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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Più cultura e meno pubblicità
    Costume e società

    Più cultura e meno pubblicità

    DolsBy Dols21/01/2016Updated:21/01/2016Nessun commento3 Mins Read
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    Se la pubblicità è il contrario di cultura

    di Gianna Coletti

    Una sera, sfiancata da una giornata inconcludente, dopo aver smangiucchiato qualcosa per cena, sono andata in camera da letto con l’intento di guardare la televisione. La tengo proprio in quella stanza perché quando mi corico, generalmente molto tardi, mi concilia il sonno. Sprofondo lentamente in uno stato comatoso che svanisce, purtroppo, nello stesso istante che cerco il telecomando per spegnerla.

    Quella sera, accendo la televisione mentre sta per iniziare un film su Rai 5. Un bel filmone in costume ambientato nell’800. Regia e attori di grande livello. Del resto Rai 5 è il canale dedicato alla cultura. “Pago il canone con profondo dolore” mi son detta “e invece ogni tanto ne vale la pena”
    Incomincia il film e vengo risucchiata dalla visione di una lussureggiante campagna inglese, cavalli e cavalieri, romantiche donne apparecchiate mi scuote all’improvviso una voce che ad altissimo volume mi chiede gioiosa: “Hai le emorroidi? Usa…” Rimango interdetta per una frazione di secondo nel quale realizzo che è partita la pubblicità. Mi alzo e vado a lavarmi i denti.
    Ricomincia il film e la storia inizia a dipanarsi. La sceneggiatura è ben scritta, gli attori sono straordinariamente bravi, e le disgrazie che accadono sono notevoli. Mi commuovo. Sono lì che piango tutta presa dalle loro pene d’amore e di corna, quando vengo catapultata nella vita reale dalla stessa voce che mi violenta le trombe di Eustachio: “Hai le emorroidi? Usa….” Alquanto contrariata, imprecando, mi rialzo dal letto, e dalla rabbia mi dirigo verso la credenza nel soggiorno per dare fondo alla scatola dei “brutti e buoni”. Biscotti che adoro.

    Dovrei evitarlo, considerando il reflusso gastrico, ma sono talmente infastidita che li ingoio senza piacere.
    Ritorno in camera da letto, mi allungo davanti alla televisione, e con una certa fatica mi risintonizzo sugli stati d’animo dei personaggi. Ancora una volta sono presa dalle loro vicende sempre più intricate e intriganti. Siamo nel bel mezzo di una scena madre, la tensione narrativa raggiunge l’apice ma ecco spuntare il fatidico quesito: “Hai le emorroidi?” Ed è a quel punto che sbotto: “No!!! Non le ho. Ma c’ho due palle così! Tutta la sera a chiedermi se ho le emorroidi! Ma che minchia di emittente culturale sei? Perché ti pago il canone se poi mi devi torturare con i detersivi, con le dentiere, con quelle che si pisciano sotto, e da questa sera anche con le emorroidi? Perché mi disprezzi sino a questo punto?
    Ho avuto l’istinto di prendere la televisione e lanciarla dal quinto pianto, tanto non sarebbe stata una grave perdita. La mia è ancora di quelle con il tubo catodico. Non l’ho fatto per due motivi. Primo: nell’alzarla mi sarebbe venuto il colpo della strega. Secondo: avrei potuto colpire un ignaro passante e finire a San Vittore.

    Spero caldamente che con il mucchio di soldi che rastrelleranno con il nuovo metodo di pagamento del canone in bolletta, almeno durante alcune visioni la pubblicità venga bandita. Sarebbe una questione di rispetto per l’opera d’arte e per chi la guarda. Se lo augurò anche Federico Fellini, il quale si indignò, protestò, minacciò al pensiero che i suoi film fossero devastati dagli spot pubblicitari ma i funzionari delle varie reti televisive se ne fregarono bellamente.

    Eppure voglio ancora sperare…. come dice il proverbio la speranza è l’ultima a morire.
    Per la verità mia madre ne sapeva un altro: “Chi vive sperando muore…” Ma questa è un’altra storia.

    Gianna Coletti, autrice di Mamma a carico

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