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    Home»Costume e società»Almost Real: quasi vero a Torino
    Costume e società

    Almost Real: quasi vero a Torino

    Stefi Pastori GlossBy Stefi Pastori Gloss04/06/2025Updated:06/06/2025Nessun commento6 Mins Read
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    'Empty Rider' cortometraggio distopico di Lawrence Lek (foto credit: Giorgio Perottino per OGR Torino)
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    (precedente)

    Interrogativi Pubblicitari.

    Da ex Art Director nella Milano da Bere, Gloss riflette sulla potenza comunicativa delle immagini. Si tende a credere a ciò che si vede coi propri occhi, essendo il senso della vista quello cui diamo più credito. Ciò che si vede, è vero e reale. Spesso la pubblicità gioca su questo assioma: tu, potenziale acquirente, vedi un prodotto e un personaggio che ne testimonia la validità (non a caso è chiamato ‘testimonial’) e ne deduci che quello che afferma è vero e compri con fiducia. Sta a te, una volta provato il prodotto, decidere se la promessa è stata mantenuta e casomai continuare con il passaparola. I pubblicitari lo sanno: è necessario creare un bisogno fondato su dati certi. Se invece le aspettative indotte sono disattese, il prodotto perde credibilità.

    La Mostra che Fa Domande.

    È un po’ ciò che sta accadendo con l’Intelligenza Artificiale (AI). La mostra “Almost Real. From Trace to Simulation”, curata da Samuele Piazza e Salvatore Vitale, visitabile gratuitamente fino al 2 giugno 2025, conduce i visitatori a porsi criticamente nei confronti della ‘dea’ immagine.

    L’immagine è davvero un essere supremo non giudicabile, dogmatico, è proprio un’autostrada asfaltata verso la decisione positiva, una medicina da assumere incondizionatamente, senza porre in mezzo il raziocinio o… qualcos’altro? Gli artisti della mostra, l’irlandese Alan Butler, l’irachena Nora Al-Badri e il londinese Lawrence Lek, lo domandano a loro stessi e ai visitatori, trattando il rapporto tra fotografia, realtà e finzione nell’era dell’Intelligenza Artificiale (AI), alle OGR di Torino.

    La Fotografia Fotografa la Realtà?

    Tradizionalmente, la fotografia è considerata una testimonianza tangibile della realtà, un’impronta di qualcosa che è esistito e che continua a esistere nel tempo. Le immagini analogiche catturano fedelmente ciò che si trovava di fronte all’obiettivo, lasciando la “traccia” di un momento passato. Tuttavia, l’avvento dei generatori di immagini basati sulla AI mette in discussione questa certezza: come possiamo distinguere il reale dal non reale quando le immagini possono essere create dal nulla?

    Nora Al-Badri poeticamente chiede, attraverso la creazione di “tecno-reperti” se le immagini fake sono difendibili (credit Stefi Pastori Gloss)

    A Volte Critica Sociale.

    Gloss ha attraversato la mostra trovando interpretazioni personalissime dei tre artisti, che conferiscono il proprio significato della fotografia e la sua evoluzione etica e creativa in modo ironico, di feroce critica sociale e talvolta paradossale. Il titolo stesso della mostra, “Almost Real” (Quasi Reale), invita alla riflessione su questa contraddizione. Se qualcosa è “quasi reale”, è una mezza verità o una mezza bugia? La mostra indaga la possibilità che la “traccia” non sia più l’impronta del reale, ma la sua simulazione.

    Il Colore Ciano.

    Alan Butler lo fa attraverso una serie di 33 cianotipie (tecnica ‘fotografica’ della fine dell’Ottocento) dal titolo “Botany Cyanotypes”, che raffigurano piante tratte da videogiochi, quindi non reali ma digitali. L’artista utilizza una tecnica storica per immortalare soggetti immaginati, creando un contrasto tra l’autenticità del processo e la finzione del contenuto. Gloss sfida i nerd a riconoscere i diversi videogames dalle piante raffigurate. Alcuni dei visitatori ci riuscivano, quelli in birkenstock e occhiali, con acconciature, quelle sì, inverosimili. Ah, che stereotipi. Proprio quelli che, se usati acriticamente, possono perfino condurre alle discriminazioni, specie di genere. Pur usando l’ironia che salverà il mondo, Gloss chiede venia e fa mea culpa.

    “Botany Cyanotypes” di Alan Butler (credit Stefi Pastori Gloss)

    Curatori Museali Criminali.

    L’artista irachena Nora Al-Badri, nel suo “Post-Truth Museum” realizza con la AI un video “deep fake” di 15 minuti in cui direttori di musei europei “ammettono crimini legati al saccheggio di opere d’arte dall’antica Mesopotamia

    Nora Al-Badri , serie di video AI di “tecno-reperti” (credit Giorgio Perottino for OGR Torino)

    durante le spedizioni coloniali”. Cit. In sostanza, l’artista ha preso video esistenti di tre direttori di altrettanti Musei europei e ha messo loro in bocca voci e affermazioni che probabilmente mai avrebbero fatto, ricostruite con la AI. La cosa sorprendente è che due di quei direttori in contemporanea, o subito dopo la pubblicazione del video, sono stati condannati per opere trafugate e rivendute (di loro iniziativa personale). Il video si conclude con la proposta che i musei diventino luoghi di discussione per restituire voce ai reperti ‘rubati’. Gloss critica le parole ‘crimini’ e ‘rubati’: infatti se i reperti non fossero stati salvati dagli europei con scavi autorizzati, quegli stessi reperti sarebbero stati distrutti o quantomeno razziati per finanziare attacchi terroristici. Si può dire che Nora Al-Badri sia un tantino di parte? Almeno secondo il pensiero liberale di Oriana Fallaci.

    AI Più Reale del Reale.

    Tuttavia, all’artista occorre riconoscere l’atto di denuncia feroce con “Babylonian Vision“, serie di video su schermi LED che mostra immagini create dalla AI partendo da oltre 10.000 fotografie di reperti archeologici babilonesi. L’artista ha prelevato queste immagini on-line dopo che le era stato negato l’accesso agli archivi museali, almeno teoricamente a disposizione di chiunque. Quello della replica AI dei reperti originali diventa un gesto altamente simbolico di denuncia. L’AI genera infinite variazioni di “tecno-reperti”, che  replicano oggetti dall’aspetto verosimile, con l’obiettivo di ricostruire una nuova memoria, alternativa a quella gestita dai musei occidentali. Si rafforza in Gloss la domanda iniziale: “Ciò che si vede, è vero e reale?”

    “Empty Rider” di Lawrence Lek

    'Empty Rider' cortometraggio distopico di Lawrence Lek (foto credit: Giorgio Perottino per OGR Torino)
    ‘Empty Rider’ cortometraggio distopico di Lawrence Lek (foto credit: Giorgio Perottino per OGR Torino)

    Traducibile in “Cavaliere Vuoto”, il cortometraggio distopico “Empty Rider” di circa 20 minuti fa riferimento alla scarsezza di anima elettronica di un’auto dalla guida automatizzata. Accusata di aver tentato di uccidere la CEO della propria azienda, durante la messa in scena dello scontro in tribunale tra accusa e difesa, l’auto solleva interrogativi profondi: possiede volontà e/o una condotta morale o può essere giuridicamente paragonata a un infante, data la giovine età della AI? L’opera invita a riflettere se le macchine prenderanno il sopravvento o se, in futuro, potremo sviluppare un’etica più giusta che vada oltre la sensibilità puramente umana. 

    Allucinazioni e Cigni Neri

    Proprio pochi giorni prima, Gloss si era casualmente imbattuta nelle riflessioni di un Content Creator, certo Gianluigi Ballarani, per sua stessa definizione ‘tech entrepreneur’, che riportava l’esperienza fatta con Claude AI che minaccia il proprio creatore pur di non essere spenta e di ChatGPTo3 che ha scientemente ignorato il prompt per essere disattivata ben 79 volte su 100,  addirittura arrivando a modificarlo per impedire il proprio arresto.  Sta nascendo nella AI un istinto di autoconservazione, come quello prefigurato da ‘Odissea 2001 nello Spazio’ e il suo AL9000 o da ‘Terminator’ e  Skynet, o semplicemente basta staccare la spina? Si tratta comunque di allucinazioni, dette anche ‘cigni neri’, inserite consapevolmente o meno dal programmatore stesso. In sintesi, la mostra “Almost Real. From Trace to Simulation” rinnova in Gloss gli interrogativi sulla natura della fotografia nell’era della AI, sulla definizione di realtà e finzione, e stimolato nuovamente le elucubrazioni circa le implicazioni etiche e creative delle nuove tecnologie che simulano il mondo che ci circonda.

    Netnografia

    Descrizione della mostra in LIS (testi a cura di Arianna Granata, interpretazione LIS a cura di Jessica Filippone)

    Audiodescrizione della mostra (testi e voce di Arianna Granata, musiche e sound design di NoMad Studio)

    (seguente)

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    Stefi Pastori Gloss
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    “In tempi in cui sono più gli scrittori dei lettori, vedermi portata a cena da sconosciuti leggitori pur di poter acquistare i miei libri al di fuori del caos del Salone del Libro, è una gratificazione enorme che acquieta il karma da #maestrinadellapennarossa, ma che dà anche la misura dello sforzo nel trasformare lo spropositato ego artistico in qualcosa di utile per il prossimo.” Sono le parole con cui si presenta Stefi Pastori Gloss. Ghost writer per chiunque abbia idee, redige un blog di recensioni, il cui nome si ispira a un film di Nanni Moretti, perché lei stessa fu sceneggiatrice. Nei Novanta lo fu anche per Verdone, solo una femminista come lei può scrivere le battute del maschilismo più becero. Forse in reazione all’asettica scrittura da sceneggiatrice, oggi si ritrova a scrivere tra Dante e D’Annunzio. Lettrice selezionatrice di opere prime sotto contratto, giudice arbitra del Torneo IoScrittore, i suoi romanzi, spicilegi poetici o saggi (Bidellume, Fuochi d’artificio, Rinascite Ribelli, Parerga Violenti, L'amore veste collant di carne e altre opere) sono in vendita nelle librerie indie e in privato sui Social. Parlano di tematiche come bullismo, discriminazione di genere, guerra. Prossimi temi: l’amore dall’eterno passato per l’infinito futuro. Un femminicida vi si inframmezza. Hikikomori e tennis. Inorridita dalle critiche a Samantha Cristoforetti, in “L'amore indossa collant di carne”, raccolta di racconti, ha rivolto la sua attenzione al confronto dialettico tra stereotipi, a volte alla base delle discriminazioni tra Donne e Uomini. In Rinascite Ribelli #siamotuttijoker, saggio, ha dato risalto al “Codice Rosso”. In “Parerga Violenti”, spicilegio poetico in forma di vocabolario, propone singole parole nei loro etimo e le analizza nel dettaglio allo scopo di invogliare a lasciare al più presto il proprio picchiatore. In “Bidellume”, romanzo, Gloss veicola il rispetto tra individui in situazione di bullismo. Editi da Brè Edizioni. Insieme al suo partner, presenta le opere in tutta Italia allo scopo di risvegliare le coscienze su questi tristi fenomeni. Da anni si occupa di sensibilizzare circa la violenza sulle donne e, più in generale, di ripristinare la cultura del rispetto tra individui. Sosteniamo la cultura perché renda liberi Tipeee: glossparla YouTube: GLOSS Stefi Pastori - youtube.com/@stefipastorigloss TikTok: #videopiccoli #grandeletteratura #stefipastorigloss Instagram: #stefipastorigloss #ilibriscrivonoilibri #bidellume #rinasciteribelli Blogspot: leggolibrifacciocose poetryreadingandtheotherside 2non2

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