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    Frasi FatTE

    Renata BalducciBy Renata Balducci23/10/2025Updated:23/10/2025Nessun commento9 Mins Read
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    Ci sono frasi fatte, proverbi e aforismi che fanno parte della nostra cultura familiare e che, probabilmente, ci hanno formato e condizionato.

    1. Elenca tutte le frasi e le citazioni che ricordi e che ti hanno accompagnato nella tua vita. Non devono essere per forza “d’autore”: può essere la frase ripetuta da qualche famigliare, da un insegnante, da un conoscente o da un’amica. Può essere la scritta letta su un muro.

    2. Perché sono importanti per te?

    3. Dove le hai lette la prima volta? Cosa ti ricordano?

    4. Come fai a ricordarle?

    5. Quali di queste ti rappresentano?

    6. Disegna la linea della tua vita, dalla nascita a oggi: a ogni periodo attribuisci una delle citazioni elencate.

    Un esempio?

    • “Avevo vent’anni e non permetterò a nessuno di dire che è il miglior periodo della vita”. Paul Nizan
    • “Il desiderio tuo porta alla Maserati, il mio ai cavalli alati”  Scritta su un muro. Torino 1977
    • “Chi pensa che tutti i frutti maturino insieme all’uva, non sa nulla delle fragole” Paracelso
    • “Più che morte non verrà” Mia nonna Silvia
    • “Mi hai tolto dieci anni di vita” Mia madre

    FRASI FATTE: UN’IDEA DA PROPORRE A BAMBINI E RAGAZZI

    Per chi conosce il francese e magari lo insegna in classe: esiste una serie di libri molto divertenti che offrono numerosi spunti da copiare per lavorare sul senso proprio e il senso figurato ma anche per riflettere sulla propria esistenza.

    Sono di Alain Le Saux, e hanno titoli come “Papa ne veut pas..”, “Maman m’a dit que…” o “ Mon prof m’a dit…” delle edizioni Rivages. 

    Alain Le Saux crea degli effetti esilaranti giocando sulla polisemia dei nomi, sul doppio senso di alcune frasi e sul senso figurato contrapposto a quello proprio. Ne vedi un esempio nelle copertine qui a fianco.

    Ad esempio, la scritta “Mia mamma mi ha detto che la nonna aveva le borse sotto gli occhi” diventa buffa se accompagnata dall’immagine della nonna con due borsette o due borse della spesa al posto delle occhiaie. È un’attività che può essere svolta individualmente o in gruppo (la seconda opzione incentiva la discussione e la condivisione di conoscenze), stimola l’attenzione alle metafore e ai sensi figurati presenti nella nostra lingua o in quelle che i più giovani stanno studiando e, se lavori in una classe plurilinguistica, permette un confronto metalinguistico e interculturale tra le famiglie. Inoltre, nel concludere le frasi “Mia mamma dice sempre…”, “La maestra mi ha detto…”, “Mio papà dice che…” potremmo avere uno spaccato di ciò che i nostri figli o alunni pensano di noi. Alla fine, tutti i prodotti dei vostri studenti possono essere raccolti in un libro di classe!

    E CON I PROVERBI?

    1. Elenca tutti i proverbi che fanno per te:

    “Acqua guardata non bolle mai” (Per la mia impazienza)

    “Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi” (Ripetuto da mio padre per la mia pigrizia).

    2. Prova a descriverti usando solo i proverbi per costruire il testo. “Mi chiamo Tonia e sono una tranquilla anche se si sa che “l’acqua cheta fa crollare i ponti”, sono piccola e “nelle botti piccole c’è sempre il vino buono” potrei scrivere domani la mia presentazione ma “non bisogna rimandare a domani ciò che si può fare oggi” perché “la pigrizia è la madre di tutti i vizi” e alla fine “meglio un uovo oggi che una gallina domani”, insomma, meglio scrivere poco che non fare il compito….

     Un esempio di racconto con espressioni metaforiche e frasi fatte

    UN DIAVOLO PER CAPELLO!

    Questa mattina mi sono alzata con il piede sinistro e con un diavolo per capello. Inoltre, guardandomi allo specchio, ho notato la mia faccia stropicciata, con le borse sotto gli occhi e i capelli elettrici. Che spettacolo! Anche mia madre doveva essersi alzata con la luna storta, perché continuava a lamentarsi: “…e vedi di non tagliare anche oggi…” buttati nello studio…” Così ho fatto colazione in fretta, ho girato i tacchi e sono scappata via con le gambe in spalla.

    Sono arrivata alla fermata con la lingua alle ginocchia e sono riuscita a prendere l’autobus per un pelo. Sul bus eravamo in piedi come sempre, schiacciati come sardine, e già giravano le malelingue tra le oche del mattino. Secondo Lucia, alla festa di Marco la sera precedente, Giacomo aveva messo le corna a Marta. Che noia!

    A scuola, per rendere la giornata più interessante, c’era compito in classe di matematica! Ho cercato di buttare un occhio sul compito della vicina, giusto per copiare qualcosa, ma la Prof mi ha subito beccata: “Paoletta, puoi farcela da sola! Non perderti in un bicchier d’acqua! Non puoi prendere un’insufficienza, ti rovinerebbe la media… dai, ti interrogo!” Come se fosse una buona idea! Dalla padella alla brace! Prima domanda: niente. Seconda: niente ancora. Terza: meno di niente. La Prof fumava dal nervoso: “Allora? Vuoi rispondere? Non fare la mummia!” E io, falsa: “Ma Professoressa… non so… ce l’avevo sulla punta della lingua!” Sono tornata al mio posto, mentre la Prof scriveva un bel 3 sul registro. Davvero una bella giornata!

    Ero lì a rimuginare sui miei problemi durante l’intervallo, guardando nel vuoto, quando mi si avvicina Marta: “E smettila di fare gli occhi da triglia a Mario!… Alzati e vai a parlarle!” “…Ma… ma… io.” “E piantala! Sei proprio una smidollata! Neanche il coraggio di parlarle!” “Ma… ma… ma chi è Mario? Io stavo pensando ai fatti miei…” “Io, io… non far finta di cadere dalle nuvole… si vede che sei cotta!” “Ma… ma…” “Va beh.” E la strega se n’è andata via ondeggiando tra la folla.

    Decisamente una pessima giornata! Ci mancava solo Marta! In realtà, se avessi voluto fare la cascamorta con qualcuno, l’avrei fatto con Juan-il-dolce. Ma non sarebbe riuscita a carpirmi questo segreto, non avrei sputato il rospo neanche sotto tortura! Non potevo rovinarmi così una reputazione da bella tenebrosa!

    Decisamente un’orrenda giornata!

    Immaginate tutte le espressioni in grassetto illustrate e fatevi delle grasse risate!

    Il Magico Mondo delle Metafore

    Che ve ne pare? No, non della mia giornata… del mio modo di scrivere! Avete notato che è pieno zeppo di espressioni metaforiche? Sì, proprio così: gran parte delle frasi che uso sono metafore. Questo non è un caso, ma una scelta precisa, perché le metafore rendono il linguaggio più ricco, colorito e divertente da usare e da leggere!

    La metafora- ne abbiamo già parlato negli altri post-è un grande atto creativo. Il termine deriva dal greco e significa “trasposizione”. In pratica, quando usiamo una metafora, diamo alle parole un significato diverso da quello originale, spingendole un po’ oltre il semplice paragone. La metafora, infatti, è una versione più audace del paragone stesso.

    Le metafore possono essere “vive” oppure “morte”. Quando nasce, una metafora è carica di creatività e originalità, ma col tempo, dopo essere stata usata per anni, può entrare nel linguaggio comune e perdere il suo impatto iniziale, diventando così una “metafora morta”. In questo modo, arricchisce il nostro vocabolario con nuovi termini.

    Facciamo un esempio concreto: mia madre dice sempre “Paoletta, sei un ghiro!”. Ovviamente sa che sono un essere umano, ma usa questa metafora perché dormo sempre, proprio come il ghiro. Se volessimo fare un paragone, diremmo “Paoletta dorme come un ghiro”; la metafora, invece, è più diretta: “Paoletta è un ghiro”.

    Ci sono poi espressioni metaforiche come “perdersi in un bicchier d’acqua”, che significa smarrirsi per un’inezia, proprio come capita spesso a me!

    Le espressioni metaforiche contribuiscono a rendere il linguaggio più ricco e vario. Grazie al loro contributo, è possibile esprimere concetti in modo più articolato e arricchire costantemente il patrimonio lessicale della lingua.

    La metafora nasce quindi da un atto creativo, viene usata per anni, e alla fine, quando “muore”, si trasforma in una nuova parola del patrimonio linguistico collettivo. Un esempio curioso è la parola “muscolo”, che deriva dal latino “musculus”, cioè “topolino”. Qualcuno, notando la somiglianza tra il movimento dei muscoli sotto la pelle e quello di un piccolo roditore sotto ad un tessuto, ha iniziato per scherzo a chiamarlo così. Ripetilo oggi, ripetilo domani, il termine si è diffuso fino a diventare di uso comune, e nessuno ricorda più il significato originario: la metafora è morta e si è creata una nuova parola!

    La nostra lingua è piena di metafore morte, spesso divertenti. Ad esempio, “foruncoli” deriva dal latino “furunculus” (ladruncolo), che era usato per indicare la gemma della vite che “ruba” nutrimento alla pianta. Per somiglianza, si è poi passati a chiamare così anche le sporgenze della pelle: i nostri brufoli, che potremmo definire “ladruncoli di bellezza”. Ma non è certo colpa dei Latini se dobbiamo fare i conti con i brufoli!

    Altri esempi sono le “pupille” degli occhi, le “gambe” del tavolo, la “cresta” dei monti e la stessa parola “testa”. Tutti termini che, nati da metafore, oggi fanno parte del nostro vocabolario senza che ci pensiamo più.

    È affascinante pensare che la nostra lingua sia una sorta di “cimitero creativo”, dove le vecchie metafore, pur avendo perso la loro forza originaria, continuano a vivere nelle parole di tutti i giorni. Si può proprio dire che “sono morte per noi”!

    Vuoi Provare Anche Tu?

    Ora che conosci il viaggio delle metafore, prova anche tu a scriverne qualcuna inserendole all’interno di un breve testo. Procurati un dizionario dei modi di dire e delle locuzioni, se non te ne vengono in mente. Utilizza un dizionario etimologico per scoprirne l’origine. Se sei un’insegnante, suggerisci in classe -dopo aver capito il significato e l’origine delle locuzioni- di spiegare in maniera assurda e creativa il significato delle metafore e dei modi di dire che usano di solito. L’ha già fatto la scrittrice Bianca Pitzorno in “Parlare a Vanvera” (Mondadori, 1989) con risultati strepitosi. 

    Ricorda di salvare in una cartella i file di scrittura che ti piacciono di più, di raccogliere nel tuo quadernone i foglietti con le scritture preferite, che riguarderai quando comporrai il tuo libro.

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    Renata Balducci

    Renata Balducci - Insegnante nella scuola primaria per 40 anni in Italia e all'estero, amante delle parole e delle diversità.  Ha pubblicato il libro "Scrivere di sé" con Sonda nel 2005. Ha lavorato alla redazione di testi didattici per Giunti Scuola oltre a collaborare alla "Vita Scolastica" per diversi anni con le programmazioni mensili di lingua, italiano L2 e intercultura. Ha collaborato anche con ICDL (International Children's Digital Library), Traduttori per la Pace, Radio Mundo Real e Selvas. Attualmente lavoro in un CPIA (Centro per l'istruzione degli adulti) di Torino.

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