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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Cultura»Film»A body that works
    Film

    A body that works

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre12/07/2024Updated:15/07/2024Nessun commento4 Mins Read
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    Una serie Netflix israeliana che parla di maternità surrogata che in Israele è consentita e aiutata.

    Non c’è stato nessun battage pubblicitario per ”A body that works”, neppure sui social,
    In un periodo in cui le serie israeliane vengono sospese o non trasmesse , per via della diffusa avversione verso Israele scatenata dalla guerra in corso, stava passando sotto tono questa serie che è a mio parere uno dei migliori titoli del 2024 di Netflix.

    E’ una serie composta da otto episodi, creata da Shay Capon, Shira Hadad e Dror Mishani. Nel cast ci sono Yehuda Levi, Rotem Sela, Gal Malka e Lior Raz.

    Iniziata con freddezza verso il tema della surrogacy, sono entrata successivamente nel il cuore delle scene e delle scelte che invece in Italia ed in Europa , potremmo definire ”etiche’. In Israele’ invece la formula biblica “siate fecondi e moltiplicatevi” funziona nel migliore dei modi con la maternità surrogata.

    In Israele la maternità surrogata è permessa e regolamentata dal 1996, primo Paese al mondo a disciplinare in maniera giuridica la pratica di gestazione per altri, e a vietarla nella sua versione ‘altruistica e gratuita’, modalità che invece spesso viene evocata in Italia da chi è a favore della surrogacy.

    Dal 2022 la pratica della surrogata in Israele è stata estesa anche alle coppie dello stesso sesso, ai singoli e ai transessual

    In Israele è consentita solo la maternità surrogata gestazionale. Si dice che la madre surrogata non dovrebbe ricevere denaro come compenso per i suoi servizi. Tuttavia, ha diritto alla piena remunerazione a causa del tempo dedicato al processo di maternità surrogata, a tutte le spese mediche, alle spese per la chiusura e al mancato guadagno durante la gravidanza.

    E’ questo il tema intorno a cui gira tutta la serie.
    A body that works, dà per legale ed ammessa la possibilità di pagare una giovane donna per portare a termine, dopo l’inseminazione, la gravidanza e poi di consegnare il bimbo o la bimba alla coppia.

    Il titolo della serie suggerisce un’ambiguità che scorre nella serie: A body that works, si traduce principalmente in due modi. Un corpo che funziona ma anche Un corpo che lavora. 
    La maternità surrogata è considerata un trattamento di infertilità a causa di rigide indicazioni mediche per coppie sposate eterosessuali o donne single, residenti in Israele. In entrambi i casi deve esserci un legame genetico con almeno uno dei genitori.


    La navigazione della serie è a vista, perché si è in balia delle onde in un mare aperto emotivo inesplorato quasi certamente in tempesta. Esplora ed indaga i desideri e le aspettative di tutti e tre personaggi e delle persone con le quali entrano in contatto. Dai genitori, vecchio stile ai colleghi di lavoro agli ex o altri uomini. Ai figli di un altro matrimonio della gestante.

    Quella della serie è una prova difficile: raccontare in maniera il più possibile sfaccettata e onesta cosa succede a due donne e un uomo se decidono di accedere a questa possibilità per avere un figlio o una figlia.


    La serie segue l’altalena emotiva di ciascun personaggio:
    Ellie, l’aspirante madre, è una donna colta, appuntita e molto controllata, che svolge egregiamente il lavoro di editor in una casa editrice importante alle prese con uno scrittore famoso che, nel corso della serie, avrà il ruolo di cambiamento sostanziale per la protagonista;

    Iddo, avvocato e futuro padre, è un uomo diviso tra la nuova responsabilità che la paternità incipiente gli offre e la comoda dipendenza da una madre potente e molto presente.

    Infine la giovane donna: Chen, già madre di un adolescente avuto da giovanissima, senza madre e con un padre che ha fatto quello che poteva per crescerla. E sarà proprio lei, istintiva, che alla fine dei conti sarà la più matura e riuscirà a fare emergere le contraddizioni nella coppia ed a favorire l’epilogo di una vicenda di sentimenti, squilibri, desideri, bisogni e cortocircuiti emotivi che costituiscono il mosaico dell’umanità coinvolta.

    Nel ritrarre donne forti e uomini più fragili di loro la serie è molto interessante perché  A body that works mette a nudo in maniera schietta le contraddizioni reali che la decisione di avere un figlio o una figlia usando il corpo di un’altra donna scatena,

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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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