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    Dol's Magazine
    Home»Donna e lavoro»L’identità lavorativa di ogni donna
    Donna e lavoro

    L’identità lavorativa di ogni donna

    DolsBy Dols04/07/2013Updated:23/06/20141 commento8 Mins Read
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    da donnesenzaguscio

    Il vero nocciolo è l’identità lavorativa di ogni donna

    Pina Grimaldi, Direttore Organizzazione e Sistemi , Centro Direzionale di un Gruppo ospedaliero

    L’organizzazione del lavoro è considerata da tempo una delle problematiche da affrontare per consentire alle donne la continuità nel lavoro, quando questo si scontra con le esigenze di dedicare tempo ai figli e alla famiglia: due ambiti che si contendono il tempo di vita. Con la fatica di coniugare i tempi e ritmi diversi in una continua altalena e con incredibili equilibrismi. Per questo le aziende all’avanguardia si sono spese con soluzioni che in qualche modo vanno incontro ai tempi delle donne: job sharing, part time verticale, lavoro telematico etc… Pur riconoscendo il valore di queste politiche, che, se non altro aiutano a risolvere problemi contingenti, queste non mi hanno mai convinta del tutto: le organizzazioni tendono a semplificare la portata di tali problemi e queste forme di part time diventano lo strumento più facile su cui scaricare la risoluzione di problematiche complesse.

    Il vero nocciolo che ritengo fondamentale è piuttosto l’identità lavorativa di ogni donna. La società, l’azienda e spesso le stesse donne tendono ad affrontare il problema complesso della cura con la modalità più semplice: consentiamo alle donne di stare più tempo a casa, a discapito dell’identità di lavoratrice. Ma chi ha vissuto il distacco dal proprio ambiente di lavoro a seguito della nascita di un figlio, sa che è un’esperienza difficile, malgrado le gratificazioni di essere madre. Da un giorno all’altro passi ad essere estraniata da quello che si è vissuto intensamente fino a pochi mesi prima, si sperimenta un’esperienza di solitudine e di isolamento poco analizzata e quasi mai condivisa con altre donne. Il motivo è chiaro: come può una giovane madre dire di sentire la mancanza di un ufficio, delle relazioni con i colleghi, degli scontri con il proprio capo, se sta a casa a curare il proprio figlio? I sensi di colpa non mancano. Mentre un giovane padre ha tutta la solidarietà dei colleghi che annuiscono comprensivi ad affermazioni quali: ‘preferisco lavorare che stare a casa, perché almeno qui mi riposo’.

    Le donne si trovano catapultate in una dimensione che le estranea dalla loro vita di lavoro e che alla fine può portare a rinunciare alla propria identità di lavoratrice (totalmente, o accontentandosi di lavori meno qualificati, come di solito avviene lavorando part time), perché quella di madre è indubbiamente più importante, sia personalmente che socialmente. Ma in realtà non si ha la possibilità di scegliere veramente, di scegliere tutt’e due queste parti di sé. E’ indubbio che un bambino piccolo ha bisogno di una presenza genitoriale costante, ma guarda caso chi deve rinunciare alla propria identità lavorativa è la madre; quando si pone il problema di chi mette da parte non solo la carriera, ma la propria identità nel lavoro è sempre la madre. Il problema dell’organizzazione del lavoro per i genitori si pone come un problema delle donne e non delle famiglie.

    Nella mia esperienza personale ho vissuto questo percorso, ma sono stata fortunata, in quanto non mi è stato dato, malgrado me, la possibilità di rinunciare al mio ruolo professionale. Quando, giovane madre con un bimbo piccolo, avevo messo da parte la mia vita professionale, sono stata riportata alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra la mia vita familiare e la mia identità lavorativa. Paradossalmente, l’aiuto mi è arrivato dal grande Capo che ha rifiutato il rinnovo del part time, come per dire ‘adesso basta’. Quello stop alle mie paure è stato salutare, mi ha messo in condizione di valutare le mie priorità, dare loro importanza, e mettendo ogni cosa al suo giusto posto. Mi ha aiutato a dare un valore alla mia vita lavorativa e al mio valore di donna. Riflettere sul mio percorso non sempre equilibrato, mi ha consentito di non perdere di vista i miei obiettivi personali, che sono solo i miei. Questo percorso è stato difficile, e non si è mai concluso: quando i normali problemi familiari si scontrano con il mio tempo di lavoro, la tentazione di risolverli con la maggiore presenza è tutt’oggi la risposta ovvia, ma non sempre quella giusta.

    Come la negazione alla mia richiesta di prolungare la presenza accanto a mio figlio mi ha aiutato a trovare la mia strada, così ho fatto con le mie collaboratrici -importanti per il nostro gruppo- che richiedevano il part time. L’alternativa che avevo era questa: rinunciare a loro, alla loro professionalità, oppure trovare una soluzione diversa con loro. Non ho dato per scontato la semplice concessione del part time che le avrebbe poste fuori dal ruolo professionale, ho parlato con loro, ho chiesto di riflettere sul valore che davano alla loro vita lavorativa. E quando questo è avvenuto, ho cercato poi di trovare insieme degli aggiustamenti che non avrebbero apportato cambiamenti significativi allo svolgimento dell’attività, ma molto nelle loro vite (aggiustamenti che a me non erano stati comunque consentiti). In particolare, ho ridefinito i loro ruoli concentrandoli sulla parte più qualificata, eliminando i compiti meno importanti, e riorganizzando il lavoro del gruppo per consentire l’inserimento del part time. Nel far questo ho posto però delle condizioni: avrebbero dovuto essere parte integrante del gruppo, non isolarsi e non abbassare le prestazioni. Questa chiarezza ha funzionato, e per la prima volta abbiamo parlato di identità nel lavoro, di quanto è necessario sentirsi parte di un lavoro comune e avere relazioni positive, di quanto la propria identità si costruisce anche attraverso il lavoro con gli altri. Sicuramente quello che ha giovato più di tutto è stato aiutarle a riflettere su come si sarebbero sentite meglio nel lavoro, se lo avesse affrontato con l’obiettivo di trarne un riconoscimento per le loro capacità, applicare i propri talenti al lavoro oltre che alla gestione familiare.

    Nella mia esperienza l’organizzazione del lavoro è importante per la vita lavorativa delle donne, ma non può essere l’unica modalità, la soluzione va gestita a più livelli. Il lavoro delle donne deve avere valore e deve essere considerato prezioso per la differenza che porta nell’azienda: è necessario crederci. Per un’organizzazione è più semplice concedere il part time, spostare le persone su competenze meno centrali e puntare su altre risorse: questa è la modalità consueta. Chi ti chiede il part time, forse, ti sta dicendo che rinuncia al valore che per lei ha il lavoro perché non vede un’altra possibilità. Ecco perché penso che le donne vadano sostenute soprattutto nella fase delicata del rientro da una maternità, perché credo sia importante che ognuna possa potere scegliere e dare valore a quello che sta facendo. Tutto questo si può fare solo con la consapevolezza delle donne, parlando e cercando insieme le soluzioni. Al contrario è inutile.

    Questa consapevolezza del valore dell’identità di lavoratrice, è stata importante nella gestione del mio gruppo di lavoro e la stessa attenzione è stata riservata anche agli uomini, perché riconoscere il valore dell’identità di lavoratore ad un padre che accudisce un figlio, che ne condivide la cura, è l’altra faccia della medaglia della coerenza. In questi anni ho promosso una diversa identità sul lavoro, probabilmente con varie contraddizioni, che erano le stesse che stavo vivendo personalmente.

    Mi piace pensare che il miglioramento della performance lavorativa di queste persone sia in parte dovuta al giusto mix tra organizzazione del lavoro (banale part time) e l’idea della identità ritrovata, e che abbia in qualche modo giovato alla coesione del gruppo di lavoro. Sostenere l’identità professionale delle donne soprattutto nella fase delicata della maternità è fondamentale per introdurre un cambiamento nella cultura aziendale. Cambiare la cultura aziendale significa dimostrare, incoraggiare, valorizzare, sostenere l’importanza del contributo delle donne nella conduzione dell’azienda.

    Questo riconoscimento del valore femminile e della necessità di sostenere l’identità lavorativa delle donne non è oggi un valore in azienda. Si assiste più spesso a una forma di tolleranza dell’assenza per maternità o al minore orario per l’allattamento, piuttosto che a un reale riconoscimento e sostegno per una fase della vita delle persone. Se questo è unito alla disponibilità delle donne a ‘rinunciare’ alla propria identità lavorativa, allora il quadro rimane lo stesso, immutabile nel tempo. Nella cultura aziendale continuerà a persistere l’idea che le donne costituiscono una presenza opzionale dipendente dalle esigenze della propria famiglia, e al contrario quelle che resistono sono ‘eroine’ o madri snaturate. Il valore dell’esperienza della maternità, le competenze che le donne e gli uomini acquisiscono dall’esperienza così importante di avere un figlio, resta inespresso, inutile in azienda, se non confacente ai ritmi e dettati dell’organizzazione del lavoro. Mentre potrebbe arricchire anche la vita aziendale.

    Se oggi è difficile fare questo ragionamento in azienda, almeno le donne con responsabilità aziendali hanno il compito di valorizzare la presenza delle donne e di dare sostegno. E nel fare tutto questo costruire la propria autorevolezza per realizare un significativo cambiamento nella cultura aziendale.

    donne senzaguscio Pina Grimaldi
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    Dols

    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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    1 commento

    1. Francesca Lemmi on 07/07/2013 14:39

      Condivido il pensiero di chi scrive, sia come mamma che come psicologa che si occupa di questioni femminili. Infatti ritengo che il paradosso della nostra società stia proprio nel fatto che da una parte, si incentiva e che ci sia aspetta che una donna porti avanti la scelta di diventare madre, dall’altra, però, quando questo veramente si realizza, viene spesso lasciata da sola nella difficile condizione di trovare un equilibrio e una conciliazione che non sempre trova un epilogo nello scenario atteso, desiderato e voluto… Sia per esigenze familiari che per ostruzionismo nell’ambito del lavoro, spesso le donne si trovano a dover sacrificare la propria professione oppure a vivere pesanti condizioni di stress nel tentativo di portare avanti tutto. Ritengo anch’io che la soluzione non stia tanto in un part-time, o per lo meno non sempre, ma piuttosto nel cercare non da sole, ma insieme all’azienda e al team, l’integrazione migliore così da essere più soddisfatte, serene e proficue sia in casa che al lavoro…partirei intanto da due aspetti: lavorare per obiettivi, senza cartellini e orari; contemplare la maternità come non solo un’eventuale fase fisiologica nella vita di una donna e di una coppia, ma anche un potenziale che potrebbe apportare molto anche in ambito lavorativo (sia in termini di abilità e capacità trasversali sia in termini di gratificazione e realizzazione).

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    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Terrazzo un fiore Terrazzo un fiore
    https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gi https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gioco/

E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
    https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yok https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yoko/
C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
    “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
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    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
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    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

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Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
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Cambiare vita, dare spazio ai propri desideri e fare quello che davvero ci piace è il sogno di molti,
ma realtà per pochi. Lo conferma l’analisi di Hays Italia in collaborazione con Serenis, il 40% degli
intervistati non è per nulla contento della propria condizione lavorativa e il 60% pensa con
regolarità a un cambio radicale della propria esistenza.

https://www.dols.it/2025/04/16/francesca-rizzo-imprenditrice-di-successo-a-bali/
    Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare.

Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è stato misurato in base alla capacità di adattarci, di “assomigliare” alla cultura dominante? Ma questa non è una dinamica esclusiva delle migrazioni o della religione. Ovunque, gruppi diversi si osservano con sospetto. Il “diverso” fa paura.

Se ci spostassimo in un villaggio del Togo, del Senegal, del Congo, del Tibet, della Birmania o del Perù, troveremmo le stesse dinamiche: anche all’interno della stessa etnia, le tribù si guardano con diffidenza. Come se l’altro fosse meno degno, meno umano. È un istinto antico, quasi animale, nato dal bisogno di proteggere il proprio spazio. Ma qui nasce il paradosso: gli animali conoscono il proprio territorio e lo rispettano. Noi esseri umani, invece, non facciamo altro che invadere, appropriandoci, giudicando, alimentando paure e pregiudizi grandi come montagne.
https://www.dols.it/2025/04/16/pregiudizi-paura-e-confini-invisibili-il-difficile-cammino-dellumanita-verso-laccettazione/

⸻
    Regia di Guido Chiesa Prodotto da Iginio Straffi e Regia di Guido Chiesa
Prodotto da Iginio Straffi e Alessandro Usai
Con Micaela Ramazzotti, Edoardo Leo, Gloria Harvey, Andrea Pisani, Anna Bonaiuto
Al cinema dal 17 aprile
https://www.dols.it/2025/04/15/30-notti-con-il-mio-ex/
    https://www.dols.it/2025/04/14/shirin-neshat-a-mil https://www.dols.it/2025/04/14/shirin-neshat-a-milano-al-pac-con-body-of-evidence/

E’ la prima ampia mostra personale in Italia dell’artista iraniana; che attraverso le sue opere filmiche e fotografiche esplora le rappresentazioni identitarie del femminile e del maschile nella sua cultura.
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