Tra lezioni di yoga e pioggia. Effetto mascara, la città si scioglie nello smog.
Davanti all’ingresso del negozio di panettiere si abbatte. La porta automatica è scivolata ai miei lati, per farla accedere con agilità, ma le gambe sono bloccate. Ecco che arriva l’onda di panico. La paura di chiedere due etti di pane comune l’assale, strozza le parole in gola. Tossisce forte per espellere il panico. Le persone la soccorrono, lei crolla sul marciapiede. Un’ambulanza la porta in ospedale. E’ un copione che si ripete quasi ogni settimana. Al Pronto Soccorso la conoscono. Ah è QUELLA. Avverte il disprezzo nella voce di chi invece dovrebbe essere compassionevole. Signora, non ha niente. Si riposi, trovi qualcuno che l’aiuti. Trovi qualcuno che l’aiuti. Trovi qualcuno che l’aiuti. Trovi qualcuno che l’aiuti. Trovi qualcuno che l’aiuti. Trovi qualcuno che l’aiuti. Trovi qualcuno che l’aiuti. Fosse facile.
Un’amica la porta a fare una lezione di yoga gratis. Le piace così tanto da sentirmi pronta per lottare contro il panico. Ci si iscrive. Passano i mesi. Cura meticolosamente la costruzione degli asana. Si documenta, prende passione.
Col tempo, ha sentito nascere dentro una forza che la spinge a dare il meglio di sé. Deve, ripeto a se stessa, DEVE eseguire in modo impeccabile l’asana del guerriero. Virabhadrasana. Virabhadrasana. Virabhadrasana. La sua mente non ce la fa ad imparare questi termini. E’ impedita. Con l’accento sulla terza a. Virabhadràsana. Virabhadràsana.Virabhadràsana. Virabhadràsana. À à à à à. Virabhadràsana. Virabhadràsana.
Le sembra strano che una posizione yoga prenda il nome di un guerriero. Gli yogi non sono forse noti per la loro natura non violenta? Ma DEVE non dimenticare che uno dei testi più venerati dal mondo induista, il Bhagavad-Gita, narra del dialogo tra il principe guerriero Arjuna e il dio Krishna che ebbe luogo su un campo di battaglia alla vigilia di uno scontro tra due grandi eserciti. Ciò che in realtà il nome di questa asana celebra, e che viene esaltato come ideale per tutti gli studenti di yoga, è il “guerriero spirituale”, che con coraggio si batte contro il nemico universale, ovvero l’ignoranza (avidya), la causa principale di tutte le nostre sofferenze.
L’amica che la portò l’ha abbandonata. Ora è contornata da sconosciuti. Sbircia le loro facce per capire se vi hanno dipinte le sue stesse domande. Sono tutti molto concentrati, con sguardi nobili e fieri, in avanti. La sola non concentrata è lei. Risolve di assumere la posizione da cui sta partendo lo yogi, la cosiddetta Tadasana, ovvero la Montagna. Poi la Virabhadràsana.
Con un’espirazione, apre i piedi a una distanza di un metro e mezzo circa l’uno dall’altro. Alza le braccia perpendicolarmente al pavimento (e parallelamente l’uno all’altro), e spinge le mani verso il soffitto, con un’attenzione precisa ai lati in cui si trovano i mignoli. Blocca le scapole contro la schiena e le spinge in giù verso il coccige. Ruota il piede sinistro in dentro, verso destra, di quarantacinque – sessanta gradi e quello destro in fuori, verso destra, di novanta gradi. Allinea il tallone destro con quello sinistro. Espira e ruota il busto a destra, parallelizzando il più possibile la parte frontale del bacino con il bordo anteriore del tappetino. Mentre l’osso dell’anca sinistra ruota in avanti, preme la testa del femore sinistro indietro per fissare il tallone a terra. Allunga il coccige verso il pavimento e inarca leggermente indietro la parte superiore del busto. Con il tallone sinistro ben fissato a terra, espira e piega il ginocchio destro sopra la caviglia destra in modo tale che lo stinco sia perpendicolare al pavimento. Gli studenti più flessibili riescono ad allineare la coscia destra in modo tale che sia parallela al pavimento. Lei no perché è impedita, come le ripete spesso uno del corso, sebbene lo yogi insista nel dire che debbono solo ascoltare i messaggi del nostro corpo, impedendoci così di assumere posizioni che risulterebbero eccessive e doloranti. Lo yoga non dovrebbe essere competizione. Eppure lei l’avverte tale.
Allunga con rinnovata energia le braccia in alto, sollevando la gabbia toracica lontano dal bacino. Mentre il piede dietro la fissa saldamente a terra, potrebbe sentire una sorta di spinta percorrere la gamba dietro e salire lungo l’addome e il petto fino alle braccia, se fosse davvero capace. Unisce i palmi delle mani, con le dita bene aperte. Spinge più in alto con i lati delle mani in cui si trovano i mignoli. Tiene la testa in posizione neutra e guarda avanti. Dovrebbe restare in questa posizione da trenta secondi a un minuto. Per scioglierla, inspira, preme il tallone dietro sul pavimento e, continuando a protendersi verso l’alto con le braccia, raddrizza il ginocchio destro. Ruota i piedi in avanti e abbassa le braccia con un’espirazione.
Negli spogliatoi, un tizio del corso le dice: A nostro avviso, meriti di più. Vostro? Vostro di chi? In un turbine dialettico le spiega che questo yogi non è un vero leader. Che lei ha bisogno di un leader in grado di apprezzare il suo impegno. Gli risponde che forse ha ragione, perché durante gli asana le capita di percepire la sua inadeguatezza, mai corretta dallo yogi. Sei fortunata ad avere me come compagno: io ne conosco uno che sarebbe la tua salvezza! La parola salvezza. Salvezza. Salvezza. Salvezza. Salvezza. Salvezza. Salvezza. SALVEZZA è il suo tarlo.
Ormai è al terzo mese dal nuovo yogi. Quel tizio l’ha iscritta per poi piantarla lì. Vi insegna quel nuovo Guru cui l’amico aveva accennato. Gli allievi sono invitati a chiamarlo Guru. l’ ha consigliata, raddrizzata, e, apprezzandone i progressi, l’ha inserita in un programma speciale. Speciale perché segreto ai non iniziati. In una parola, l’ha salvata dall’inettitudine. Verso il Guru avverte un enorme debito di riconoscenza. Il suo Guru le ha detto che è una Missione Salvifica. Lei si fida del suo Guru.
Oggi è il grande momento: lei sarà svelata la Missione Salvifica dal Guru. Monta sulla pedana, in cerca di un attrezzo per migliorare la sua camminata. La si deve confondere tra la folla, mentre la sua camminata naturale da indossatrice la fa spiccare. Eccolo: è un cilindretto di legno, del diametro di tre centimetri, lungo una spanna. Va posto sotto il piede, nella scarpa, per l’intera lunghezza del piede, così da risultare una camminata zoppicante. Deve poter zoppicare per confondermi nella normalità.
La pioggia le inzuppa i capelli. Effetto mascara, la città si scioglie nello smog. Le persone tutte ombrellate non se ne curano, verso la loro quotidiana dose di noia. Tira il cordino con energia. La pancia le esplode, nel suo sacrificio anti-noia.
Foto: fonte http://www.secoloditalia.it/files/2015/10/Strage11-670×274.jpg