Mario Borghezio (“Scelta del c…!”) o Erminio Boso (“Kyange torni in Congo!”).
Che tradotto significa una sola cosa: di male in peggio.
Eppure Cécile Kyange, neo titolare del Dicastero per l’Integrazione, non si è scomposta. Il nostro, a suo giudizio, non è un paese razzista; solo, non è preparato ad affrontare le diversità. “Io sono nera e sono fiera di esserlo”, ha aggiunto. Non avrebbe potuto trovare espressione più felice, a dispetto dei suoi detrattori.
L’intolleranza e il razzismo stanno rinascendo un po’ ovunque, forse come diretta conseguenza della mondializzazione invisa a molti. Da noi, però, esso non è mai definitivamente morto. Per anni è rimasto un (pessimo) sentimento latente nella coscienza collettiva degli irriducibili intransigenti. Oggi, grazie all’enorme apertura verso realtà non necessariamente coincidenti con quella in cui per lungo tempo siamo stati immersi nostr
o malgrado, l’antico odio verso l’altro riemerge prorompente.
Si tratta di un odio incondizionato, rivolto sia alle minoranze etniche presenti nel nostro territorio – percepite ora non più come entità a se stanti ma come esse stesse portatrici di valori che rischiano di offuscare l’italica specificità (resurrezione del mito della razza?) – sia a quel settore sociale fino a pochi decenni fa ritenuto debole e quindi facilmente soggetto a condizionamento da parte del maschio, ossia le donne.
Come accennato in precedenza, l’Italia non è pronta al grande salto verso l’uguaglianza sociale e civile. Il processo di emancipazione femminile è soltanto agli inizi, purtroppo, ma la difficoltà insita nel cambiamento in una nazione retriva, così radicalmente legata al tradizionalismo patriarcale si evince dalle reazioni spesso inconsulte a cui stiamo assistendo impotenti.
Dagli insulti ai femminicidi, riconosciamolo, il passo è breve e la radice è identica: l’intolleranza morbosa del maschio verso “l’altro-da-sè”.
Bianche o nere, le donne sono pur sempre nullità e meritano quindi il giusto castigo per l arroganza che consente loro di conquistare vette fino a ieri precluse, per l’odiosa pretesa di essere considerate e apprezzate come persone, per quella inspiegabile capacità di affermarsi socialmente malgrado i diktat imposti da una società strenuamente sessista (con il serio rischio, poi, di relegare nell’ombra dell’anonimato colleghi uomini senza dubbio maggiormente qualificati per nascita a posizioni di comando!)..
Tutto ciò, tuttavia, non debilita affatto l’universo femminile. Anzi, lo fortifica ulteriormente. Se non altro, contribuisce a risvegliare quel senso di solidarietà reciproca che nell’epoca post femminista si era un po’ perso per strada.
Le donne sembrano adesso più unite su un fronte comune: quello della lotta contro un aggressore che, finalmente, è uscito allo scoperto. Non più battaglie condotte in nome di un astrattismo ideologico che poco o nulla aveva a che fare con l’effettiva realtà sociale del momento, bensì scontro diretto sul terreno della competenza.
Nel frattempo, gli attuali Ministri per le Pari Opportunità (Josefa Idem), la Giustizia (Anna Maria Cancellieri) e gli Esteri (Emma Bonino) hanno appena annunciato il prossimo dispiegamento di un’apposita task force finalizzata a contrastare (e se possibile debellare) ogni atto di violenza sulle donne. Speriamo.
Ormai non importa se la resistenza sarà destinata a durare lungamente: il risorgimento rosa è cominciato.