Parità. Le donne stanno a guardare. Alcune

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Intervista a Nunzia Bernardini, avvocato pugliese, direttore di “Articolo 21

Ha centrato tanti obiettivi che si era prefissata. Ma si sente delusa. Anzi arrabbiata. E sapete con chi? Con le donne. Alcune di loro sarebbero in attesa perenne, rassegnate, passive.

Tanto che tuona: “Ho girato per la Puglia, partecipato a mille incontri, conosciuto tante donne interessanti e altre banali, ho difeso le regole e ho incitato le donne a candidarsi, a far sentire la loro voce, a non ritenere la politica una cosa lontana dalla nostra vita. A tutte coloro che mi hanno detto, con tono di soddisfazione e quasi di orgoglio, di non occuparsi di politica ho sempre risposto ironicamente: “brava perché tanto se tu non ti occupi delle scelte, altri lo faranno per te.. E quando non troverai risposte ai tuoi problemi di organizzazione di vita sai con chi prendertela!”.

Non ha peli sulla lingua Nunzia Bernardini, avvocato pugliese, e da poco direttore del mensile Articolo 21.

Ecco un testo scritto da lei che riceviamo e volentieri pubblichiamo: “Ci sono molti elementi da introdurre per spiegare il mio stato d’animo. Innanzitutto il dato generazionale: ho appena superato i cinquanta
anni e quindi sono portatrice di una esperienza di impegno figlia di quel sessantotto che non ho vissuto in prima persona, ma di cui mi sono sempre sentita erede. Infatti ho sempre espresso, pubblicamente ma anche dentro di me, gratitudine alla lotta di tante donne che hanno consentito a me di ricevere in “dono” tanti immensi diritti: penso ad uno per tutti ed è il diritto di famiglia (del 1975) che tanto per dirne una non mi ha spossessato della mia identità con il matrimonio ma mi ha solo fatto aggiungere un altro cognome al mio ( a cui peraltro tengo molto). Quante la pensano come me?

Io, forse per questo motivo ho sempre ritenuto doveroso impegnarmi in politica e nelle istituzioni: sono stata consigliera di circoscrizione nella mia città, ho lavorato per elaborare la legge che istituiva la Commissione pari opportunità della regione Puglia, e quando questa dopo ben nove anni (!) dall’istituzione è stata insediata, sono stata nominata presidente. Lo sono stata per sette anni e in quel periodo ho lavorato tantissimo per far capire innanzitutto il significato di questo concetto.

Ma cosa significa l’espressione Pari opportunità?
Per molti è una espressione “marmellata” nella quale rientra un po’ di tutto compresa la domanda che molti “maschietti” mi hanno rivolto: ma insomma avete tutto, cosa volete ancora raggiungere?

Insomma siamo sud anche rispetto ai numeri delle partecipazione: sai quante donne sono state elette nel consiglio regionale pugliese che è formato da “ben” 70 consiglieri? Ebbene solo due: i numeri sono sostanza e quindi , essere assenti dai luoghi delle decisioni comporta o no delle conseguenze? A mio avviso . siamo rimaste una eccezione nei luoghi di potere: c’è una donna a capo della Confindustria, aumenta di poco il numero delle dirigenti, delle imprenditrici o delle ministre, ma la
grande massa rimane in ombra, a fare da “manovalanza”, alle prese con
la difficile conciliazione tra lavoro, figli e vita privata oppure scegliendo di non metter su famiglia per non “pagarne i costi”.

Poi c’è un altro elemento da considerare. Tutte le conquiste ottenute dopo estenuanti rivendicazioni sono considerate pressoché “normali ” dalle nuove generazioni. E questo dare per scontati i diritti da parte delle ragazze è, a mio avviso, molto pericoloso. È evidente che in casa e a scuola le ragazze si sentono del tutto uguali ai loro coetanei ma…. quando poi escono dall’ambito protetto di casa e famiglia allora iniziano a sentire le differenze, le discriminazioni.

E poi, che dire di quella che chiamo ”sindrome del grande fratello”: qualsiasi cosa va bene pur diapparire, di diventare famosi, ogni compromesso è lecito anche solo per cinque minuti di celebrità. Ma volgarità e stupidità, contribuiscono a dare dignità alle donne?

E che dire del grande irrisolto tema della violenza: io mi sono occupata della schiavitù e della prostituzione coatta a cui moltissime donne, albanesi, nigeriane e dell’est Europa, sono state soggiogate sulle strade della mia regione. Molte di loro hanno ottenuto il permesso di soggiorno grazie alle denunce nei confronti degli sfruttatori ma altre sono morte investite dalle auto o uccise dai loro sfruttatori. E l’uso della prostituzione da parte di migliaia di uomini italiani deve pur significare qualcosa no?

E’ attualissimo il tema delle aggressioni a donne normali, ad opera di mariti o familiari, o di immigrati che evidentemente sono rimasti ai bisogni primordiali e considerano le donne solo come oggetti da usare.

C’è l’enorme questione del dialogo e della convivenza con le donne islamiche e del rispetto dei nostri diritti nei loro confronti, della mutilazione degli organi genitali femminili che viene effettuata anche nel nostro contesto. Non si capisce in virtù di quale legge non scritta.

Quanti conflitti e quante contraddizioni agitano i nostri giorni! Allora, da un lato, possiamo liquidare la questione femminile come un problema risolto: abbiamo raggiunto la parità il discorso è chiuso. Andremo in pensione a sessantacinque anni in ossequio ad uno squilibrato concetto che ci vede pari nei doveri e meno pari nei diritti. Ma su questo bisognerebbe aprire un fronte di discussione a parte.

Possiamo vedere tutte le negatività che affliggono le donne della Terra: per molte di loro è reale la negazione all’istruzione e alla salute, il turismo sessuale le rende oggetti compresi nel pacchetto turistico, o hanno il burqa come unico abito da indossare…

Io scelgo una via di mezzo e giudico il nostro faticoso cammino verso la dignità e la vera parità come un percorso ancora incompiuto: spetta a ciascuna di noi il dovere di fare qualcosa.

Ho scritto un libro per raccontare la mia esperienza nelle pari opportunità e per lasciare una traccia perché senza memoria del passato è come se ognuna di noi dovesse ricominciare tutto di nuovo.
Oggi dirigo un mensile che si occupa di attualità cultura e politica nell’ambito della Puglia, con una redazione formata da valide colleghe: è un’esperienza faticosa e ricca di molti stimoli.

Vorrei chiudere queste mie riflessioni con una domanda da porre: come mai ho l’impressione di assistere ad uno strano silenzio da parte nostra? Non riusciamo a far sentire le nostre voci o siamo troppo impicciate nei nostri problemi quotidiani per occuparcene? Chi è in grado di interpretare oggi il nostro disagio? Attendo risposte e, se possibile, un conforto per il mio stato d’animo.

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Profilo Autore

Cinzia Ficco

Pugliese, classe ‘69, laureata in Scienze politiche, giornalista pubblicista, è responsabile del magazine www.tipitosti.it, il blog di chi non molla. Sposata, ha una bambina che si chiama Greta, si diverte a scrivere per lei racconti. Ha pubblicato Josuè e il filo della vita, Il re dalle calze puzzolenti, Tina e la Clessidra, con la casa editrice Edigiò. L’ultimo è Mimosa nel regno di sottosopra, pubblicato da Intermedia.

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