Dunque non ci sarà. E abbandona: Giorgio Minisini non ne può più, ha 28 anni. Ma all’appuntamento parigino teneva. Avrebbe segnato la storia, quella vera: primo uomo in una disciplina, il nuoto artistico, da sempre riservata alle donne.
Scriviamo «riservata» e dovremmo dire «confinata», perché gli sport tradizionalmente maschili sono circondati da un’aura di sacertà, un Monte Olimpo vero e proprio; unici, inarrivabili, divini. Le donne invece sono sempre parziali, pur nella loro irripetibile grazia, e nessuno, ammettiamolo, le considera atlete a tutto tondo, muscoli impegno respiro. Gli sport «femminili» sono ginecei e l’approssimarsi d’un uomo, anzi d’un maschio – coraggioso e indovinato titolo dell’autobiografia di Giorgio – viene reputato una bizzarria, un elemento disturbante e perturbante, se non una ridicolaggine fatta e finita.
Un uomo tra donne non è (più) un maschio, è un eunuco. Giorgio ha subìto per anni i motteggi di chi vedeva in lui l’incompletezza, il maschio mutilato; e ne soffriva (sì, anche gli uomini soffrono). Intanto, però, macinava medaglie e metteva a tacere le malelingue. Fino all’altro ieri, con la sentenza che ha ribadito lo stop alla presenza di atleti nel sincrono.
Perché il mondo del nuoto è conservatore e – osserva il Nostro – «in ritardo su battaglie importanti, come l’integrazione, la discriminazione e proprio quando si spinge sull’acceleratore la risposta di contraccolpo è violenta». Violenza che costituisce l’altra faccia dell’ipocrisia.
Oggigiorno non esiste media «mainstream» che non caldeggi l’«inclusione». È tutto un peana alla fluidità, un sovraccarico di neolingua con strambi caratteri alfanumerici atti a comprendere gamme sempre nuove di «genere». Seguitissimi «influencer» sponsorizzano smalti e rossetti «per uomini» e alle più importanti manifestazioni sportive sfilano atleti in gonnella poiché ormai saremmo tuttə ugualə.
Ma allorché qualcuno tenta effettivamente d’infrangere il soffitto di cristallo; nel momento in cui dalle parole si passa ai fatti, e occorre dimostrarlo, metterci la faccia e non la maschera, si scopre che i diritti non sono questione di unghie laccate o abbigliamenti eccentrici. E non siamo affatto uguali (ugualə): siamo diversi.
La diversità è una ricchezza da conquistare restando sé stessi/e nell’imprevisto, ché si procede a volte per gradi, più spesso per rotture, che poi sono il risultato di anni di lotte silenziose, sconfitte e sacrifici. Giorgio è rimasto Giorgio in uno sport «da donne» dimostrando che va bene pure per i maschi, che non si perde in virilità se ci si abbandona al pianto, che si può fare l’«ondino» senza esserlo e, sì, amando le donne: romanticamente ed eroticamente.
Troppo «scorretto» questo Minisini iconoclasta, un Mosè dello sport che avrebbe saputo dividere il mare – ma bastava una piscina… – della falsità e dell’apparenza. Troppo scomodo e «solido» per chi campa di gattopardesche liquidità. Ma anche l’acqua, se nessuno la scuote, diventa stagnante.
© Daniela Tuscano
1 commento
Aspettavo un editoriale su questo tema. Pensavo passasse sottobanco come tutte le questioni importanti ma che devono finire presto nel dimenticatoio in nome di una strumentalizzata inclusione e parità che di fatto non esiste (sono donna e lo so bene)
Seguivo il nuoto artistico praticamente solo per lui; ha un’espressività fuori dal comune quando è in acqua e un insieme di valori umani e carattere invidiabili.
Sono talmente amareggiata che non credo riuscirò più a seguire questo sport.
Mi sembra tutto surreale.
Nel 2024 siamo ancora messi così?!
Che tristezza e che disappunto totale.
Giorgio ha dato tanto a questo sport e meritava di più.
E da donna, che come tale subisce discriminazioni di ogni genere in ogni ambito, leggo in questa sua sconfitta non solo una sconfitta sportiva, ma una sconfitta per tutta la parità di genere (quella vera, non quella millantata dai media).
Ho la vana speranza che per il 2028 se metteranno il duo misto alle olimpiadi, magari ci ripensa e torna a gareggiare…sarebbe una conclusione degna per lui e un sollievo per chi come me crede in chi si batte per opportunità concrete e sogna di vederle realizzarsi sul serio.