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    Dol's Magazine
    Home»Donna e lavoro»Mamme in carriera, mamme egoiste?
    Donna e lavoro

    Mamme in carriera, mamme egoiste?

    Francesca LemmiBy Francesca Lemmi26/01/2013Updated:28/08/20142 commenti4 Mins Read
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    mamma-che-lavora
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    Ai tempi d’oggi, compatibilmente con la disponibilità lavorativa del momento, sono tante le mamme che lavorano.

    Molte, quando possibile, scelgono soluzioni part-time o comunque con una riduzione dell’impegno e del carico lavorativo, al fine di avere maggior tempo a disposizione per i figli… un buon compromesso per conciliare i due ambiti senza incorrere in scelte drastiche.
    Questa soluzione non sempre, però, è percorribile sia perché non tutti i tipi di lavoro lo rendono possibile (basti pensare, ad esempio, alla libera professione) sia perché non tutti i contesti lavorativi accettano questa condizione.
    Tuttavia c’è un’altra importante spiegazione: non tutte le mamme vogliono mettere un freno a mano o scalare la marcia sul lavoro.

    Troppo spesso quando si parla di mamme lavoratrici, si parte dal presupposto che il desiderio e l’impegno principale sia quello di prendersi cura dei figli e che il lavoro sia solo uno strumento e un mezzo per aumentare gli introiti familiari o comunque secondario alla famiglia, per cui quando una donna diventa madre, ci si aspetta che prevalga il desiderio di ridurre e contenere l’impegno lavorativo al fine di dedicarsi di più e meglio ai figli.
    Se questo può essere valido in tante situazioni, non è sempre necessariamente così.
    Infatti non è assolutamente detto che la maternità riduca o annulli aspettative e progetti ambiziosi di carriera.
    Personalmente conosco donne, molte delle quali libero professioniste o con incarichi dirigenziali che, pur avendo desiderato la maternità e pur essendo desiderose di stare con i loro figli, non sono disposte a rinunciare alla propria carriera lavorativa e non tanto per questioni puramente economiche ma anche e soprattutto per aspettative e desideri di realizzazione professionale.

    Esistono, quindi, mamme lavoratrici che pur lavorando e pur essendo convinte dell’utilità (oltre che della necessità) di lavorare, mettono comunque al primo posto la famiglia relegando al lavoro un posto e un’importanza circoscritti; mentre ci sono “mamme in carriera” che pur scegliendo di essere e fare le madri, vivono il lavoro come un baluardo della propria vita, in cui investono molto tempo ed energie perché proiettate anche a crescere professionalmente e quindi a fare carriera.

    Qual è il profilo della mamma in carriera?
    Non è un’aliena, non è un’egoista e men che mai una menefreghista nei confronti dei figli, come talvolta ancora il credo popolare la vorrebbe giudicare.
    E’ una donna che ha investito prima nella propria formazione (con percorsi di studi spesso impegnativi e ben riusciti) e poi nel lavoro, che crede e spesso ama la propria professione, per cui lavorare non è solo sacrificio ed impegno, ma anche piacere, passione da coltivare, sfida e curiosità.
    E’ figlia di genitori che hanno vissuto la guerra, che le hanno trasmesso il senso del dovere, dell’impegno e del sacrificio, come anche la fiducia in se stessa e nella possibilità di costruire qualcosa di importante.
    E’ una donna che, oltre al desiderio di maternità e di affettività, investe anche su se stessa e sui suoi progetti professionali, in virtù un senso d’identità individuale per cui si concepisce prima di tutto come donna e persona, oltre che come mamma, e quindi capace di avere anche spazi di autonomia e realizzazione personale a prescindere dalla famiglia.

    E’ forse sbagliato che una donna coltivi un sano egoismo e che quindi abbia un senso di identità personale centrato sulle proprie capacità e aspettative e non solo su legami familiari? E’ forse da recriminare una donna che sceglie di perseguire i suoi progetti professionali, in cui crede e in cui investe, anche se madre di famiglia?
    E’ forse da meno o più criticabile di un uomo che fa la stessa scelta?

    Personalmente credo che sia una donna da ammirare, alla stregua di chi, al contrario, sceglie di dedicarsi principalmente alla famiglia, perché investe su più fronti, crede in quello che fa, vive e concepisce il lavoro come una dimensione imprescindibile di sé.
    Purtroppo è un donna che si scontra con una società ancora bloccata da vecchi stereotipi culturali e per alcuni aspetti “schizofrenica”, come scrive Wendy Sachs nel suo libro “Mamme Manager”: da una parte, ci è richiesto di fare, di essere produttive, di dare grandi prestazioni e quindi di essere competitive (“brava lavoratrice”), dall’altra parte se si è madri, l’aspettativa sociale è di anteporre a tutto l’accudimento dei figli, per cui chi continua a perseguire velleità di carriera rischia di essere additata e giudicata come una cattiva mamma.

    Mi piace pensare che siano proprio le mamme lavoratrici e le mamme in carriera a contribuire a rivoluzionare il pensiero popolare e gli schemi sociali, per arrivare ad una nuova concezione della donna e della maternità, magari con prospettive di lavoro e di conciliazione più moderne, attuali e che diano spazio anche a donne motivate, disposte all’impegno e proiettate in una prospettiva che non contempli solo la maternità.

    Mamme in carriera manager
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    Francesca Lemmi
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    Dr. Francesca Lemmi, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Sessuologa. Dopo un’esperienza pluriennale nella realtà ospedaliera, svolge attività di psicologo e psicoterapeuta con bambini, adolescenti, adulti e coppie come libero professionista. Inoltre si dedica ad attività di formazione, in particolare nell’ambito della genitorialità, della coppia e della psicologia e pedagogia di genere. In virtù del grande interesse per la materia della famiglia, coppia e figli, da molti anni si dedica ed esercita anche nell’ambito della psicologia giuridica in situazioni di separazione/divorzio e affido minori.

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    2 commenti

    1. cristina on 30/05/2013 14:14

      BALLE.
      Un figlio che non cambia le priorità di una donna è un figlio di una donna incompleta.

      Reply
    2. Pingback: Le donne vogliono la carriera? – Parla con noi - Blog - Repubblica.it

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    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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    https://www.dols.it/2025/05/20/lezione-damore/ Re https://www.dols.it/2025/05/20/lezione-damore/

Recensione poetica emozionale di Lezione d’amore. Sinfonia di un incontro.

Spettacolo scritto e diretto da Andrée Ruth Shammah, con Milena Vukotic, Federico De Giacomo e Andrea Soffiantini. Visto al teatro Franco Parenti Maggio 2025.
    La regista Elisabetta Sgarbi, che con Eugenio Lio La regista Elisabetta Sgarbi, che con Eugenio Lio ha anche scritto la sceneggiatura, spiega: «I personaggi sono nati e si sono sviluppati, per lo più, già con il volto di chi li avrebbe interpretati, il loro corpo, i loro modi. Questo ci ha aiutato molto nello scrivere il film, perché, laddove la sceneggiatura non poteva e non doveva dire, potevamo immaginare un colpo d’occhio, un movimento, un gesto, una espressione che riempissero quel “vuoto”. 

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La trama fenicia (The Phoenician Scheme) è il 13* film diretto da Wes Anderson, 56 anni, e da lui scritto con il 60enne Roman Coppola, segnando così la loro sesta collaborazione.
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    Dicono di TE …. Ti sei divertita con “I nomi Dicono di TE ….

Ti sei divertita con “I nomi da Indiani”? Hai creato la tua tribù e inventato la leggenda sull’origine del tuo nome? Per costruire il tuo nome sei ricorsa a ciò che dicono gli altri per identificarti quando non ti conoscono se non superficialmente. Hai usato le similitudini che vengono in mente pensando a te.

Ora fai un passo avanti e segui i suggerimenti per una nuova scrittura “metaforica”!
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    Rose di maggio Rose di maggio
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Tali atti persecutori sono annoverati tra i reati sentinella della violenza di genere che risultano tra l’altro in aumento, come evidenziato nel report relativo all’anno 2024 “8 marzo Giornata internazionale della donna”, redatto quest’anno dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale.
    https://www.dols.it/2025/05/09/david-di-donatello- https://www.dols.it/2025/05/09/david-di-donatello-2025-e-femmina/

A trionfare sono state le donne: 7 David a Vermiglio di Maura Delpero mentre L’arte della gioia di Valeria Golino e Gloria! di Margherita Vicario hanno conquistato 3 premi a testa
    Terrazzo un fiore Terrazzo un fiore
    https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gi https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gioco/

E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
    https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yok https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yoko/
C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
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