Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?
Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
Il mio nome è…
Scrivi..
..di come e perché è stato scelto il tuo nome
..di chi l’ha scelto
..del suo significato
..di come ti chiamavano da piccola
..dei nomignoli che ti hanno dato nei vari momenti della tua vita
..di come avresti voluto chiamarti
..di un episodio o un periodo in cui il tuo nome è stato un problema
..del significato o l’origine del tuo cognome
..dei problemi o dei vantaggi causati dal tuo cognome
..delle sensazioni che provi quando ti chiamano
“Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo.”
L. Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Mondadori 1992, p.3
“Mi chiamo Eva , che vuole dire vita, secondo un libro che mia madre consultò per scegliere il nome.”
I. Allende, Eva Luna, trad A. Morino, Feltrinelli 1988 , p.9
“ La piccola ricevette i nomi di Margherite, in onore dell’amata governante tedesca che si era chiamata Margareta prima di diventare per tutti Mademoiselle Fräulein; di Antoinette, uno dei nomi, insieme ad Adrienne, dell’odiosa Noémi, poiché quest’ultimo sembrava decisamente fuori moda e un po’ grottesco; di Jeanne, in onore di Jeanne l’Inferma e anche di un’amica di Fernande che portava quel nome fra gli altri, e che era destinata ad avere una parte importante nella mia vita; di Marie, in onore di Colei che prega per noi, poveri peccatori in ogni momento e nell’ora della nostra morte; insieme a Ghislaine, nome assai diffuso nel nord della Francia e nel Belgio, dove San Ghislaine ha fama di proteggere dalle malattie dell’infanzia.
Le rituali scatole di confetti erano state ordinate in precedenza, e per la consegna si aspettava soltanto il nome del bambino da scrivere in corsivo d’argento sul coperchio di cartone color crema ornato di una maternità di Fragonard. Qualche anno più tardi ho succhiato con aria pensosa quelle mandorle rivestite di zucchero, quelle pietruzze bianche, insieme dure e friabili, che provenivano dal mio battesimo.”
M. Yourcenar (1974), Care Memorie, Torino, Einaudi, 1992, pp.29-30
“In ebraico io mi chiamo Amshel, come il nonno materno di mia madre, che ella ricorda uomo molto pio e erudito, con una lunga barba bianca. Ella aveva sei anni quando lui morì e ricorda di aver dovuto chiedere perdono di eventuali mancanze commesse verso il nonno mentre stringeva le dita del piede della salma. Ricorda anche i numerosi libri del nonno che coprivano le pareti. Egli faceva il bagno ogni giorno nel fiume, anche d’inverno, quando faceva un buco nel ghiaccio per potersi tuffare.
La madre di mia madre morì giovane, di tifo. Da quel giorno la nonna si fece malinconica, rifiutò di mangiare, non parlava con nessuno e una volta, un anno dopo la morte della figlia, uscì per una passeggiata e non ritornò più. ”
F.Kafka; Diari ,1910-1923, trad. it. Di E.Pocar, Milano, Mondatori, 1953, I, pp, 160-61
Suggerimento di lavoro.
Il nome è importante in quanto permette il riconoscimento dell’individualità, del senso di appartenenza al gruppo famigliare e alla comunità.
Per questo dedicare tempo a discussioni, a giochi e a scritture intorno a questo tema, tra amici, con i figli o in classe, non solo permette di valorizzare il singolo individuo, ma apre a riflessioni e discussioni sul posto che si occupa all’interno della famiglia e della società.
Anche se ti stai avventurando in questa impresa da sola, non in classe, il tuo nome è un buon punto di partenza per conoscerti meglio, no? Nomen Omen….
Quindi, mentre in altri momenti vedrai che le proposte di scrittura saranno molte per permetterti di scegliere tra le varie suggestioni, in questo caso è interessante scrivere su tutto.
Adatto anche ai più piccoli:
Vuoi trasformare la tua famiglia/classe/gruppo di amici in una “tribù di Indiani”, facendo riflettere sulle qualità o sulle caratteristiche di ogni membro e provando a lavorare sulle similitudini?
Questi sono alcuni suggerimenti per lavorare in classe, con amici e figli non hai bisogno di usare i cartelloni e fare tabelle…
- Prendi un grande foglio e segna in una colonna i nomi di tutti i bambini
- Invita ogni bambino a dire due caratteristiche per ogni compagno (meglio se una fisica e una che riguarda il modo di fare e di essere) suggerendo la regola di non giocare ad offendere e di accettare “come ci vedono gli altri” (possono sorgere interessanti discussioni tra il “come penso di essere” e il “come mi percepiscono gli altri”) e segnale in una colonna adiacente.
- Scrivile usando la formula: “quello che…”, come se dovessero descriverlo a qualcuno che non conosce il suo nome: sai chi è Roberto? Quello che…. Un esempio?
Roberto: quello che corre veloce, quello che ha gli occhi verdi
Cecilia: quella che ha la pelle chiara, quella che parla poco
- Individua una similitudine per ogni qualità (sempre in gruppo) e scrivila in una terza colonna.
Es.: corre veloce come un fulmine, occhi verdi come smeraldo
Pelle chiara come la luna, silenziosa come un pesce
- Unisci poi le due similitudini in un “nome da indiano” che apparirà in una quarta colonna finale:
Roberto: Fulmine di Smeraldo , Cecilia: Pesciolina di Luna
- Chiedi a ogni bambino di inventare una storia sull’origine del suo nome indiano.
- È un lavoro che, proprio perché tutti i bambini della classe partecipano in genere con entusiasmo, perché sollecita discussioni e fantasia, dev’essere fatto in più riprese….ma ne vale la pena!
“(…) Suo figlio aveva sei anni.
Una domenica mattina in cui, per una volta, lei aveva tempo a volontà, dopo aver parlato di vari argomenti, gli aveva proposto di darsi per quel giorno dei nomi indiani. Entusiasta, lui aveva scelto per sé Bosco di Luce, poi aveva dato un nome anche alla madre. «Tristezza di Neve che Imbianca » aveva detto con un piglio risoluto, come se non ci fosse nulla di più adatto a lei.
«Eh?
«È il tuo nome, mamma».
Lì per li, non sapendo cosa rispondere, si era limitata a fissare il suo sguardo limpido.
Han Kang, L’ora di greco, Adelphi, 2024, p.89

Renata Balducci – Insegnante nella scuola primaria per 40 anni in Italia e all’estero, amante delle parole e delle diversità.
Ha pubblicato il libro “Scrivere di sé” con Sonda nel 2005. Ha lavorato alla redazione di testi didattici per Giunti Scuola oltre a collaborare alla “Vita Scolastica” per diversi anni con le programmazioni mensili di lingua, italiano L2 e intercultura. Ha collaborato anche con ICDL (International Children’s Digital Library), Traduttori per la Pace, Radio Mundo Real e Selvas. Attualmente lavora in un CPIA (Centro per l’istruzione degli adulti) di Torino.