Close Menu
    Facebook X (Twitter) Instagram
    Trending
    • Tutto in un’estate
    • Archivio Sentimentale: la Casa di Famiglia
    • F1 il film
    • ll femminismo inutile
    • Le stagioni della verità
    • Effatà 2
    • Effatà – Hikikomori di Pastori Gloss
    • Puglia e dintorni
    Facebook Instagram
    Dol's Magazine
    • Pari opportunità
      • DIRITTO
      • DONNE E POLITICA
      • DONNE E SPORT
      • PARITA’ DI GENERE
      • DONNE E FILOSOFIA
    • Lavoro
      • BANDI, CONCORSI E PREMI
      • DONNE E ARTE
      • DONNE E ARCHITETTURA
      • DONNE E DENARO
      • MAMME E LAVORO
      • IMPRENDITORIA FEMMINILE
      • RISORSE UMANE
    • Donne digitali
      • ARTE DIGITALE
      • INNOVAZIONE
      • TECNOLOGIA
    • Salute e benessere
      • FOOD
      • GINECOLOGIA
      • NUTRIZIONE
      • MENTAL TRAINER
      • PSICOLOGIA
      • SESSUOLOGIA
    • Costume e società
      1. AMBIENTE
      2. ATTUALITA’
        • Good news
        • Think positive
        • Bad news
      3. CULTURA
        • Libri
        • Film
        • I racconti di dols
        • Mostre
      4. LIFE STYLE
      5. SOLIDARIETA’
      6. VIAGGI
      7. FACILITIES
      Featured

      Tutto in un’estate

      By Erica Arosio26/06/20250
      Recent

      Tutto in un’estate

      26/06/2025

      Archivio Sentimentale: la Casa di Famiglia

      25/06/2025

      F1 il film

      24/06/2025
    • INIZIATIVE
      • CONDIVIDI CON DOL’S
      • EVENTI
        • Calendario eventi
      • TEST
      • LE DONNE ITALIANE
      • SCRIVILO SU DOL’S
        • Scritti su dol’s
    Dol's Magazine
    Home»Pari opportunità»i DIRITTI DELLE DONNE»Luci ed ombre della narrazione della violenza sui media
    i DIRITTI DELLE DONNE

    Luci ed ombre della narrazione della violenza sui media

    simonasforzaBy simonasforza08/09/2017Updated:08/09/20171 commento8 Mins Read
    Facebook Twitter Pinterest LinkedIn Tumblr Email
    donne-violenza
    @Annalisa Grassano
    Share
    Facebook Twitter LinkedIn Pinterest Email

    Ci sono delle dirette responsabilità  dei media nel supportare il cambiamento e rimuovere le radici della cultura della violenza e dello stupro.

    Da attivista per i diritti delle donne e da blogger senza tesserino né da pubblicista né da giornalista spesso e volentieri ricevo richiami, perché non avrei i “titoli” per pubblicare articoli e riflessioni, non sarei abbastanza autorevole per farlo. Mi ci vorrebbe la patente, guarda un po’ come gira il mondo, le parole delle donne non hanno tutte lo stesso diritto di cittadinanza e di esistenza.

    Eppure lo faccio da tempo, ben prima che aprissi il mio blog. Vengo da quella sterminata schiera di “senza tesserino” che si sono per anni intestarditi tra una redazione e l’altra, con o senza contratto, molto spesso non remunerati. Oggi scrivo in modo indipendente, perché stare zitta non so stare.

    Ultimamente mi è capitato di essere invitata a cancellare quanto avevo scritto in merito a come alcuni giornalisti non riuscivano a rispettare il genere grammaticale corretto a proposito della donna trans stuprata a Rimini. Facevo semplicemente notare quanto fosse diversa la narrazione, quanta poca cura ed empatia c’era in alcuni articoli:

    post fb

    A Canosa, durante un convegno formativo proprio su questi aspetti, ho avvertito una certa ostilità, di una parte dei giornalisti presenti, al mio invito a cambiare “stile giornalistico”.

    Ergo, abbiamo un problema.

    Quindi mi accingo a dire la mia sulle note ed evidenti difficoltà che una parte del giornalismo (online, su carta e televisivo) italico ha nel narrare la violenza.

    L’Ordine dei Giornalisti non è restato indifferente in questi anni, ha cercato di diffondere una sensibilità diversa tra i propri iscritti, a partire dalla Carta di Treviso all’adozione del documento della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) a proposito di violenza sulle donne.

    Per non parlare poi di tutte le occasioni di formazione sparse sul territorio italiano organizzate dagli ordini locali.

    Non siamo di fronte a un immobilismo, quanto piuttosto da una resistenza da parte di una quota della categoria e di un modo di fare “cronaca” subordinato alle logiche di vendite e di click.

    Ci sono giornalisti attenti, che sanno misurare le parole, che conoscono l’impatto che può avere un pezzo sulle sopravvissute o sui familiari e i figli di una vittima di femminicidio. Tutto parte dal rispetto nei confronti di chi ha subito la violenza sulla propria pelle. Se davvero si seguisse il documento siglato dall’Ordine, al primo posto dovrebbe esserci la salvaguardia delle donne.

    L’auspicio dell’Ordine è chiaro, richiama:

    “all’uso di un linguaggio corretto, cioè rispettoso della persona, scevro da pregiudizi e stereotipi, ad una informazione precisa e dettagliata nella misura in cui i particolari di un accadimento siano utili alla comprensione della vicenda, delle situazioni, della loro dimensione sociale.”

    Questo si traduce in un racconto che non deve avere tracce di un morboso e malsano voyeurismo.

    Lo abbiamo scritto anche in questa lettera aperta, a ridosso delle pubblicazioni dei contenuti delle ordinanze cautelari degli stupratori di Rimini, senza considerare le donne che hanno subito le violenze.

    nota fb odg

    Ci sono delle dirette responsabilità dei media nel supportare il cambiamento e rimuovere le radici della cultura della violenza e dello stupro.

    Si deve iniziare da come si descrivono i soggetti coinvolti, “Le persone colpite da questo genere di trauma non necessariamente desiderano essere definite “vittime”, a meno che non utilizzino esse stesse questa parola.” e coloro che agiscono violenza non sono mostri o bestie, ma uomini normali, imbevuti però di una cultura che li assolve dalla violenza, abituati a compierla per sostenere un’idea di una virilità malata e distorta.

    Occorre rimuovere parole come raptus, follia, accecato dalla gelosia, disperato, depresso, e non indulgere nella descrizione di particolari fisici come se l’aspetto fisico possa proteggere o istigare alla violenza. Spesso si tratta di dettagli che servono solo ad attirare lettori speculando sulle donne, scavando nelle loro vite. Così si deformano i fatti e non si aiuta i lettori a leggere la realtà dei fatti. In alcuni casi alcune rappresentazioni arrivano a giustificare i gesti violenti o a normalizzare la violenza.

    La separazione tra “sante e puttane” è tuttora intatta, la tendenza a insinuare che la donna che subisce violenza “se la sia cercata” è ancora molto diffusa. Si chiama slut shaming, ovvero la colpevolizzazione costante delle donne.

    Occorre ribadire che non si può includere nella narrazione la parola “amore” in concomitanza con un femminicidio o un atto di violenza contro una donna. L’amore, la disoccupazione, la depressione, l’alcol o la droga, i problemi economici, non fare i mestieri di casa (o accusare la moglie di spendere troppo) non possono legittimare questi gesti. La violenza non può mai avere alibi e scusanti che ne riducano la gravità.

    Dipingere le donne come oggetti, roba vecchia da buttare via a Capodanno, non riuscire a distinguere tra fare sesso e stuprare una minorenne, sono tutti esempi di pessimo giornalismo.

    L’obiettivo deve essere informare, non generare click baiting con titoli e contenuti.

    Occorre sottolineare che la violenza non è ineluttabile, inarrestabile, perciò i media devono fornire un’adeguata informazione alle donne che vogliono intraprendere un percorso di fuoriuscita. Offriamo le testimonianze dirette di quante sono riuscite a “farcela”.

    Ricostruiamo le storie di violenza, raccontiamo il percorso che ha portato a un certo esito. Inoltre,

    “L’uso di statistiche e informazioni sull’ambito sociale permette di collocare la violenza nel proprio contesto, nell’ambito di una comunità o di un conflitto. I lettori e il pubblico devono ricevere un’informazione su larga scala. L’opinione di esperti, come quelli dei DART (Centri post-traumatici), permette di rendere più comprensibile al pubblico l’argomento, fornendo informazioni precise e utili. Ciò contribuirà ad allontanare l’idea che la violenza contro le donne sia una tragedia inesplicabile e irrisolvibile.”

    Questo contribuisce a migliorare la comprensione dei fruitori della notizia, a sfatare miti e stereotipi attorno alla violenza. Diffondiamo maggiormente consapevolezza sui diritti delle donne e non stanchiamoci mai di ripetere che le donne vanno rispettate.

    Questo rispetto deve essere agito anche in fase di intervista, garantendo riservatezza, tenendo presenti i bisogni della sopravvissuta, evitando che sia esposta ad ulteriori abusi. Non si deve forzare la donna a raccontare se non lo desidera e occorre chiedere la sua autorizzazione per la divulgazione di dettagli e informazioni.

    Bene ha fatto l’Odg a intervenire su alcuni titoli che fomentavano odio e xenofobia, distorcendo i fatti e quindi disinformando.

    Ora andrebbero stigmatizzati anche i pezzi in cui non vengono tutelate e rispettate le donne, o vengono adoperate in chiave di istigazione all’odio razziale.

    Ancora, è necessario che i media lavorino a diffondere la cultura della parità e dell’eguaglianza uomo-donna, contribuendo a scardinare discriminazioni fondate sul genere. La violenza poggia proprio su uno sbilanciamento di status di genere nella società, uno squilibrio e una ancora purtroppo parziale parità. Ecco perché è importante ridurre il gender gap.

    Carrie Yodanis, in Gender Inequality, Violence Against Women, and Fear: A Cross-National Test of the Feminist Theory of Violence Against Women, 2004, rileva una correlazione tra debolezza dello status delle donne e la probabilità di incorrere in episodi di violenza.

    Lo studio ha coinvolto anche l’Italia e noi italiane siamo tra coloro che maggiormente avvertono l’insicurezza, che le porta ad autolimitarsi, a non uscire al buio, pensiamo per esempio ai “consigli sull’abbigliamento anti-stupro”.

    Tutta questa paura è indotta anche da un certo modo di riportare le notizie di violenza sui media, una sorta di battage affinché le donne si sentano più insicure e si affidino alla protezione maschile, nel tentativo di evitare che la violenza le colpisca. Un circolo vizioso.

    Per non parlare poi della strumentalizzazione in salsa razzista, o dell’iniziativa dell’assessora leghista che vuole dotare le donne di spray al peperoncino, “perché gli stranieri che arrivano in Italia e hanno una cultura profondamente diversa dalla nostra capiscano che per instaurare una civile convivenza devono adeguarsi alle nostre regole di comportamento”.

    Come se gli italiani non fossero altrettanto portatori di quella cultura patriarcale del dominio e del controllo che legittima la violenza.

    Quanto il nostro contesto culturale in qualche modo incoraggia, alimenta e legittima la violenza sulle donne? Le parole che si adoperano e le rappresentazioni delle donne oggettivate e deumanizzate che si propongono sui media dovrebbero essere oggetto di valutazioni più accurate.

    La strumentalizzazione politica della violenza sulle donne trova troppo spesso i media alleati. Ecco, iniziamo a informare in modo più accurato e meno subordinato a logiche di battaglie politiche che non hanno certo a cuore le donne, ma le usano all’occorrenza.

    Pensiamo a quanto velocemente abbiamo rimosso la vicenda della bambina di 13 anni abusata per tre anni a Melito Porto Salvo, da nove italianissimi stupratori, di cui uno rampollo di mafia. Pensiamo a quanta poca solidarietà ha ricevuto, pensiamo alle parole che sono state dette sulla vicenda anche recentemente.

    C’è un lavoro enorme per riportare veramente al centro dell’impegno di tutti le donne.

    Nessuno può tirarsi fuori, ciascuno deve fare la propria parte.

     

    Qui un mio auspicio.

     

    giornalismo media narrazione della violenza maschile contro le donne Ordine dei giornalisti sopravvissute violenza di genere
    Share. Facebook Twitter Pinterest LinkedIn Tumblr Email
    Avatar photo
    simonasforza
    • Website
    • Facebook
    • X (Twitter)

    Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Equilibrista della vita. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.

    Related Posts

    Premio Elsa Morante: Storie, Storia e Musica

    18/05/2025

    Il cognome materno è una questione politica

    07/04/2025

    Le dissonanze

    16/02/2025

    1 commento

    1. Pingback: Luci ed ombre della narrazione della violenza sui media | Nuvolette di pensieri

    Leave A Reply Cancel Reply

    Captcha in caricamento...

    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Tutto in un'estate recensione di Erica Arosio Tutto in un'estate recensione di Erica Arosio
    Marocchino da Illy Marocchino da Illy
    Intervista a Elena Guerrini da parte di Caterina d Intervista a Elena Guerrini da parte di Caterina della Torre
    Le stagioni della verità ultimo libro di Lucia ti Le stagioni della verità ultimo libro di Lucia tid ingrosso presentazione alla libreria Feltrinelli un aulenti
    Ultimo film con Brad Pitt.recensione di Erica Aros Ultimo film con Brad Pitt.recensione di Erica Arosio
    Libro di Annina Vallarino. Intervista su www.dols. Libro di Annina Vallarino. Intervista su www.dols.it
    Ieri al Bam a Milano Gae aulenti Ieri al Bam a Milano Gae aulenti
    Ieri al Bam a Milano Gae aulenti Ieri al Bam a Milano Gae aulenti
    https://www.dols.it/2025/06/22/puglia-e-dintorni/ https://www.dols.it/2025/06/22/puglia-e-dintorni/

Appunti di viaggio.

Di Alfredo Centofanti

Bari. La città vecchia è un labirinto di vie che raccontano infinite storie. Inarrestabile è il vociare degli abitanti nel dialetto locale, dei tanti turisti stranieri, dei pellegrini che da secoli vengono qui per venerare San Nicola, amato tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi.
    Post su Instagram 18104628619530738 Post su Instagram 18104628619530738
    Le protagoniste di questo bel film sono tre attric Le protagoniste di questo bel film sono tre attrici francesi deliziose, tre donne vere, che non hanno bisogno di chissà quali artifici per essere belle, attraenti e soprattutto insuperabili nel mettersi nei guai.

https://www.dols.it/2025/06/18/tre-amiche/
    Luana Sciamanna è un’avvocata penalista nata a Luana Sciamanna è un’avvocata penalista nata a Genzano di Roma nel 1978 e vive ad Ariccia. È esperta di violenza di genere e relazioni abusive, e collabora con i centri antiviolenza dei Castelli Romani, fornendo consulenza e assistenza legale alle donne vittime di violenza. È anche docente per la Regione Lazio nella formazione degli operatori della rete antiviolenza territoriale, e fondatrice e Presidente dell’associazione di promozione sociale “Crisalide Donne per le Donne”, che si occupa di consapevolezza ed empowerment femminile.

https://www.dols.it/2025/06/17/luana-sciamanna/
    Post su Instagram 17888416860161530 Post su Instagram 17888416860161530
    https://www.dols.it/2025/06/13/tutto-lamore-che-se https://www.dols.it/2025/06/13/tutto-lamore-che-serve/
    Stamattina mi sono svegliato con gli uccellini ch Stamattina  mi sono svegliato con gli uccellini che gorgheggiavano
    https://www.dols.it/2025/06/10/musica-con-vista-20 https://www.dols.it/2025/06/10/musica-con-vista-2025/
    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

https://www.dols.it/2025/06/09/donne-di-pace-e-di-guerra/
    https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-n https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-non-amati/

La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
    Post su Instagram 18090652831721010 Post su Instagram 18090652831721010
    Post su Instagram 18048668675601778 Post su Instagram 18048668675601778
    Carica altro Segui su Instagram
    Quando verrà la fin di vita

    non fu l’amore

    Non fu l'amore
    non fu l'amore

    Di cibo e di amore

    Di cibo e di amore - Marta Ajò - copertina

    CHI SIAMO
    • La Redazione
    • La storia di Dol’s
    • Le sinergie di dol’s
    • INFORMATIVA PRIVACY
    • Pubblicizza su Dol’s Magazine
    • Iscriviti a dol’s

    Questo sito non è una testata giornalistica e viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale.
    Pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 7.03.2001
    © 2025 Dol's Magazine. All Rights Reserved. Credits: Dol's Magazine

    Questo sito non è una testata giornalistica e viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale.
    Pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 7.03.2001
    © 2025 Dol's Magazine. All Rights Reserved. Credits: Dol's Magazine

    Type above and press Enter to search. Press Esc to cancel.

    Questo sito utilizza cookie, eventualmente anche di terze parti, per offrirti una migliore esperienza di navigazione.
    Per saperne di più clicca qui, procedendo nella navigazione o cliccando su OK acconsenti all’uso di tutti i cookie.
    OK