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    Home»Costume e società»”Pulir via” la pubblicità sessista
    Costume e società

    ”Pulir via” la pubblicità sessista

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre28/03/2013Updated:21/06/20144 commenti5 Mins Read
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    di Francesca Maria Montemagno

    28 marzo 2013: un giovedì mattina ordinario. In realtà un giovedì mattino iniziato con un sorriso in più e un cappuccio aromatizzato. Pronta per una giornata di lavoro prima della pausa dovuta alla Pasqua. Vado verso l’ufficio. Scarico le mail di lavoro, sbircio la casella privata e apro Facebook.

    Trovo un messaggio da parte di una professionista con cui condivido passione e serietà per un mestiere nella comunicazione e nel marketing. Leggo e mi rendo conto di essere davanti ad una segnalazione di una campagna di comunicazione. Il prodotto comunicato è uno di quei prodotti per tenere linda e pulita la nostra casa. Penso subito all’ennesimo caso di campagna sessista dove la donna si eccita davanti ad una libreria impolverata e si avventura in porno-pulizie trasformandosi in un oggetto di piacere contro ogni identità. Pubblicità che tolgono dignità’ alla donna protagonista e ai consumatori destinatari dello spot lasciati in balia di stereotipi troppo basici. Pubblicità non degne di questa definizione e che sfuggono alle regole di base.

    Visualizzo l’annuncio e rimango incredula: un corpo di donna riverso su un letto dalle lenzuola scomposte e di cui non è possibile vederne il volto. Sulla parete alle spalle del letto un’ombra che evoca la ferocia dell’accanimento contro il corpo femminile e infine seduto sul bordo l’uomo con un ghigno tra il furbo e lo stupido pronto a cancellare – grazie al “candido” panno ELITE prodotto da CLENDY – la traccia del misfatto. Ecco vi ho appena descritto l’annuncio che – come mi è riferito – troneggia in affissione a Napoli ma che viene con orgoglio presentato anche all’interno della pagina aziendale su Facebook.

    Con sconcerto capisco di non essere di fronte all’ennesimo cattivo esercizio pubblicitario che trasforma uno spot a sostegno di un prodotto o di un servizio in un condensato sessista a danno di un’identità di genere, più comunemente a danno dell’identità delle donne ridotte a corpi o peggio ancora a oggetti.

    Con l’annuncio dedicato al prodotto ELITE si va oltre. Si gioca con i fatti di cronaca, con il dolore e con un fenomeno che non sembra arrestarsi. L’iniziativa della spettabile CLENDY offende in prima battuta le vittime di femminicidio e il dolore dei loro familiari. Si offende la società civile fatta di uomini e donne. Si contribuisce ad arrestare la naturale evoluzione cui gli esseri umani dovrebbero tendere lasciando spazio alla violenza e al dilagare della superficialità.

    Con un simile spot non si può conquistare il consumatore. E non lo dico solo come donna. Lo dico da professionista che da 18 anni a questa parte respira e ama respirare un mondo fatto di media e spot a favore di progetti e di imprese che vogliono creare e costruire.

    Davanti ad una piaga della società contemporanea come quella del femminicidio nessun gioco, nessuna intenzione di provocare possono trovare ragione e giustificazione. La Vostra iniziativa va condannata senza remore da parte di chi è dotato di sensibilità e dignità. Promuovere un prodotto per la cura della casa dovrebbe significare altro.

    Inizio a navigare sul sito Clendy consapevole di incrementare le visite di quelle pagine web. Scorro poi con attenzione i post sulla  pagina su Facebook ancora una volta incredula: davanti agli occhi claim del tipo “per chi ama i piccoli gesti”, “una nuova eleganza”, “la felicità non è altro che il profumo del ns. animo”. Promesse di prodotto non mantenute.

    Probabilmente affannati da documenti di budget e di previsione vendite i responsabili hanno trascurato la lettura di un quotidiano o la visione di un tg. Sono stati trascurati numeri importanti fatti di nomi propri di persona: nel 2012 più di 120 donne sono state uccise, spesso tra le mura domestiche e ancora più spesso per mano di quel compagno di vita che si era ripromesso di amarle, rispettarle e onorarle. Si proprio quell’uomo che l’azienda CLENDY invita a non lasciar traccia grazie al panno ELITE! Clendy con i suoi stracci pulisce via una serie di gesti che sono definiti inconsulti e che macchiano quell’ambiente intimo e famigliare.

    Un fenomeno quello del femminicidio che non accenna a placarsi e dall’inizio dell’anno purtroppo nuovi nomi di donne popolano le cronache. Infatti da gennaio a oggi nuovi omicidi a danno di donne sono stati commessi. E’ trascorso un nuovo 8 marzo e da più parti si è denunciato il bisogno di mettere in pratica una tutela più stretta ed efficace.

    Che cosa è lecito chiedere all’azienda CLENDY? Un gesto semplice: rimuovere quei cartelloni, annullare la campagna e modificare la pianificazione delle prossime uscite pubblicitarie. O forse un nuovo annuncio. Sullo sfondo dell’annuncio un panno elite su cui scrivere le scuse a quelle 126 donne uccise nel 2012 e uccise nuovamente nell’annuncio del 28 marzo 2013.

    Allora cari Signori e Signore della spettabile CLENDY vi saremo grati e forse acquisteremo i vostri prodotti, se non altro per pulire via questa pagina pubblicitaria e aziendale vergognosa.

    Francesca Maria Montemagno

    Vice presidente di Pari o Dispare, comitato per la promozione della valorizzazione di genere
    Essere Umano
    Donna
    Professionista della Comunicazione

    SE VOLETE CONTRIBUIRE ALLA RIMOZIONE DELLA PUBBLICITA’ FIRMATE QUI LA PETIZIONE:

    https://www.change.org/it/petizioni/clendy-ritirate-la-pubblicit%C3%A0-ispirata-al-femminicidio?utm_source=action_alert&utm_medium=email&utm_campaign=21358&alert_id=JCZDQsQeZF_GxlLfdaYUR

    pubblicità sessista pulire via
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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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    4 commenti

    1. francesca maria montemagno on 28/03/2013 17:22

      …. e diciamolo sono anche vice presidente di Pari o Dispare, comitato per la promozione della valorizzazione di genere che si e’ tanto impegnata per una comunicazione nei media contro gli stereotipi… http://www.pariodispare.org

      Reply
    2. eleonora terrile on 28/03/2013 17:51

      Ottimo lavoro Francesca.
      Chiunque fa comunicazione sa che le parole e le immagini hanno un peso.
      Che ogni media ha un potere.
      E che fra tutti i media, l’affissione è quello più invasivo e contro il quale nessuno ha la possibilità di “cambiare canale/voltare pagina/cliccare altrove, insomma: non vedere.
      Le affissioni, spesso poste vicino a scuole e a luoghi ad alto passaggio di minori, dovrebbero essere create con altissimo senso di responsabilità.
      Questo discorso vale per tutti i media, certo, ma deve assolutamente essere LEGGE per l’affissione.

      Per fortuna esiste qualche modo per difendere noi e tutti i cittadini.
      La segnalazione allo IAP, come hai indicato.
      La sensibilizzazione attraverso iniziative, convegni.
      E poi, abbiamo l’arma letale per qualunque azienda: il rifiuto ad acquistare prodotti comunicati in modo offensivo/realizzati senza il rispetto dei lavoratori/etc…

      Spero anche io, come te, che Clendy ripulisca questa brutta pagina della sua storia. Solo allora potrò prendere in considerazione l’idea di provare i suoi panni detergenti.

      Reply
    3. Rosa on 28/03/2013 23:15

      Condivido. Non acquisterò prodotti che utilizzano pubblicità del genere.Sono stufa di cattivo gusto e mancanza di rispetto.

      Reply
    4. anna maria acone on 29/03/2013 08:47

      Grazie: mi consola il fatto che ci siano persone “del mestiere” che abbiano lo spazio, la volontà e la capacità di mettere alla berlina chi, aziende e pubblicitari, sfrutta una situazione grave per le donne, presente da sempre ma conosciuta da poco per la sua nefandezza e diffusione. Grazie. Ed evitiamo di aiutare chi produce e pubblicizza in modo discriminatorio ed insultante prodotti che, pur utili, noi non vogliamo acquistare più.

      Reply
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