di Rosa Enini & Adriana Perrotta Rabissi
Le prime interlocutrici sono proprio le giovani generazioni, e per esse le scuole che ne intercettano il grande potenziale intellettivo.
A sei mesi dalla nascita del gruppo nazionale“ Toponomastica femminile”, fondato da Maria Pia Ercolini con l’intento di “impostare ricerche, pubblicare dati e fare pressioni su ogni singolo territorio affinché strade, piazze, giardini e luoghi urbani in senso lato siano dedicati alle donne, per compensare l’evidente sessismo che caratterizza l’attuale odonomastica”, siamo in grado di delineare un panorama di massima, seppure ancora incompleto, della situazione delle città e dei paesi lombardi, e di tratteggiare un primo quadro delle risposte ottenute nella regione in merito ai vari progetti proposti e sostenuti dal gruppo.
Abbiamo censito, fino ad ora, 98 comuni su 1334, pari al 7% del totale.
L’esiguità del dato, già di per sé fornisce informazioni significative. La difficoltà principale sta nel reperire mappature e stradari aggiornati e affidabili: raramente pubblicati in rete, essi vanno richiesti direttamente alle istituzioni locali, ma pur avendo spedito mail esplicative e dettagliate a tutti i Sindaci e Comuni della regione, le risposte sono state limitate.
Mentre numerose Amministrazioni delle province di Milano, Varese, Mantova e Pavia hanno dato seguito alla richiesta inviandoci i loro stradari e consentendoci di censire il 20% dei Comuni, le province di Como, Bergamo, Brescia e Lecco hanno mostrato scarso interesse all’iniziativa. Fanalini di coda le province di Sondrio, Cremona e Lodi da cui non è pervenuta alcuna risposta.
La Provincia di Milano si è distinta per l’adesione al progetto 8marzo: 3 donne, 3 strade, avviato in occasione dell’8 Marzo scorso. Molti Comuni hanno fatto propria l’iniziativa di dedicare i prossimi tre luoghi pubblici ad altrettante figure femminili di rilievo, a livello locale, nazionale e internazionale.
Le cittadine di Sesto San Giovanni, Rho, Novate Milanese, Motta Visconti, Lecco, Erbusco e Masnaga hanno anch’esse adottato delibere in tal senso, o si sono impegnate a farlo.
Nella toponomastica, la Lombardia non si discosta da quanto emerso a livello nazionale: nella maggior parte delle città, compresi i capoluoghi di provincia, la presenza di odonimi femminili si situa in una fascia compresa tra il 3 e i 5% del totale.
I dati dei censimenti riferiti ai capoluoghi di provincia sono i seguenti:
– a Milano su un totale di 4194 strade, piazze, viali e corsi 2435 sono intitolati a uomini e 132 a donne;
– a Varese su un totale di 949, 458 a uomini e 25 donne;
– a Mantova su un totale di 662, 347 a uomini e 33 a donne;
– a Brescia su un totale di 1392, 607 a uomini e 24 a donne;
– a Monza su un totale di 746, 440 a uomini e 24 a donne;
– a Lecco su un totale di 482, 240 a uomini e 11 a donne;
– a Cremona su un totale di 900, 400 a uomini e 20 a donne;
– a Bergamo su un totale di 1011 solo 27 strade sono intitolate a donne.
– Di Sondrio, Como , Lodi e Pavia non possediamo ancora dati certi.
In tutte le realtà finora mappate, le donne alle quali sono state intitolate strade, piazze e viali rientrano in prevalenza nelle tipologie di sante, beate e declinazioni della figura della Madonna.
È evidente che i meriti per i quali si riconosce alle donne il diritto di memoria sono innanzitutto di natura comportamentale: sante, beate e vergini offrono prima di tutto modelli di identificazione suggeriti alle ragazze e funzionano da “monumento”, in senso etimologico di ammonimento, per tutte e tutti, secondo la divisione patriarcale del lavoro e la conseguente codificazione dei ruoli sessuali.
Tra le laiche sono frequenti madri e mogli dei “padri della patria”, del recente passato storico e anche del Medioevo; qualche poeta, qualche scrittrice, e qualche pedagogista: in particolare ricorrono le figure di Ada Negri, Maria Montessori e Grazia Deledda.
Esigua è poi la percentuale di vie dedicate a figure femminili che si siano distinte nella lotta partigiana o che abbiano preso parte ai lavori della Costituente, momenti fondanti del nostro Paese.
Con i progetti “Partigiane in città” e “ Largo delle Costituenti” il gruppo Toponomastica Femminile ha raccolto in un unico documento le storie di queste donne segnandone i luoghi pubblici a loro dedicati nei territori analizzati: dei 98 censimenti lombardi soltanto in 5 Comuni troviamo strade, piazze o giardini dedicati a Nilde Iotti.
Molto rimane da fare, sia per incrementare l’invio degli stradari, sia per sensibilizzare i Comuni che si sono dimostrati fino a oggi più refrattari alle diverse iniziative.
In questo senso il recente patrocinio accordato dall’ANCI alla ricerca e al futuro congresso nazionale, che si terrà a Roma il 6 e 7 ottobre prossimi, può costituire una spinta importante per sensibilizzare e muovere l’interesse in merito alle questioni toponomastiche.
Da segnalare, in regione, l’esperienza di due scuole superiori di Lodi che hanno aderito all’iniziativa coinvolgendo le classi in un’operazione di ricerca territoriale e di cittadinanza attiva: alunne e alunni hanno censito gli stradari dei Comuni di residenza per verificare quante strade fossero dedicate a donne e a quali donne, e hanno successivamente presentato alle Commissioni toponomastiche dei rispettivi paesi, una rosa di nomi candidati a future intitolazioni.
Il contributo didattico è forse l’aspetto più interessante dell’intero progetto: le nostre prime interlocutrici sono proprio le giovani generazioni, e per esse le scuole che ne intercettano il grande potenziale intellettivo.
Attraverso l’analisi dei dati statistici del proprio territorio, si associano concetti e discipline a un contesto di riferimento vissuto, si stringono i primi rapporti di collaborazione con le istituzioni, si interiorizzano e si combattono le discriminazioni.
La pagina didattica del gruppo e la rispettiva sezione del sito sono oggi un vivace laboratorio di proposte e progetti per il prossimo anno scolastico.
Invitiamo docenti di ogni ordine e grado di scuola a visitarne le pagine, a intervenire, a dare o a ricevere un contributo, affinché la Lombardia si trasformi in un’attiva fucina di sperimentazioni paritarie e democratiche.
Per far ciò è necessario un risveglio di sensibilità e coscienze da parte di docenti, dirigenti, cittadini e cittadine d’ogni età.