Intervista a Neo Garfan

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Un cantante che sembra un professore di filosofia. 

In unNeo G. periodo storico in cui il bene comune ci vincola a restrizioni che limitano le libertà soggettive, il canto di Neo Garfan Al di là del limite è un grido d’allarme rivolto alla sfera più intima dell’essere umano. Ai limiti oggi ci siamo abituati oltre modo, imparando termini come lockdown, zona rossa, distanziamento sociale. Il Covid 19 ha accentuato questa necessità umana di delimitare gli spazi, confinarci per sopravvivere, mettendo però in discussione la nostra naturale esigenza di socializzare. Perché tra ingressi contingentati, coprifuoco e limiti agli spostamenti, non possiamo dimenticare di essere umani. E che abbiamo bisogno di amare. Nel 2007, Neo vince il Cornetto Free Music Festival e apre il concerto di Zucchero allo Stadio San Siro di Milano. Nel 2009 collabora con gli Stadio come corista nel disco “Diluvio Universale”.

Da quel momento la sua attività live lo porta all’estero per diversi anni, tra Russia, Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Africa e Germania. Lavora e collabora con moltissimi musicisti e produttori in giro per il mondo.

Al di là del limite, è il singolo. che anticipa Suoni dalla luna, il nuovo album di Neo Garfan previsto nel 2021, parte da una considerazione sul tempo e le sue cifre inesorabili.

Musica e pandemia, cosa ha rappresentato e cosa rappresenta la situazione attuale?

Confesso che in un primo momento, mi sono lasciato sedurre dall’idea che da un male potessimo imparare qualcosa, ritrovare una comunicazione più intima con noi stessi e con gli altri, rivalutare gli aspetti più umanisti della convivenza sociale. La verità è che la capacità di veicolazione della bellezza non potrà mai competere con la viralità esponenziale della mediocrità. La musica subisce le inclinazioni sociali, rappresenta la spia del livello del comune sentire, Ho sofferto l’impossibilità di potermi esibire dal vivo, ma più di questo, l’incapacità della musica, intesa come comparto culturale, di reagire alla deriva che il covid19 ha soltanto accelerato.

In un’artista come si trasforma la creazione se intorno c’è ansia di morte?

La creazione è la sorella minore della morte…

Sylvia Platt, completò la sua opera con il suicidio. Tutto il suo lavoro, si è dipanato in funzione di quel momento, che avrebbe dato senso alla sua vita. Uso un esempio estremo per tentare di comprendere la stretta connessione tra la creazione e la distruzione. L’arte trova la sua linfa tanto nella vita quanto nella disperazione… è un antagonismo perfetto che va vissuto interamente, l’uno come conseguenza dell’altro. L’opera ci sopravvive e mentre creiamo è necessario avere questa consapevolezza.

Il limite, un concetto filosofico molto antico e che forse la contemporaneità ha scordato. Cos’è il limite per Neo?

Il primo vero limite è rappresentato dal tempo, l’unità di misura della paura.

Abbiamo costruito una società rassicurante, lontana dal concetto di fine vita, dove l’esistenza viene scandita dalle piccole attese. Il limite del tempo rappresenta un argomento intrattabile, quasi fosse uno zio finito in prigione, di cui a Natale è meglio non parlare. La contemporaneità non ha scordato questo limite, lo elude sistematicamente, rifugiandosi nella superficialità e appellandosi ad un immaginario emendamento che concede facoltà di vivere il tempo come fosse illimitato. In tempi meno distratti il confronto con la fine ed il limite era obbligato, oggi è un tabù.

Il limite spaziale può essere superato in modo gratificante con l’arte? O è un’utopia?

Chi si confronta con la rappresentazione artistica, in qualche modo sente soltanto parlare di quello che rappresenta. Vive la realtà come fosse un sogno, l’isolamento non è imposto ma auto-imposto. Credo che l’artista non conosca affatto il mondo che descrive, perché incapace di viverlo. L’arte non rappresenta quindi lo spazio comune ma un crepaccio angusto dal quale la creazione, attraverso il dolore, trova la sua sintesi.

Cosa vuoi comunicare con il singolo e con l’album nuovo in uscita?

Cerco da sempre di leggere a voce alta quello che provo. In fondo siamo qui, scaraventati su questo mondo, senza libretto di istruzioni. Ho cercato a lungo la mia strada, geograficamente ed interiormente. A lungo mi sono ripetuto che la musica viene fatta per se stessi, ma non è vero. Così come un barista prepara il caffè ed il cliente lo beve, la musica esiste quando viene ascoltata e, più persone la ascoltano più esiste, più lei esiste, più io esisto.

Credo sia tutto qui.

 

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Profilo Autore

Maria Giovanna Farina

Maria Giovanna Farina si è laureata in Filosofia con indirizzo psicologico all’Università Statale di Milano. È filosofa, consulente filosofico, analista della comunicazione, formatrice e autrice di libri per aiutare le persone a risolvere le difficoltà relazionali. Nei suoi saggi e romanzi ha affrontato temi quali l’amore, la musica, la violenza di genere, la filosofia insegnata ai bambini, l’ottimismo, la libertà, la relazione con gli animali da compagnia e col cibo. Pioniera nel campo delle pratiche filosofiche, nel 2001 ha fondato Heuristic Institution dove si è dedicata, in collaborazione con il filosofo Max Bonfanti, anche alla ricerca di metodi e strategie da applicare alla risoluzione delle difficoltà esistenziali attraverso il TFAR (trattamento fenomenologico delle aree relazionali) da loro ideato. È creatrice della rivista on line “L’accento di Socrate”, scrive su varie riviste ed è intervenuta ed interviene in Radio e TV. Ha tenuto incontri e conferenze sulla violenza di genere a scuola e presso associazioni, taluni sponsorizzati da Regione Lombardia e patrocinati da vari Comuni italiani. Con un gruppo di studiosi ha chiesto, ottenendolo, alla Treccani.it di inserire la parola nonviolenza in un’unica forma verbale. Studiosa di relazioni, il suo sito è www.mariagiovannafarina.it

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