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    Dol's Magazine
    Home»Pari opportunità»Pubblicità sessista a Milano
    Pari opportunità

    Pubblicità sessista a Milano

    DolsBy Dols09/07/2014Updated:11/07/2014Nessun commento7 Mins Read
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    pubblicità sessista
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    Donatella Martini presidente di DonneinQuota critica aspramente ciò che è stato fatto dal Comune di Milano contro  la pubblicità sessista.

    da http://www.arcipelagomilano.org/archives/33453

    Rompo gli induci e dico senza mezzi termini la mia. Contro la pubblicità sessista il Comune di Milano non ha fatto quel che doveva. Non voglio apparire come una guastafeste, né assumere un atteggiamento ipercritico. Intendo spiegare, dati alla mano, perché sono scoraggiata. E il verbo scoraggiare non rende appieno la mia posizione di presidente dell’associazione DonneinQuota, impegnata su questo fronte dal 2008, a partire dalla pubblicazione della Risoluzione del Parlamento Europeo sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini (2038/2008)

    Oggi la sensibilità dell’opinione pubblica è cambiata ed è più attenta a questi temi. Lo dimostra l’ultimo caso che ha fatto recentemente discutere (e meno male): quello della pubblicità Sant’Anna, con cui sono stati tappezzati i mezzi pubblici della città con tanto di succo di frutta associato alla gigantografia del sedere di una ragazza. Ma anche la campagna contro la pubblicità sessista che il Presidente dell’Art Directors Club Italiano (ADCI), il pubblicitario Massimo Guastini, ha lanciato nel 2013 e che in breve tempo ha raccolto decine di migliaia di firme.

    La metropoli che si prepara all’Expo 2015 ha grattacieli più alti, piste ciclabili che sembra quasi possibile attraversarla tutta in bicicletta, nuove stazioni della metro lilla, che è pure un bel colore. Ma, su molte facciate di antichi palazzi e su molti ponteggi che proteggono i cantieri, continuano a comparire gigantografie di donne-corpo, di donne-richiamo sessista per gli acquisti. Una infamante peculiarità milanese che Giuliano Pisapia, così sostenuto e trascinato verso la responsabilità di sindaco dalle associazioni femminili, non ha saputo (o non ha voluto?) azzerare.

    Come invece bisognerebbe fare e come ci aspettavamo che succedesse. È stato istituito un tavolo per fronteggiare l’emergenza civile della pubblicità offensiva in città, e il tavolo è rimasto solo. Uno a uno se ne sono andati tutti quelli che da anni – l’associazione che presiedo in primis – combattono le volgarità e le discriminazioni di genere che filtrano dai cartelloni affissi sotto i nostri occhi, senza che i nostri occhi possano fare alcunché per evitare di vederli. E assimilare, mi riferisco soprattutto ai più giovani, l’idea che del corpo di una donna, e di una donna, si possa fare tutto ciò che ci passa per la test

    La delegata del sindaco su questo tema, Francesca Zajczyk, subito dopo la nomina aveva ufficialmente dichiarato che il suo primo impegno sarebbe stata l’istituzione di un Giurì sulla pubblicità sessista. E il Giurì non si è mai neanche lontanamente visto. Si è vista, invece e addirittura, lo abbiamo denunciato su questo giornale chiedendone inutilmente lo stralcio, la delibera del 28 giugno 2013, “Indirizzi fondamentali in materia di pubblicità discriminatoria e lesiva della dignità della donna” che al punto 2 impegna il Comune a contrastare «le immagini volgari, indecenti, ripugnanti, devianti da quello che la comunità percepisce come normale, tali da ledere la sensibilità del pubblico».

    Più rileggo questo passaggio, più rifletto su questa delibera, e più non credo possibile che la giunta arancione di Milano abbia potuto partorire un simile obbrobrio. Che sostanzialmente legittima anziché contrastare l’abbassamento della percezione del livello di violenza sulle donne, inclusa quella che passa dai manifesti oltraggiosi della dignità femminile. Da menti aperte ed esperte era obiettivamente scontato aspettarsi qualcosa di meno normale e inefficace.

    E qui voglio fare autocritica. Ho commesso un errore nel non dire subito, pubblicamente e con energia, che l’istituzione di una figura-filtro sulla questione Pari opportunità, e dunque anche sessismo, era sbagliata e ambigua. Al di là dell’incisività e della competenza della delegata Zajczyk, é proprio il fatto che Giuliano Pisapia non abbia ritenuto di prevedere uno specifico assessorato (magari con portafoglio) che andava censurato.

    Subito. Senza tentennamenti, mediazioni e attese risultati poi del tutto vani. A rileggere oggi il suo comportamento, sembra che tutto l’impegno del sindaco dell’arcobaleno si sia esaurito con il 50 e 50 della formazione della giunta e poco altro. Per il resto, sull’enorme questione della città imbellettata di sessismo, la fascia tricolore di Giuliano Pisapia non si è imposta con la decisione che ci si aspettava.

    Per dare il senso di quanto sia grande il problema, ho chiesto a Paola Ciccioli, amica giornalista che spesso ospita le attività di DonneinQuota sul blog di Donne della realtà, di andare in Comune per capire, una volta per tutte quali siano i numeri interessati dal business della pubblicità stradale, quella a più alta incidenza di stereotipi e violenza visiva a Milano. Il quadro che Paola Ciccioli ha delineato grazie alla collaborazione dell’architetto Mario Zito e del direttore del settore pubblicità Fabio Mancuso è questo:

    1) L’affissione dei manifesti in città segue due strade. La prima afferisce direttamente al Comune, la seconda è data in concessione alle agenzie che gestiscono gli impianti privati. Questa è la premessa da tenere bene a mente.

    2) Sotto il diretto controllo comunale ci sono 3.114 strutture su cui affiggere le pubblicità e queste strutture occupano complessivamente una superficie di 24 mila metri quadrati. Qual è, invece, la superficie totale in mano ai privati che, senza vincoli di sorta, viene ricoperta da gigantografie in cui, troppo spesso, a un nuovo modello di macchina si affianca un sedere di donna, a un pacchetto di spaghetti in offerta speciale una bocca allusiva, a un nuovo brand di abbigliamento il più denudato possibile pezzo di corpo femminile? Questa superficie è pari a 300 mila metri quadrati, una città nella città, insomma. Senza leggi, senza controllo, senza l’obbligo di rispettare anche i più flebili richiami delle più equivoche delibere.

    3) Fatta 100 la torta pubblicità, dunque, il 93 per cento del business è in mano ai concessionari. Ciò che il Comune può ripulire con la delibera è soltanto il 7 per cento del totale. Lo spicchio direttamente gestito dall’amministrazione si traduce in introiti pari a un milione e 900 mila euro all’anno. La grande torta in mano ai privati, invece, porta nelle casse di Palazzo Marino intorno ai 9 milioni di euro ogni anno, che lievitano a 19 milioni se si includono anche le insegne di esercizio, cioè, per fare uno dei tanti esempi, quelle dei sexy shop (le cifre sono aggiornate a circa 3 mesi fa).

    Non sarà che non si vuole dare fastidio ai concessionari di pubblicità per timore che il flusso di denaro che entra nelle casse del Comune diminuisca? Lascio a voi l’ardua sentenza. Rimane il fatto grave, gravissimo che la Giunta Pisapia abbia adottato uno stile di “finto ascolto” del territorio ma alla fine – come chi l’ha preceduta – abbia fatto calare dall’alto le sue decisioni, oltretutto mal formulate e/o sbandierate come risolutive quando invece riguardano, come abbiamo visto, una esigua fetta dell’affare pubblicità.

    Alcune parole sul Protocollo che l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha siglato a marzo di quest’anno con l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), per la tutela della dignità femminile nelle affissioni locali. Si tratta dello stesso protocollo che la Ministra Mara Carfagna firmò nel 2011 con lo IAP e che non è stato mai applicato per mancanza di volontà politica. Ma come mai ce lo ripropongono a 3 anni di distanza? Non siamo riuscite a chiarire la questione con l’ANCI perché sia il presidente, Piero Fassino, che la responsabile alle Pari Opportunità, non hanno accettato di rispondere alle nostre domande, neanche per iscritto.

    In conclusione, riteniamo che Palazzo Marino debba aprirsi realmente a un percorso vero e costruttivo che coinvolga le realtà cittadine che da anni lavorano sul territorio per poter poi offrire alla città soluzioni che contrastino effettivamente il sessismo in pubblicità. Il sessismo è un problema culturale e come tale dovrebbe essere affrontato. Milano si deve proporre come laboratorio di sperimentazione educativa a partire dalle scuole materne.

    Il discorso è talmente ampio che ci riserviamo di approfondire tutti i punti sensibili confidando ancora nell’ospitalità di ArcipelagoMilano.

    Donatella Martini

    Presidente Associazione DonneinQuota

    Milano e Lombardia pubblicità sessista
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    Dols

    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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    torre.caterinadella

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    Storia di Kechic una sartoria e un marchio di abbi Storia di Kechic una sartoria e un marchio di abbigliamento italo africano. Nasce dall’incontro tra Valeria Zanoni e Cheikh Diattara Lui senegalese e sarto, lei italiana ed esperta di comunicazione. Prende origine da questa amicizia, dalla voglia di creare qualcosa di bello insieme e di condividerlo.

https://www.dols.it/2025/05/09/amici-di-ago-e-filo/
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L’8 maggio si è inaugurata al Museo di Arte Occidentale e Orientale la mostra di Анна Голубовская (Anna Golubovskaja dal titolo Punti di attrazione (2022-2025).

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Ti sei divertita con “I nomi da Indiani”? Hai creato la tua tribù e inventato la leggenda sull’origine del tuo nome? Per costruire il tuo nome sei ricorsa a ciò che dicono gli altri per identificarti quando non ti conoscono se non superficialmente. Hai usato le similitudini che vengono in mente pensando a te.

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Tali atti persecutori sono annoverati tra i reati sentinella della violenza di genere che risultano tra l’altro in aumento, come evidenziato nel report relativo all’anno 2024 “8 marzo Giornata internazionale della donna”, redatto quest’anno dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale.
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A trionfare sono state le donne: 7 David a Vermiglio di Maura Delpero mentre L’arte della gioia di Valeria Golino e Gloria! di Margherita Vicario hanno conquistato 3 premi a testa
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E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
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C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
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Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
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    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
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    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

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Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
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