Il femminismo in Italia? Un silenzioso gioco di potere

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di Giulia Cortese

Circa un mese fa il due volte Premier Giuliano Amato è planato con ironia sui temi del giorno, quando si trovava al Meeting di Rimini per dibattere di Italia unita, con la frase “C’è troppa Sardegna nella vita politica degli ultimi 10 anni, non me ne vogliano le famiglie sarde”.

Basta un minimo di onestà intellettuale per riconoscere che questa frase riflette una realtà umiliante per l’Italia, che è quella mancanza di meritocrazia di cui tutti sanno, ma che purtroppo viene ancora molto sottovalutata. E’ soprattutto nel mondo femminile che si nota questo aspetto, e per accorgersene basta osservare, anche per poco, molte rappresentanti (femminili) delle nostre Istituzioni. I nostri rappresentanti perdono necessariamente di credibilità, visto che con la nostra attuale legge elettorale, il “Porcellum” (definita da Amato come un sistema pieno di “difetti gravi”), i parlamentari italiani non vengono eletti, bensì nominati dai partiti. E’ un meccanismo che si è dimostrato inefficace, anche in quanto ha palesemente favorito il dilagare del “velinismo” in politica.

Non può non stupire il fatto che a soli 3 anni dalla sua iscrizione al PdL e senza alcuna esperienza in politica, è stata nominata Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, la quale ha un passato da “velina”, guarda caso proprio in uno dei canali televisivi di Silvio Berlusconi. Sembrerebbe una nomina ironica, quella di Ministro delle Pari Opportunità, visto che il modo in cui la Signora Carfagna ha fatto carriera ha ben poco a che vedere con le pari opportunità tra i sessi, e di certo non le favorisce.
Giusto un anno fa ha fatto scandalo una dichiarazione della deputata finiana Angela Napoli, la quale ha dichiarato di avere la sensazione che molte sue colleghe parlamentari si siano prostituite, per arrivare a occupare la loro attuale poltrona. La deputata ha dovuto naturalmente scusarsi, essendo stata attaccata da molte sue colleghe del PdL, le quali le hanno chiesto di “fare nomi”.

Eppure fare nomi non è necessario, è più semplice guardarsi intorno e fare due più due.
Angela Napoli ha sicuramente usato parole inopportune, ma ha descritto uno scenario esistente e assai desolante della classe politica italiana. Non si può tuttavia negare che certi fatti siano sotto gli occhi di tutti, e sono stati riportati in maniera molto critica dalla stampa estera, la quale ci ha preso di mira già da vari anni, per l’evidente mancanza di meritocrazia nel nostro Paese.
E’ memorabile a riguardo una copertina del Financial Times uscita a Luglio del 2007, il quale titolava “Italy, the land forgotten by feminism”, “L’Italia, il paese dimenticato dal femminismo”. La rivista ha spiegato che c’è stata un’inversione di tendenza da parte delle donne italiane, le quali un tempo hanno fatto di tutto per ottenere pari opportunità e diritti, mentre ora molte pensano più che altro ad ammiccare al potente di turno, cercando quell’occasione da acchiappare al volo, a procurarsi matrimoni redditizi e soprattutto, a usare il loro corpo come strumento per arrivare a occupare posizioni di potere e di prestigio nella società.

A Giugno 2009 ha scritto di noi anche la rivista online britannica “TimesOnline”:
“Chi ha seguito la saga continua di Silvio Berlusconi, il Primo Ministro italiano, con i suoi racconti di yacht in Sardegna, ville romane, escort e contratti di costruzione, potrebbe concludere che l’Italia è una terra dimenticata dal femminismo. Sicuramente solo la più irriducibile delle società maschiliste eleggerebbe e tollererebbe un uomo di tal fatta come suo capo di Stato, un uomo che sembra trattare le donne come merce, da acquistare e vendere per gratificare il suo ego”.
Un’estate fa c’è stato lo scandalo dei festini nella residenza del Premier ad Arcore. E’ emerso in breve tempo che quasi tutte le ragazze che frequentavano il Cavaliere hanno fatto strada tra show e politica. Alcune sono riuscite a diventare perfino assessori e consigliere comunali, altre si sono preparate a essere candidate al Parlamento Europeo nel 2009, mancando per pochissimo l’elezione (per opera di alcune dichiarazioni di Veronica Lario, ex moglie di Silvio Berlusconi, la quale parlò di “ciarpame senza pudore”).

Anche in Italia vi sono persone che non hanno mancato di denunciare questa imbarazzante realtà, che è una delle cause della nostra perdita di prestigio e considerazione in Europa e nel mondo. Nel 2010 l’onorevole Paolo Guzzanti, giornalista e ex Senatore PdL, ha scritto un libro intitolato “Mignottocrazia, la sera che andavamo a Ministre”, pensando che l’occhiello avrebbe potuto essere così: “La misera storia delle donne italiane in politica”. Si tratta di una storia completa, che cita anche esempi positivi di figure femminili che hanno fatto la storia d’Italia. Si è passati, rileva Guzzanti, da donne asessuate, con i baffi, le mitiche staffette partigiane, alle calendariste e alle veline. Da donne con una forte personalità che hanno fatto la Resistenza, a figure da calendario.

Emerge così che il femminismo in Italia non è altro che un silenzioso gioco di potere. Non è il femminismo nel senso tradizionale della parola, ma è, a suo modo, un trionfo del femminile per i motivi sbagliati.

Tutto questo è frutto di una società maschilista e in generale, da una profonda arretratezza culturale. Il problema non viene affrontato nella dovuta maniera, e viene spesso nascosto e talvolta anche difeso da alcuni rappresentanti delle Istituzioni. Nel 2010, infatti, il deputato PdL Giorgio Stracquadanio ha detto “è assolutamente legittimo che per fare carriera ognuno di noi utilizzi quel che ha, l’intelligenza o la bellezza che siano”. Verrebbe da chiedersi, a questo punto, quali di queste due qualità abbia usato Stracquadanio per affermarsi in politica. Si è trattato di frasi offensive per le donne, e in particolare per coloro che fanno politica, la cui carriera dovrebbe essere valutata esclusivamente sul merito, cosa che in Italia non accade. Al contrario, queste parole sono un riflesso di una concezione umiliante della donna, e di una scarsa considerazione dell’impegno politico femminile, quello serio.
La legge sulle quote rosa, approvata di recente, non è altro che un effetto collaterale di questa concezione della donna in Italia. Anziché ritenere le donne in grado di conquistarsi dei posti in politica con le loro forze, è stato prestabilito che a loro vadano assegnati un numero determinato di posti in politica, come fossero una minoranza debole e inadeguata, da tutelare e da proteggere.
Se applicate a un paese come il nostro, dove il merito è una variabile indipendente rispetto al lavoro, si può immaginare con quali criteri verranno selezionate queste signorine. Non è ammissibile pensare a una società divisa per quote. La cosa fondamentale è mettere le donne in condizione di competere con gli uomini ad armi pari, abbattendo quei pregiudizi così diffusi nella società e nel mondo del lavoro. Per abbattere questi pregiudizi, anche le donne dovranno fare la loro parte

 

Giulia Cortese. Classe 1988, nata a Buenos Aires ma romana di adozione. Linguista e aspirante giornalista professionista, è appassionata di comunicazione in tutte le sue forme. Nel 2010 approda nel Partito Radicale, e da qui inizia il suo impegno nell’associazionismo e nella politica. Firmataria del manifesto “Fermare il Declino” di Oscar Giannino, è frequentatrice di numerosi think-thanks sul pensiero liberale.

 

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