Che tipo di società vogliamo costruire?

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Quando si parla di surrogacy stiamo parlando di persone, in primo luogo, di donne e di bambini.

Sgomberiamo il campo da questioni di fede, non c’entrano. Sgomberiamo il campo dalle accuse di omofobia, perché siamo in un contesto prevalentemente etero. Quando si parla di surrogacy stiamo parlando di persone, in primo luogo, di donne e di bambini. Non commettiamo l’errore di mescolare temi su piani diversi, quali eutanasia, aborto, utero in affitto. Emma Bonino qui compie questa forzatura e non fa bene alla trasparenza del dibattito. Che cosa c’entra l’aborto con l’utero in affitto? Cosa c’entra l’eutanasia? Stiamo spianando la strada a un mercimonio in salsa liberista e siamo tutti molto contenti di sapere che da qualche parte un individuo, sempre una donna, si dovrà sacrificare e mettersi a nostra completa disposizione. Non ce ne frega nulla, niente empatia, siamo ognuno per proprio conto, ripiegati su ciò che sono i nostri desideri e null’altro? Possiamo anche cestinare l’idea di società, l’idea di uno stato che si interessi delle persone e che cerchi di contrastare le disuguaglianze.
Emma Bonino afferma: “l’io non lo farei non deve diventare allora non farlo tu. Se c’è un problema di sfruttamento bisogna intervenire su quello”. Ma quando si chiede quali interventi approntare, i fautori della surrogacy glissano. Sappiamo che la regolamentazione stretta non piace e non soddisfa la domanda. Sappiamo che il processo di dono e di altruismo non è in grado di soddisfare la domanda, altrimenti non avremmo una industria fiorente costituita da baby farm, che arruolano donne come se fossero mezzi di produzione di bambini. Non venite a parlarmi di madri che metterebbero a disposizione della figlia o del figlio il proprio utero per aiutarli a procreare, sui grandi numeri della surrogacy questa ipotesi non regge. Non regge per questioni di salute e anagrafiche. Come non dovrebbe reggere la richiesta di sottoporsi a simili procedure quando vuoi bene a tua madre o a tua sorella. Da quando in qua un mio desiderio viene prima dell’interesse alla salute altrui? L’industria della surrogacy si regge sull’abitudine per cui se pago è tutto più veloce e posso fregarmene delle conseguenze. Un po’ come quando compriamo un abito prodotto in condizioni di sfruttamento. Possiamo fregarcene delle persone?
Chiediamoci dove ci porta questo sistema che rende le persone perfettamente autosufficienti economicamente, purché disposte a vendere una parte di sé, come se fosse staccabile e alienabile. Questo è il sistema equo ed eticamente avanzato che persegue l’uguaglianza attraverso una sottomissione in toto degli individui senza alternative o possibilità di esercitare un potere e un’autonomia pieni? Quando chiederemo allo stato di garantirci una esistenza dignitosa, eguali diritti, eguale accesso a un lavoro che non leda i nostri diritti e la nostra persona, sostegni sociali, assistenza e contrasto all’emarginazione sociale, ci verrà risposto che siamo in grado di autosostentarci, mettendo sul mercato la nostra persona, non più come fornitrice di una prestazione lavorativa, ma come merce consumabile e separabile dalla sfera emozionale e psichica. In questo gioco chi ha meno potere economico o non ha alternative di sopravvivenza per non soccombere dovrebbe adattarsi a queste nuove frontiere di schiavitù? Nessuna persona è in vendita o acquistabile come un qualsiasi bene di consumo. Sapete perché perdiamo diritti, diritti umani? Perché ci vogliono convincere che non ci servono, che abbiamo una risorsa da spendere sul mercato, il nostro corpo. Donne svegliamoci, ci stanno riproponendo due soluzioni per sopravvivere: altro che studio, venditi utero, ovuli e poi prostituisciti; finché ce la fai campi, poi vieni rottamata, non servi più. Sono infuriata perché non è “io non lo farei” ma “io non lo chiederei mai a nessuno”, perché ho troppo rispetto della mia sorella, della mia mamma, delle donne, perché questo dovrebbe essere al centro del dibattito. Io so che il limite è dato dal fatto di non poter disporre di altri per soddisfare un mio desiderio. E questo dovrebbe essere chiaro, non si tratta di non rispettare l’altrui autodeterminazione, ma di non fidarsi del fatto che ci vogliono far credere che siamo tutte nella stessa condizione di vita. Non lo siamo e questo comporta diversi gradi di autodeterminazione.

Davanti a una mancanza di alternative ogni scelta può sembrare valida. Si dovrebbe evitare di rendere le donne degli uteri e nulla più, perché alle donne deve essere garantito altro. Per questo altro dobbiamo lottare. Io non vedo uteri che camminano, io vedo donne e pretendo che abbiano pari opportunità di vita. Dovremmo immaginare che alcune donne vengano destinate a essere fattrici seriali per potersi sostentare? Che senso avrebbero i sussidi sociali e i sostegni statali quando potresti mantenerti affittando una parte del tuo corpo? Cosa accadrebbe se si aprisse il mercato degli organi o dell’utero in affitto? Tanto per capirci, dovreste mettervi nei panni delle donne che non vivono nel lusso e che vivono in condizioni precarie. Lo so in Italia e in Europa non è consentita la vendita, ma se per ipotesi le cose cambiassero, nel nome di una libertà senza limiti? E sono sempre le altre, donne lontane da noi che devono sottostare a questo ulteriore affievolimento di diritti. La vita intima va rispettata solo quando è la nostra, poi possiamo ignorare e non rispettare quella delle altre, perché abbiamo bisogno di ignorarne la dignità per soddisfare le nostre esigenze contingenti? Perché non c’è tanto sbracciarsi quando chiediamo un lavoro dignitoso, che ci consenta di esprimere liberamente la nostra persona in ogni ambito? Che esistenza libera e dignitosa può derivare dal diventare merce sul mercato? E anche se ci fossero donne disposte a mettersi a disposizione gratuitamente, quante ce ne sarebbero? Ah, sì, la gravidanza è una passeggiata di salute, poi con i trattamenti ormonali va ancora meglio. Provate per credere. Anche se siamo utero-munite non dovete ridurci a essere mother machine. Non è il nostro destino obbligato e meritiamo forme di libertà più ampie e che ci rispettino in toto, come esseri umani al 100%.
Questo per quanto riguarda la donna.
Passiamo al lato genitorialità. La cosa che più mi addolora in questa vicenda della surrogacy sono i commenti che considerano l’adozione una via non praticabile, troppo complessa, con tante regole che spesso sono volte a tutelare il minore. Per esempio trovo sensato ponderare la questione del rapporto di età tra genitori e figli. Proprio per aggirare queste regole e per poter avere un figlio neonato, generato in esclusiva, con tutte le caratteristiche desiderate, che molti preferiscono ricorrere alla surrogacy. Se non siamo disposti nemmeno a fare qualche sacrificio per diventare genitori, ma vogliamo la pappa pronta, da catalogo, da acquistare sul mercato, che tipo di genitori vogliamo diventare? Che senso ha pensare che un bambino generato su commissione possa essere più perfetto e migliore di un bambino che è già nato e che è costretto a vivere in istituto, perché considerato “difficile”? Potremmo impiegare meglio il tempo per chiedere adozioni più semplici e meno burocratiche, accessibili veramente.
Che senso ha alimentare una genitorialità che pensa di poter controllare e gestire tutto, rimuovendo ogni ostacolo con l’arma del denaro?

Non voglio proibire nulla a nessun*, vorrei che si passasse attraverso la definizione di tutele delle parti deboli, perché se desideriamo il bene dei bambini dobbiamo pre-occuparci anche del benessere delle donne e garantire che non siano involucri da usare e gettare all’occorrenza. Bandire lo sfruttamento significa voler innanzitutto rimuovere quelle disuguaglianze che rendono le scelte meno libere e consapevoli. Perché non abitiamo tutte sullo stesso piano, ma siamo a livelli socio-economici-culturali diseguali e con distanze che si allargano anziché ridursi. Iniziamo ad occuparcene.

Prima di passare alle armi verbali contro di me, vi prego di leggere anche queste altre mie riflessioni sul tema:
https://simonasforza.wordpress.com/2015/03/22/parliamone-senza-omissioni-o-paure-surrogacy/
https://simonasforza.wordpress.com/2015/12/11/quanto-davvero-ci-interessa-il-destino-delle-donne-e-dei-bambini/
https://simonasforza.wordpress.com/2015/12/08/get-up-stand-up-for-womens-rights/
https://simonasforza.wordpress.com/2016/01/16/la-verita-come-disvelamento/
https://simonasforza.wordpress.com/2015/06/14/it-is-time-for-a-bit-of-honesty/

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Profilo Autore

simonasforza

Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Equilibrista della vita. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.

3 commenti

  1. Giorgio Franco on

    Condivido ed applaudo. Considerazioni che un Segretario di Partito, che si rispetti (vale per il Segretario e per il Partito), dovrebbe fare proprie e proclamarle con energia. Mi permetto aggiungere brevemente. “Altri” in questi giorni invocano provvedimenti improntati a civiltà come negli altri paesi europei; i quali poi altri paesi fanno a gara nella espulsione dei rifugiati o nella chiusura delle frontiere o nella confisca dei beni dei rifugiati. Quali sono i parametri e chi sono i Giudici della CIVILTA’? Sempre questi altri mi pare si stiano attivando piuttosto per una nuova colonizzazione. Finite o accaparrate le ricchezze naturali, si passa alle PERSONE! Grazie Margherita (Miotto), grazie Simona. Vivano sempre donne così!

  2. Pingback: Che tipo di società vogliamo costruire? | Nuvolette di pensieri

  3. Commento di una pochezza imbarazzante. Che poi una tal Simona Sforza (femminista-proibizionista) faccia le pulci ad Emma Bonino, rasenta il ridicolo.

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