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    Home»Donna e lavoro»Imprenditoria femminile»Un social café. L’idea di Alberto e Irene. A Milano
    Imprenditoria femminile

    Un social café. L’idea di Alberto e Irene. A Milano

    Cinzia FiccoBy Cinzia Ficco13/09/2015Updated:13/09/2015Nessun commento4 Mins Read
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    Non è facile oggi avviare un progetto in Italia  ma Alberto e Irene  ci stanno provando.

    da Tipitosti.it

    “Agli inizi abbiamo pensato di aprirlo all’estero, in Francia, dove ho insegnato per due mesi. Poi, però, abbiamo deciso di rimanere in Italia. La nostra, lo sappiamo, è una sfida tosta. Non è facile oggi avviare un progetto nel nostro Paese, ma, testardi, ci stiamo provando. E la nostra idea è un omaggio a Milano, la mia città”. http://www.cofficemilano.it

    A parlare sono Alberto Barazzetti, nato ventisette anni fa nel capoluogo lombardo, maestro di snowboard e sua moglie Irene Maestri, 25 anni, mantovana, insegnante di sci, che, sette giorni fa, hanno aperto Coffice Milano, il primo Social Café di Milano, nella zona di Porta Romana.

    Cento metri quadrati in tutto dalle tinte pastello, design nordico, dove puoi mangiare, lavorare, studiare, condividere progetti, organizzare meeting, eventi e rilassarti. Un format originale, dove si paga solo il tempo trascorso.

    Coffice infatti punta su un’offerta di servizi integrati che includono: la connessione wifi illimitata ad alta velocità, postazioni di lavoro dedicate a pc e tablet, scanner e stampanti oltre ad aree di co-working e meeting, per un totale di 40 posti. Ci sono poi angoli relax con divani e poltrone, in cui organizzare incontri informali e un corner dedicato al book sharing.

    “L’idea – spiega Alberto – ci è venuta quando eravamo a Parigi. Una sera siamo entrati in un bar come il nostro e abbiamo scoperto questo format, che esiste già anche a Londra, ma che è nato in Russia col nome di Ziferblat. http://london.ziferblat.net  Nella capitale francese ne hanno aperti tre in due anni. Coffice Milano in realtà è un po’ diverso da quello parigino. Noi sfruttiamo la bravura e la fantasia di Irene in cucina per proporre panini, insalate e un paio di piatti con cibi genuini. Il nostro menù non è molto variegato, perché stiamo puntando su altri servizi. In ogni caso per chi vuole, ci sono un microonde e un frogorifero. In futuro vorremmo aggiungerne altri servizi per i bambini, anche se servirebbe uno spazio maggiore”.

    Ma come funziona Coffice Milano? “Da noi – dice Irene – solo il tempo trascorso ha un costo. Per accedere al Social Cafè basta una tessera personale, consegnata all’arrivo, su cui viene segnato l’orario di ingresso e quello di uscita per calcolare le ore che hai trascorso. La prima ora costa 4 euro, dopo la prima ora ogni mezzora costa 1,50 euro. Ci sono tre tipi di abbonamento: uno giornaliero da 14 euro, uno settimanale da 65, un altro mensile da 200 euro. In genere viene da noi il libero professionista che ha bisogno solo di uno spazio per lavorare o rilassarsi e consuma pochissimo”.

    Top secret sull’investimento. Alberto si limita a dire che suo padre li ha aiutati tanto. “Avevamo intenzione di trasferirci – aggiunge– ma poi ci siamo detti: perché non provare a dare fiducia a Milano e ai milanesi? Pensiamo che questa città saprà apprezzare il nostro coraggio. Ho insegnato all’estero per alcuni mesi. Poi quando è nata Bianca, nostra figlia, un anno fa, abbiamo sentito il desiderio di tornare. Aprire Coffice è stato tostissimo. Abbiamo impiegato parecchi mesi per trovare la zona adatta. Qui, si sa, gli affitti sono alti e per partire dovevamo cercare qualcosa di più economico, nello stesso tempo spazioso e luminoso. Per fortuna abbiamo potuto contare sul sostegno delle nostre famiglie. In futuro? Coffice sarà una grande community e siamo sicuri che andrà bene.

    Ci sentiamo tosti 10 perché siamo giovani e ci siamo lanciati in un progetto davvero originale. In Italia ne esiste solo uno a Roma, aperto da pochissimo. Il nostro obiettivo è aprirne altri in tutto il Paese”.

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    Cinzia Ficco
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    Pugliese, classe ‘69, laureata in Scienze politiche, giornalista pubblicista, è responsabile del magazine www.tipitosti.it, il blog di chi non molla. Sposata, ha una bambina che si chiama Greta, si diverte a scrivere per lei racconti. Ha pubblicato Josuè e il filo della vita, Il re dalle calze puzzolenti, Tina e la Clessidra, con la casa editrice Edigiò. L’ultimo è Mimosa nel regno di sottosopra, pubblicato da Intermedia.

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    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

https://www.dols.it/2025/06/09/donne-di-pace-e-di-guerra/
    https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-n https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-non-amati/

La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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