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    Home»Salute e benessere»mental trainer»Ridere che bello
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    Ridere che bello

    Mirella P. GrilloBy Mirella P. Grillo07/07/2015Updated:09/10/2015Nessun commento8 Mins Read
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    Perché certe barzellette non fanno ridere mentre altre sì? La reazione a una battuta rivela sia un aspetto del carattere quanto il modo in cui funziona la mente umana.

     

     

    Completate questa barzelletta, scegliendo il finale più divertente.

    Un ragazzo sostiene un colloquio per un posto di lavoro. Alla fine il capo del personale gli dice:
    «Per cominciare ti darò 100 Euro alla settimana, tra un mese te ne darò 150».

    Il ragazzo risponde:
    1) «D’accordo accetto!»
    2) «Ehi, capo, hai un naso grosso come un peperone!»
    3) «Bene, ripasso tra un mese!»

    Nessuno sceglierebbe la prima risposta: è la conclusione logica della storia, non fa ridere.

    La seconda sollecita in nostro senso dell’umorismo. È una risposta illogica, un punto di rottura nella continuità del racconto. Suggerisce un’immagine ridicola: il capo con un peperone piantato in mezzo alla faccia.ma non è il finale giusto, perché non ha alcun rapporto con la prima parte della barzelletta.

    La risposta più divertente è la numero tre. È illogica, ma ben collocata nel contesto della storia.

    Due psicologi dell’Università di Toronto, Prathiba Shammi e Donald Stuss, si sono serviti di questo test per la valutazione del senso dell’umorismo di quarantadue volontari, la metà dei quali aveva subito un danno al lobo frontale destro del cervello, la regione dove hanno sede importanti processi cognitivi e linguistici. Il risultato dell’esperimento è stato il seguente: i volontari sani hanno indicato la risposta numero tre, come risposta giusta; gli altri hanno preferito la seconda conclusione. In poche parole non avendo capito la barzelletta si sono limitati a scegliere la conclusione più illogica e ridicola.

    L’umorismo è complesso
    Lo studio di Shammi e Stuff ha potuto documentare che il senso dell’umorismo è una facoltà complessa basata sull’abilità di integrare informazioni di tipo diverso, formulare ragionamenti astratti e analizzare tutte le sfaccettature di una situazione. Tale capacità non fa parte del nostro corredo genetico, ma deriva dall’educazione, dall’ambiente ambiente culturale in cui si è cresciuti e dalle esperienze personali.

    Questa testi è stata ulteriormente avvalorata da un esperimento condotto in Inghilterra da due ricercatori del St. Thomas Hospital di Londra, Tim Spector e Lynn Cherkas, che hanno mostrato delle vignette comiche a più di centro coppie di gemelli, alcuni omozigoti, quindi identici dal punto di vista genetico, e altri eterozigoti.

    Dopo aver chiesto a ciascun volontario di indicare le vignette più divertenti, è stato osservato che i fratelli tendono ad avere le stesse preferenze, indipendentemente dal fatto che siano omozigoti o eterozigoti, con il risultato che i loro gusti in campo umoristico derivavano dall’educazione in comune ricevuta e non dal loro comune patrimonio genetico.

    Esistono diversi motivi per cui alcune persone sono più recettive di altre nei confronti delle barzellette. La prima ragione è di ordine culturale: chi ritiene che la barzelletta non sia una cosa seria, che comunicare per ridere sia un’attività infantile, eviterà di ridere in pubblico. Non per niente nelle culture contadine, per esempio, i maschi considerano sconveniente manifestare apertamente il proprio divertimento se non in particolari occasioni.

    L’esperienza personale
    La seconda ragione è legata all’esperienza personale, per cui chi ha associato alle barzellette amicizie e compagnie piacevoli sarà particolarmente attento a ciò che fa ridere, mentre chi è stato presso in giro proprio per la mancanza del senso dell’umorismo, invece, tenderà a sviluppare interessi diversi.

    Quale meccanismo hanno in comune le barzellette, i test i comici e le vignette? Sia Freud quanto Pirandello, che si sono occupati dell’argomento dai rispettivi punti di vista, sono arrivati alla stessa conclusione: ciò che fa scattare la molla del “ridere non è altro che la violazione inaspettata di una regola.

    Fino a un certo punto la narrazione ha una trama coerente, descrive ambienti, personaggi, azioni… poi improvvisamente compare un elemento che sovverte il significato della storia. Ma la violazione della regola non basta da sola a scatenare la risata, la sua funzione, infatti, è quello di svelare un significato alternativo della trama, che fino a quel momento era rimasto nascosto. È questo che provoca il divertimento.

    Prendiamo per esempio, una celebre battuta di Woody Allen:
    «Il lupo riposerà accanto all’agnello, ma l’agnello dormirà ben poco».

    La prima parte consiste in una citazione biblica, quindi si è portati a interpretarla in senso metaforico; la seconda parte, invece, rappresenta un elemento di rottura che sposta la narrazione del significato metaforico a quello letterale. Se si legge nuovamente l’intera battuta interpretandola in senso letterale, è facile rendersi conto che la seconda parte è la conseguenza logica della prima.

    Tutta colpa dei pregiudizi
    Le barzellette mettono in crisi le convinzioni di chi le ascolta. Se si pensa alle barzellette sui Carabinieri, queste non mirano a radicare il pregiudizio di chi li considera “poco svegli bensì a stupire con visioni nuove e creative della realtà. Per esempio:

    «Come si riconosce un carabiniere in un negozio di scarpe?
    È l’unico che prova le scatole».

    In questo caso l’uso creativo delle scatole meraviglia chi ascolta perché viene da un personaggio “accusato (il termine è grosso ma rende l’idea) di scarsa fantasia.

    Infine ci sono i gusti. Chi ride per le spiritosaggini un po’ pesanti probabilmente non appezzerà quelle di Woody Allen e viceversa.

    Ma da cosa dipendono queste scelte? Se le convinzioni messe in discussione da una barzelletta sono troppo importanti per accettare di cambiarle o se non interessa metterle in discussione, quel tipo di battuta non farà ridere.

    Ora sorgono spontanee un paio di domande: saper ridere vuol dire anche essere capaci di “far ridere? Esistono comici innati e quali caratteristiche devono avere?

    Risposta: per essere buoni umoristi occorre essere un po’ narcisisti, amare la propria amabilità ed essere disposti a fare il pagliaccio per strappare una risata. Bisogna anche saper apprezzare l’umorismo degli altri e continuare a imparare dagli altri barzellette nuove. In questo modo si sviluppa la capacità di ricordarle tutte.

    L’arte della recitazione, la memoria e la capacità di apprendere dalla creatività altrui sono doti ce si possono acquisire, l’importante è essere motivati. L’umorismo non è un’abilità fine a se stessi, aiuta anche a migliorare la capacità di mettersi in relazione con gli altri ed è un mezzo di comunicazione molto preciso: se la persona che ascolta non attribuisce alle parole lo stesso significato inteso da chi le racconta, difficilmente riesce a ridere.

    La fonte del sorriso
    Che succede nel nostro cervello quando ascoltiamo una barzelletta?

    Un tempo gli scienziati potevano formulare ipotesi sui meccanismi fisiologici dell’umorismo. Oggi, grazie alla risonanza magnetica funzionale (fMRI), riescono a visualizzare le regioni cerebrali che si attivano durante un processo mentale.

    Raymond Dolan, dell’Institute of Neurology di Londra, e Vinod Goel, psicologo della York University di Toronto, hanno sottoposto alla fMRI quattordici volontari intenti ad ascoltare barzellette. Metà delle battute era costruita un gioco di parole del tipo:

    «Ragazza stufa fugge di casa. I genitori muoiono assiderati».

    L’altra metà era basata su una variazione del significato delle parole nella frase. Per esempio:

    «Dottore, ho i denti gialli. Che ci posso mettere?»
    «Una cravatta marrone».

    I due ricercatori hanno scoperto che le battute di carattere linguistico attivano centri nervosi localizzati nell’emisfero sinistro, in corrispondenza della regione del cervello che controlla il linguaggio parlato. Le battute basate sul significato, invece, attivano una rete di centri nervosi distribuiti nei lobi temporali destro e sinistro. Il lobo temporale destro è la sede del meccanismo che confronta i significati alternativi di una parola e sceglie quello più adatto al contesto. Quindi per comprendere i vari tipi di barzellette, hanno concluso i due ricercatori, occorrono processi mentali differenti che coinvolgono diverse regioni della corteccia cerebrale.

    Modi per ridere
    Ci sono diversi tipi di comicità. Quella sofisticata, quella sboccata, quella nera, quella arrabbiata … e, ognuna, ha i propri “seguaci.

    Qui di seguito alcuni modi per ridere.

    · Battute demenziali. Si basano su un elemento che sovverte la logica della storia. Esempi classici sono i dialoghi dei fratelli Marx o i film della serie L’aereo più pazzo del mondo. Vanno bene per tutti, perché non violano convinzioni personali e non sono caratteristiche di un determinato ambiente culturale.

    ·Bersagli speciali. È il caso della satira politica o dell’umorismo yddish (della cultura ebraica). In questo caso le battute possono essere meglio comprese, condivise e apprezzate solamente da chi fa parte dello stesso contesto colturale del comico.

    ·Comicità sboccata. Spesso scene e battute hanno come tema preferito il sesso: dai film “scollacciati degli anni ’70 ad alcuni spettacoli di cabaret, propongono argomenti che colpiscono soprattutto gli adolescenti, perché compensano le loro insicurezze in campo sessuale.

    ·Debolezze degli altri. Le disgrazie e i contrattempi di cui sono vittime personaggi quali Fantozzi diventano fonte di grande divertimento quando ricordano, anche se in modo grottesco, le proprie vicende. In questo caso mentre si ride di Fantozzi si sta, in realtà, prendendo in giro se stessi.

    ·Giochi di parole. Le barzellette della serie “qual è il colmo per … rappresentano una forma di comicità immediata, che non richiede molta riflessione. Ma quando il gioco linguistico diventa artificioso, non fa più ridere.

    ·Risata dissacrante. Gli spettacoli più “arrabbiati o le barzellette sulla morte prendono di mira una convinzione profondamente radicata e le attaccano frontalmente. Il caso estremo dell’umorismo dissacrante è quello “nero, peraltro poco apprezzato in Italia. Con questo tipo di ironia si diverte solo chi condivide le opinioni del comico oppure è disponibile a mettersi in discussione.

    mirella.grillo@virgilio.it

    Per saperne di più:
    – Dinamica Automotivante, Mirella M.P. Grillo, Franco Angeli
    – Dinamica Mentale, Mirella M.P. Grillo, Franco Angeli
    – Persone Difficili, Mirella M.P. Grillo, Franco Angeli

     

    RIDERE
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    Mirella P. Grillo

    Mirella M.P. Grillo è una mental trainer-formatore-codificatore F.A.C.S. Abita a Udine, ha 30 anni di esperienza nella formazione (One-to-One, apprendistato, educazione degli adulti, formazione continua, FormTemp), nella selezione del personale e nel coordinamento delle risorse umane. Si interessa di comunicazione nelle sue più svariate forme sia con corsi standard quanto con corsi nuovi e all’avanguardia. Alcuni sono d’aula altri tenuti One-to-One. Per questi ultimi la distanza è abbattuta da sessioni o tramite Skype o in modalità autoformativa PERSONE “DIFFICILI – autore Mirella M.P. Grillo – Franco Angeli Editore DINAMICA MENTALE – autore Mirella M.P. Grillo – Franco Angeli EditoreDINAMICA AUTOMOTIVANTE – autore Mirella M.P. Grillo – Franco Angeli Editore

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Bari. La città vecchia è un labirinto di vie che raccontano infinite storie. Inarrestabile è il vociare degli abitanti nel dialetto locale, dei tanti turisti stranieri, dei pellegrini che da secoli vengono qui per venerare San Nicola, amato tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi.
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