Le donne rettore ( o rettrici) in Italia sono solo 5, su un totale di 78, e quasi tutte all’inizio del loro mandato. Partono in tante, con la carriera accademica, ma arrivano in pochissime: i ricercatori di sesso femminile sono 10.000 su un totale di 24.000, gli associati 5600 su 16.000, gli ordinari 3.000 su 14.457. La piramide che si restringe man mano che ci avvicina ai vertici. A Milano Bicocca Cristina Messa, a Trento Daraia de Pretis, a Siena, Monica Barni, a Napoli, Lida Viganoni, a l’Aquila Daria Inverardi, l’unica che ricopre il ruolo a volersi far chiamare rettrice.
E anche a Bari, la guida dell’ Ateneo è in mano agli uomini, ma qualcosa si sta muovendo nelle coscienze machili Vediamo cosa scrive un giornalista e scrittore amico di dols, Alessio Viola.
Il Governo dell’Università Senza Nessuna Professoressa
L’Università di Bari ha un nuovo «governo», dopo aver eletto il nuovo rettore. Si tratta di dieci «ministri», compreso il prorettore, che dovranno amministrare, nelle varie branche, una macchina grande e complessa come l’Ateneo intitolato ad Aldo Moro. Scorrere l’elenco dei nomi fornisce, al di là delle capacità delle singole persone, un dato preoccupante su cui riflettere: a Bari nessuna donna è in grado di occuparsi, in nessun ruolo, della guida dell’università. Decine di migliaia di studenti, centinaia di docenti, assistenti borsisti ordinari precari, centinaia di istituti in decine di facoltà, un numero enorme di consorzi partecipati eppure niente, non si riesce a trovare, neanche con la lanterna di Diogene una donna, una purchessia! in grado di ricoprire i ruoli di dirigenza.
Almeno, non fra i primi dieci. Probabilmente dall’undicesima posizione in poi ci sarà un diluvio di professoresse e ricercatrici dalle mille qualità, cui in futuro è certamente riservato un ruolo decisivo. Per ora, niente. Si tratta sicuramente di una svista, il nuovo rettore è persona di alto profilo intellettuale ed etico, e sia detto senza nessuna ironia. Per questo stupisce ancor di più il tipo di scelta fatta. «Dimenticarsi» delle donne è forse ancor peggio che scegliere di emarginarle. Nell’un caso o nell’altro una boiata. Unico rimedio possibile, la riscoperta del ruolo di «gentiluomini» da parte dei nominati. Che meraviglia di università d’altri tempi sarebbe se, domani, ognuno di loro rimettesse il mandato nelle mani del Magnifico indicando una collega in grado di sostituirlo! Ci sono fondati motivi per credere che non accadrà.
Corriere del Mezzogiorno di domenica 10 novembre