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    Dol's Magazine
    Home»Pari opportunità»L’equilibrio di genere negli enti locali
    Pari opportunità

    L’equilibrio di genere negli enti locali

    DolsBy Dols10/10/2012Updated:16/06/2014Nessun commento5 Mins Read
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    Per saperne di più….

    di Avv. Ileana Alesso

    Domani il disegno di legge viene discusso in Senato

    Domani verrà posto in discussione in Senato il disegno di legge sul “riequilibrio di genere” negli enti locali, che prevede un’importante riforma elettorale e una serie di disposizioni che attengono alla equa rappresentanza di donne e uomini nelle giunte comunali, provinciali, negli enti e nelle aziende ed istituzioni da essi dipendenti.

    Il disegno di legge giunge in aula con un testo diverso da quello approvato alla Camera, poiché nell’ambito dei lavori della Commissione Affari Istituzionali del Senato è stata apportata una modifica alla riforma elettorale, mediante una deroga alla sanzione della ricusazione prevista per le liste che non rispettino il criterio secondo il quale “nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati”.

    Mentre nel testo originariamente licenziato dalla Camera tale (efficace) sanzione era prevista per tutti i Comuni dai 5.000 abitanti in su, ora la ricusazione della lista riguarda soltanto i Comuni con più di 15.000 abitanti.

    Così facendo, è stato, quindi, introdotto un regime sanzionatorio differenziato tra Comuni a seconda del numero degli abitanti, che indebolisce l’obiettivo di promozione della parità di genere su una vasta comunità di piccole, ma numerosissime, realtà locali (oltre 3.735, pari a circa il 46% degli attuali comuni italiani) diffuse su tutto il territorio nazionale.

    Un elemento invece positivo è l’adozione della “doppia preferenza di genere”. Ciascun elettore potrà esprimere, in sede di voto, due preferenze che devono riferirsi a candidati di sesso diverso, a pena di annullamento della seconda preferenza. Il disegno di legge ha importato la doppia preferenza dalla legge della Regione Campana del 2009 che, superato il vaglio di costituzionalità, è diventata un esempio di best practice. A seguito della sua introduzione le consigliere regionali sono passate da 2 a 14.

    Ciò è stato ottenuto semplicemente grazie alla possibilità offerta al corpo elettorale di esprimere contestualmente una preferenza al maschile e una al femminile, a riprova del fatto che la “doppia preferenza” è un’efficace “azione positiva” diretta “a superare il rischio che diversità di carattere naturale e biologico si trasformino arbitrariamente in discriminazioni di destino sociale”, come ha sottolineato la stessa Corte Costituzionale.

    Tale meccanismo è talmente efficiente che, l’occasione di questo disegno di legge, avrebbe potuto essere colta anche per un rafforzamento degli obiettivi della Legge Golfo-Mosca, richiedendo alle singole amministrazioni di disciplinare nei propri statuti le modalità di designazione e di nomina dei componenti degli organi delle proprie controllate, ricorrendo, ad esempio, proprio a sistemi di “doppia preferenza di genere”.

    Un disallineamento rispetto alle recenti pronunce del giudice amministrativo si riscontra laddove il provvedimento in esame, con riferimento ai procedimenti non elettivi e, quindi, alle designazioni nelle giunte e negli organismi collegiali di comuni e province (nonché negli enti, aziende e istituzioni da esse dipendenti), richiede soltanto la “presenza di entrambi i sessi”, in modo che la presenza di un’unica donna in organi composti da numerosi membri potrebbe essere sufficiente a soddisfare l’equilibrio di genere.

    Questa impostazione confligge con la pietra miliare posta sul punto il 21 giugno scorso dal Consiglio di Stato, che, al contrario, ha chiaramente specificato che il riequilibrio di genere deve essere inteso come “la uguaglianza, o sostanziale approssimazione ad essa di uomini e donne nelle posizioni di Giunta” (Sezione V, n. 3670/2012).

    Tale approssimazione è comunemente parametrata a una soglia non inferiore a un 1/3 approssimata all’unità superiore: questa proporzione è coerente alla riforma elettorale sopra citata e ai contenuti della legge Golfo-Mosca, che, in entrambi i casi, fissano proprio in un terzo il criterio sul quale calcolare l’equilibrio del genere meno rappresentato. Potrebbe essere opportuno un espresso richiamo alla legge n. 120/2011, al fine di evitare che la sua mancata menzione possa ingenerare conflitti, con riferimento alle designazioni “negli enti, nelle aziende e nelle istituzioni dipendenti” da province e comuni.

    Dà adito a perplessità, infine, il fatto che laddove il TAR Lazio (con sentenza n. 6673/2011, Sezione II) è intervenuto per porre rimedio ad una situazione di evidente squilibrio, annullando la composizione della giunta del Comune di Roma – che contava una sola donna su 12 componenti -, il disegno di legge in esame abbia proprio introdotto una norma che consente a Roma Capitale la facoltà di adempiere gli obblighi sulla parità di genere con la presenza di un’unica donna nella propria giunta (vedi combinato disposto di cui all’art. 2, ultimo comma, del disegno di legge e dall’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 17 settembre 2010 ivi richiamato).

    L’auspicio è che domani nell’ambito della discussione in Senato venga adottato qualche correttivo a questo provvedimento, che comunque rappresenta un ulteriore importante passo nella direzione dell’equilibrio di genere.

    Avv. Ileana Alesso, Avvocato Amministrativista, Membro del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Milano e Avv. Romina Guglielmetti, Partner di Santa Maria, Studio Legale Associato, Membro dell’Advisory Board del Progetto PWA, Ready for Board Women 09 ottobre 2012

    comuni riequilibri di genere
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