Nelson Mandela ovvero l’armonia dello Sport

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Nelson Mandela, Francois Pienaardi Enrico Andreoli

Pochi fenomeni contemporanei sono così ‘ingombranti’ come lo Sport. Spettacolo principe delle società di massa, lo Sport è insieme manifestazione espressiva, stile di vita, modello di comportamento, ideologia, passione popolare e chiacchiera quotidiana. Ma è anche strumento politica interna ed internazionale.
Nelson Mandela è il primo che ha ‘agito’ lo Sport in senso razziale con un gesto che è diventato patrimonio culturale dell’umanità. Mandela ha costruito la coesione nazionale e smontato il razzismo, innanzitutto come categoria mentale, ‘agendo’ la squadra multirazziale nazionale di Rugby nello scenario internazionale del campionato del mondo ovvero esponendo il conscio e l’inconscio del popolo sudafricano al giudizio del Mondo.
Un gesto entrato nella Storia; inutile ripercorrerlo, domandiamoci invece perché lo Sport possiede questa valenza, per lo Sport è una categoria della Politica e quindi anche della politica razziala?
La relazione tra Sport e Politica affonda le sue radici nella storia dell’Uomo.
Prima che quest’ultimo diventasse, nella città greca, un animale politico l’Uomo era essenzialmente un animale religioso: la pratica paleo-sportiva era parte della cerimonia sacra di ringraziamento agli Dèi per l’abbondanza del raccolto agricolo con cui mantenere la città-stato.
Ma la sopravvivenza della Città-Stato era legata alla efficienza dell’esercito dei cittadini.
Come sappiamo l’addestramento alla guerra cominciava molto presto: fin dai primi anni di vita i bambini, proprietà dello Stato, venivano addestrati al combattimento. Come scrive Paolo Scarpi ( La fuga e il ritorno, Marsilio, 1992) le “pyrrichè” precedono le Olimpiadi come evento sportivo nazionale greco. Queste erano competizioni a livello cittadino tra le scuole dei quartieri della Città-Stato.

Le “pyrrichè” erano delle danze che imitavano la lotta dei fanti. Tutti i giovani venivano armati di spada e scudo ed addestrati, nella forma della danza, alla guerra: “danze rituali che invitavano al coraggio”. Stare nel coraggio è il modo di vivere che ogni singolo soldato deve necessariamente far suo per vincere, insieme all’esercito della sua città-Stato.

La fama si Sparta era proprio il coraggio dei suoi soldati. Secondo Senofonte – nel libro La Costituzione di Sparta, 420 b.c. – le madri e mogli dei soldati che partivano per la guerra rivolgevano loro l’invito : “torna vincitore o torna morto” (con lo scudo o sullo scudo: Επιστροφή με την ασπίδα ή ασπίδα ελληνικά, si veda anche il film “300”diretto da Zack Snyder nel 2007).

Quindi lo Sport come cura del corpo, come sviluppo del coordinamento psico-motorio, come competizione che aiuta lo sviluppo (del ragazzo in uomo determinato alla vittoria) ha la sua origine nel più politico dei comportamenti umani: la guerra.
Sono passati millenni ma non è cambiata la natura “Sport” come arma. La genialità di Mandela è averla usata per generare l’armonia tra le nazioni sudafricane.
La nazione che eccelle nello Sport guadagna un vantaggio competitivo nel confronto politico ed economico tra i sistemi-paesi del mondo contemporaneo. Un vantaggio competitivo perché dimostra “urbi et orbi” l’efficienza del proprio sistema educativo, la disciplina fisica ma anche morale della propria classe lavoratrice e, in generale dei propri cittadini. Una nazione Sportivamente vincente dimostra l’efficienza del proprio sistema amministrativo e burocratico, la coesione sociale attorno al valore dell’impegno personale e quindi del merito, l’identità nazionale attorno a valori condivisi.
Nulla di più sicuro che investire le proprie risorse imprenditoriali in un paese Sportivamente vincente.

Lo Sport come orgoglio nazionale
Il 14 Luglio 1948 Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano che tre mesi prima aveva perso le elezioni politiche, viene ferito da alcuni colpi di pistola. La voce dell’attentato si sparge a macchia d’olio. La rabbia del popolo di sinistra si scarica in una serie di confuse manifestazioni a metà strada fra la jacquerie e l’insurrezione. Cortei imbandierati di rosso battono le strade d’Italia. La voglia di rivoluzione e di rivincita si sommano e caricano le ore di paura: operai e contadini in piazza, sciopero generale prima spontaneo poi ufficiale, l’urlo della folla in marcia, le fabbriche occupate, le sedi cattoliche devastate.
Il 15 Luglio compaiono i mitra: i dimostranti sparano, i poliziotti rispondono, si contano i primi morti. Togliatti ha invitato alla calma, ma l’Italia è un vulcano. Genova, Firenze, Torino e Venezia sono in rivolta. Il Governo mette in campo l’esercito. Sono le ore più drammatiche della breve storia repubblicana. Siamo nell’anticamera della guerra civile in un Paese fermo – niente giornali, tram nelle rimesse, treni bloccati, Borsa chiusa
Mentre il pomeriggio tende alla sera giunge dalla Francia una notizia “bomba”. Bartali, a 34 anni, ha distrutto gli odiati avversari francesi sulle montagne del Tour de France. Grazie al suo potere sedativo, la passione Sportiva decongestiona quella politica. Alla fine, a fatica, prevale il buonsenso. E la rivoluzione rientra nel cassetto.

Lo Sport come potenza politica
“Diplomazia del ping pong” è la dicitura con la quale sono rimasti nella storia i colloqui sino-statunitensi degli anni ‘70, inaugurati, ad aprile del 1971, da una storica partita di tennis tavolo tra le squadre nazionali dei due paesi, in seguito al 31º Campionato Mondiale di Tennis Tavolo, svoltosi a Nogoya, Giappone, e che porteranno allo storico incontro tra Nixon e Mao, del febbraio 1972.
Il tennis tavolo rappresentò un fondamentale vettore geopolitico e diplomatico, oltreché un’insostituibile forma di soft power, per tutti i tavoli sui quali la politica estera cinese poggiava le sue basi. Il governo centrale cinese stabilì precise direttive ai suoi atleti, considerati praticamente imbattibili: a meno che la superiorità non fosse troppo evidente, bisognava concedere la vittoria agli avversari. Imperativo invece battere gli avversari europei e nordamericani. È forse l’esempio più radicale di organicità tra Sport e diplomazia.
L’obiettivo principale del torneo fu il riconoscimento ufficiale della Cina Popolare come “unica Cina”, degradando quindi Taiwan a rappresentante della sola isola di Taipei.

La superiorità Sportiva degli atleti cinesi faceva irrompere nel panorama politico internazionale l’immagine di una Cina come “gigante economico e politico dormiente” che, non appena si fosse liberato delle pesanti coperte ideologiche del comunismo, sarebbe diventato il protagonista del prossimo (allora) secolo. Come noto la previsione si è avverata: la Cina possiede il 40% del debito pubblico degli USA ed ha non a caso vinto il maggior numero di medaglie nelle ultime olimpiadi tenute, appunto, a Pechino.

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