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    Dol's Magazine
    Home»Donne digitali»Siamo tutti telelavoratori
    Donne digitali

    Siamo tutti telelavoratori

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre05/07/2013Updated:26/09/2014Nessun commento6 Mins Read
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    dolsvecchio
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    Telelavoro, telecommuting, lavoro a disanza, telework, ma alla fine è diventato non una nuova tipologia professionale ma un modo di gestire la propria attività utilizzando il computer, pc, mac, tablet o altro, a ma a distanza.

    Alle origini di dol’s, 13 lunghissimi anni fa, venne  fatta un’ intervista ad americane ed australiane, sul telelavoro che ancora in Italia  non c’era ma che veniva visto come una frontiera delle nuove tecnologie che permettevano a chi voleva lavorare da casa di farlo conservando la operatività lavorativa di un impiegato, ma a distanza.

    Dols fece  anche  sondaggio in occasione dello Smau 2000 che mostrava il gradimento delle donne per ciò che riguardava quelle che allora erano  le nuove tecnologie.

    In questi anni poi si è tanto parlato di telelavoro, telecommuting, lavoro a disanza, telework, ma alla fine è diventato non una nuova tipologia professionale ma un modo di gestire la propria attività utilizzando il computer, pc, mac, tablet o altro, a ma a distanza.

    Strumenti
    Cercando notizie sul settore mi sono imbattuta in quest’articolo dell’università di Padova molto esaustivo e che quindi riporto.

    Il telelavoro al tempo di Facebook

    Il telelavoro era considerato, agli inizi degli anni 2000, una conseguenza “inevitabile” della diffusione delle nuove tecnologie. Che senso ha recarsi in ufficio se si possono svolgere gli stessi compiti stando comodamente a casa con il pc e internet? Il quotidiano La Stampa, in una inchiesta uscita il 25 febbraio, ci riporta alla realtà. Il telelavoro, soprattutto in Italia, non è mai decollato. Nel 2007 solo il 3,9% dei lavoratori italiani poteva essere considerato un telelavoratore e oggi, a cinque anni di distanza, lo scenario non è cambiato molto, almento guardando ai risultati di uno studio presentato lo scorso novembre dal Politecnico di Milano: infatti solo il 5% degli italiani svolge un’attività professionale a distanza.
    I commentatori intervistati dal quotidiano fanno ricadere questo insuccesso essenzialmente sull’arretratezza culturale del nostro paese: leggi mancanti – almeno fino al varo di un’agenda digitale ancora tutta da attuare – mentalità arcaica, organizzazione industriale basata sulla piccola impresa, ecc.
    Può darsi, e certamente sono questioni che hanno il loro peso, così come la persistenza in molte situazioni di forme di organizzazione del lavoro tutt’ora dipendenti dal controllo di processo, passo passo, da parte dei superiori; tuttavia, esistono altre importanti ragioni che spiegano il mancato decollo del telelavoro, così come la sua difficile adattabilità ad alcuni contesti lavorativi.
    La prima è legata all’innovazione. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato quanto la generazione dell’innovazione sia un fenomeno “locale”, legato all’incontro e all’interazione tra persone. C’è un legame molto profondo tra geografia, innovazione e sviluppo economico. Mark Zuckerberg ha maturato la propria idea di Facebook a Harvard (tra l’altro elaborando un’intuizione di altri) ma ha deciso di andare in Silicon Valley per poterla sviluppare pienamente, perché solo in California avrebbe avuto la possibilità di collaborare (offline) con figure professionali altamente qualificate (ingegneri, programmatori, esperti di marketing). Non sorprende più di tanto, da questo punto di vista, la recente decisione di Marissa Meyer, amministratore delegato di Yahoo!, di richiamare tutti i propri lavoratori in ufficio, rinunciando al programma di telelavoro. I compiti più avanzati e creativi, che si fondano su un “lavoro di squadra” costante e nei quali ricerca e sviluppo sono in primo piano, difficilmente si prestano al telelavoro. L’innovazione non si fa (solo) via Skype. Ha bisogno (ancora) di socialità alla vecchia maniera. Sarà anche per questo che, forse, prendiamo sempre più aerei e treni nonostante i nostri iphone?
    La seconda riguarda le nuove tecnologie e il loro rapporto con le dinamiche di gruppo dei luoghi di lavoro. Negli ultimi anni le tecnologie Ict hanno invaso la nostra vita demolendo definitivamente ogni confine tra casa e ufficio. In fondo telelavoriamo tutti, nel senso che il nostro lavoro non è più confinato in un orario rigido e predefinito ma si organizza in un tempo più dilatato. Fino a raggiungere anche elementi patologici, come ha ben evidenziato Sherry Turkle nel suo libro Insieme ma soli, dove descrive la crescente interazione online (via Facebook, Twitter, email) e, allo stesso tempo, l’acuirsi della solitudine. Certo la grande promessa del telelavoro, almeno sulla carta, era la maggiore flessibilità e libertà. Il rovescio della medaglia è che tende ad allontanare dall’azienda (piccola e grande che sia) e dal luogo dove si prendono le decisioni. Se i tuoi colleghi non ti vedono, per quanto tu faccia bene il tuo lavoro, è un po’ come se non ci fossi. Risultato? Non fai carriera.
    La terza riguarda il contenuto del lavoro che è oggi sempre più autonomo e “imprenditoriale”, nel senso che conta la capacità individuale di affrontare un contesto lavorativo in costante cambiamento. Niente a che vedere con il lavoro parcellizzato tipico del fordismo, dove stabilità e ripetizione erano le parole chiave. È evidente che è più difficile per un’azienda poter far svolgere da remoto un lavoro che non è più standard e che quindi non può essere facilmente misurato, a meno che non si attuino modifiche adeguate nell’organizzazione del lavoro stesso, come la sua strutturazione, e la corrispondente valutazione, “per obiettivi”.
    Davvero efficace, il telelavoro sembra esserlo in ambiti precisi: verso la fascia bassa delle mansioni, dove ci troviamo in presenza di compiti svolti a distanza, standardizzati e quantificabili, che non richiedono collaborazione – tipicamente, call-center e assistenza di base alla clintela; verso l’alto, dove le mansioni svolte permettono una grande autonomia da parte del lavoratore e la possibilità di una organizzazione su obiettivi – tipicamente, funzioni di livello medio-alto svolte da singoli o da piccoli gruppi coordinati da una persona.
    Ancora, il telelavoro viene utilizzato con successo in contesti lavorativi avanzati dove c’è necessità di conciliazione casa-lavoro, come nei casi in cui si devono gestire con flessibilità congedi di maternità e paternità mantenendo all’interno del processo lavorativo la persona in questione durante il periodo di assenza e consentendone poi con gradualità il pieno rientro sul posto, senza cesure e perdita di competenze.
    Il telelvoro più che un fattore di innovazione universale è da considerarsi una strategia mirata; non è detto che possa essere applicato ovunque, in alcuni casi serve e in altri no, e richiede profonde ristrutturazioni oragnizzative e della catena decisionale per essere gestito efficacemente.
    Forse per l’Italia non è tanto grave, in generale, aver mancato quest’appuntamento storico, quanto non riuscire più a creare le condizioni per la generazione di nuovo lavoro.
    Marco Bettiol

    Leggi anche https://www.dols.it/wp-admin/post.php?post=15523&action=edit

    Donne Donne telelavoro vecchio dols
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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    https://www.dols.it/2025/05/09/sara-chiara-sophie- https://www.dols.it/2025/05/09/sara-chiara-sophie-e-le-altre-lallarme-atti-persecutori/

Tali atti persecutori sono annoverati tra i reati sentinella della violenza di genere che risultano tra l’altro in aumento, come evidenziato nel report relativo all’anno 2024 “8 marzo Giornata internazionale della donna”, redatto quest’anno dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale.
    https://www.dols.it/2025/05/09/david-di-donatello- https://www.dols.it/2025/05/09/david-di-donatello-2025-e-femmina/

A trionfare sono state le donne: 7 David a Vermiglio di Maura Delpero mentre L’arte della gioia di Valeria Golino e Gloria! di Margherita Vicario hanno conquistato 3 premi a testa
    Terrazzo un fiore Terrazzo un fiore
    https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gi https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gioco/

E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
    https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yok https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yoko/
C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
    “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
“ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
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    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

https://www.dols.it/2025/05/04/la-statuaria-torinese-una-disputa-femminista/
    Post su Instagram 18064505543304814 Post su Instagram 18064505543304814
    https://www.dols.it/2025/05/01/te-indiano/ Ti sei https://www.dols.it/2025/05/01/te-indiano/

Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
https://www.dols.it/2025/04/30/il-valore-del-rispetto-in-un-mondo-che-ha-dimenticato-lumanita/
    Si approssima maggio Si approssima maggio
    Papa Francesco è stato raccontato al cinema da au Papa Francesco è stato raccontato al cinema da autori come Wim Wenders, Gianfranco Rosi e Daniele Luchetti, perché la sua figura ha esercitato un forte impatto non solo sulla Chiesa cattolica, ma anche sulla società laica credente e non credente e sulla politica mondiale.

https://www.dols.it/2025/04/26/chiamatemi-francesco-il-papa-della-gente/
    Oratorio Filippo Neri a Torino Oratorio Filippo  Neri  a Torino
    Da Picasso a Wothol aTorino https://abbonamentomu Da Picasso  a Wothol aTorino https://abbonamentomusei.it/mostra/forma-e-colore/
    Cherasco Cherasco
    CHERASCO PIEMONTE CHERASCO PIEMONTE
    Tra pregiudizi di genere e grande determinazione Tra pregiudizi di genere e grande determinazione

Cambiare vita, dare spazio ai propri desideri e fare quello che davvero ci piace è il sogno di molti,
ma realtà per pochi. Lo conferma l’analisi di Hays Italia in collaborazione con Serenis, il 40% degli
intervistati non è per nulla contento della propria condizione lavorativa e il 60% pensa con
regolarità a un cambio radicale della propria esistenza.

https://www.dols.it/2025/04/16/francesca-rizzo-imprenditrice-di-successo-a-bali/
    Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare.

Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è stato misurato in base alla capacità di adattarci, di “assomigliare” alla cultura dominante? Ma questa non è una dinamica esclusiva delle migrazioni o della religione. Ovunque, gruppi diversi si osservano con sospetto. Il “diverso” fa paura.

Se ci spostassimo in un villaggio del Togo, del Senegal, del Congo, del Tibet, della Birmania o del Perù, troveremmo le stesse dinamiche: anche all’interno della stessa etnia, le tribù si guardano con diffidenza. Come se l’altro fosse meno degno, meno umano. È un istinto antico, quasi animale, nato dal bisogno di proteggere il proprio spazio. Ma qui nasce il paradosso: gli animali conoscono il proprio territorio e lo rispettano. Noi esseri umani, invece, non facciamo altro che invadere, appropriandoci, giudicando, alimentando paure e pregiudizi grandi come montagne.
https://www.dols.it/2025/04/16/pregiudizi-paura-e-confini-invisibili-il-difficile-cammino-dellumanita-verso-laccettazione/

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