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    Home»Costume e società»Le relazioni familiari al tempo del Covid
    Costume e società

    Le relazioni familiari al tempo del Covid

    Maria Giovanna FarinaBy Maria Giovanna Farina03/12/2020Nessun commento5 Mins Read
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     La famiglia è il nucleo della società e lo è da sempre nelle diverse epoche della storia

    La conferenza online che ho tenuto su invito di Alba Dell’Acqua, Presidente Moica Basilicata mi ha dato l’occasione di raccontare alcuni aspetti della nostra vita in famiglia durante questa pandemia

    disegno su carta di Flavio Lappo
    disegno su carta di Flavio Lappo

    La famiglia è il nucleo della società e lo è da sempre nelle diverse epoche della storia. Cinque secoli prima di Cristo, Aristotele considerava la Polis, città stato greca, il luogo di realizzazione delle felicità; si trattava di un piccolo stato autosufficiente formato da nuclei familiari. Ancor prima Socrate ci parlò di comunismo, non nel senso da noi conosciuto, ma di una sorta di eliminazione della famiglia per una gestione comune dei figli. La famiglia ha resistito ed esiste tutt’ora nonostante la pandemia che ha dato alle donne grandi difficoltà, maggiore impegno fino ad un amento della violenza.

    Le relazioni familiari hanno risentito in modo pesante della pandemia che è stata un fattore disgregante. Penso a tutte le testimonianze raccolte con il mio personale osservatorio. Durante la prima ondata ho più volte sottolineato il problema dei bambini e dei giovani costretti a non vivere certe esperienze come la Prima Comunione, la vita scolastica tradizionale fino al primo bacio degli adolescenti. Il contagio e la distanza sociale hanno allontanato destrutturando le relazioni, sconvolgendo l’ordine naturale degli eventi, ma in quel momento primaverile si diceva “andrà tutto bene”, si ripeteva come un mantra consolatorio la speranza ottimista che si sarebbe presto ritornati alla vita di prima. Poi l’estate, le vacanze e la voglia di libertà ci avevano illusi che davvero sarebbe andato tutto bene.

    La seconda ondata ci ha fatti cadere nel baratro, ha fatto precipitare troppe persone nella depressione: l’incertezza della lontana fine pandemia si è insinuata senza troppi complimenti nelle nostre vite. Tutti i morti anziani delle RSA ci sono tornati in mente e ci fanno pensare agli errori commessi non solo nella gestione, ma a tutti gli sbagli relativi al nostro modello di vita. Gli anziani ai tempi delle famiglie allargate, non quelle che si formano in seguito ad un divorzio bensì alle famiglie contadine che hanno resistito alla II Guerra Mondiale e oltre, quegli anziani erano parte integrante del gruppo e mantenevano un valore. Ora costretti da un vita estremamente urbanizzata dove le famiglie sono piccoli nuclei che vivono in appartamenti, i cosiddetti vecchi vanno in RSA perdendo la relazione affettiva data dalla quotidiana vicinanza con i parenti stretti e il loro posto nella società fatto di saggezza e supporto ai figli. Mi direte che non è sempre così, giusto, ma è troppo spesso così. Il nostro Paese ha grandi spazi inabitati, l’ultima volta che sono andata a Matera ho percorso la strada che collega Salerno alla città dei Sassi e sono rimasta a bocca aperta per le grande distese verdi. È necessario ritornare a ripopolare i luoghi deserti perché i grandi spazi oltre a permettere una vita più a misura d’uomo rendono più difficile i contagi.

    Ho proseguito con una considerazione sulla differenza tra guerra, quella con le bombe, e la cosiddetta guerra al virus: c’è una differenza abissale. La prima aggregava, univa le persone nei rifugi durante i bombardamenti e anche se c’erano fenomeni di delazione non erano la maggioranza dei casi. Le persone e la famiglie vivevano molto più unite per affrontare le difficoltà, il virus invece ci costringe ad una guerra che ci allontana; durante i bombardamenti si correva insieme nei rifugi sotterranei, si compativa il disagio, il terrore, la speranza che tutto finisse. Si conosceva il nemico e come colpiva, ora siamo in balia dei DPCM e dei pareri discordi degli esperti, certamente non voglio ritornare ai bombardamenti ma solo far comprendere l’enorme diversità delle due situazioni: ciò ci può aiutare a rivalutare le relazioni con gli altri. La II Guerra Mondiale faceva sperare nella fine e nella inevitabile ricostruzione, si guardava al domani con fiducia mentre oggi le famiglie temono l’incertezza del domani. Quando finirà? Non lo sappiamo con certezza. Cosa sarà di noi? La crisi economica che stiamo vivendo quando avrà fine? Domande a cui non possiamo trovare risposte certe, siamo tutti in bilico e ciò che può consolarci è il fatto che almeno in questo siamo vicini.

    I figli sono lontani ed i genitori in ansia, gli anziani colpiti con più aggressività da covid muoiono in solitudine per l’impossibilità anche solo di tenere loro la mano nel momento del trapasso… questa non è una guerra, è cogente disumanità a cui non dobbiamo abituarci. Un insegnamento fondamentale della pandemia è: non dare mai nulla per scontato, nulla è prevedibile con certezza.

    Ho concluso la conferenza parlando di Catarina e la porta della verità, romanzo scritto con Max Bonfanti in cui abbiamo narrato le relazioni anche familiari mettendo in luce quanto l’amore vero contenuto in una famiglia sia in grado di superare le difficoltà comuni, un amore dunque non solo di coppia ma fraterno e familiare.

    Ringrazio tutti per la partecipazione, la rappresentante della Regione Basilicata – Assessorato delle Pari Opportunità nella persona di  Mimma Grillo, Alba Dell’Acqua e ultima, e non ultima, Caterina Della Torre per la sua preziosa collaborazione.

     

     

     

    covid parenti
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    Maria Giovanna Farina
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    Maria Giovanna Farina si è laureata in Filosofia con indirizzo psicologico all’Università Statale di Milano. È filosofa, consulente filosofico, analista della comunicazione, formatrice e autrice di libri per aiutare le persone a risolvere le difficoltà relazionali. Nei suoi saggi e romanzi ha affrontato temi quali l’amore, la musica, la violenza di genere, la filosofia insegnata ai bambini, l’ottimismo, la libertà, la relazione con gli animali da compagnia e col cibo. Pioniera nel campo delle pratiche filosofiche, nel 2001 ha fondato Heuristic Institution dove si è dedicata, in collaborazione con il filosofo Max Bonfanti, anche alla ricerca di metodi e strategie da applicare alla risoluzione delle difficoltà esistenziali attraverso il TFAR (trattamento fenomenologico delle aree relazionali) da loro ideato. È creatrice della rivista on line “L’accento di Socrate”, scrive su varie riviste ed è intervenuta ed interviene in Radio e TV. Ha tenuto incontri e conferenze sulla violenza di genere a scuola e presso associazioni, taluni sponsorizzati da Regione Lombardia e patrocinati da vari Comuni italiani. Con un gruppo di studiosi ha chiesto, ottenendolo, alla Treccani.it di inserire la parola nonviolenza in un’unica forma verbale. Studiosa di relazioni, il suo sito è www.mariagiovannafarina.it

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