Spirit World – La Festa delle Lanterne, il film diretto da Eric Khoo, con Claire Emery (Catherine Deneuve), celebre cantante francese in tour a Tokyo. L’artista è molto nota in Giappone e i suoi concerti sono tutti sold out, seguiti da un pubblico fedele e appassionato, che la considera quasi una leggenda vivente.
Una sera, in un bar del centro, sotto i fumi dell’alcol, Claire incontra Yuzo, un suo grande ammiratore e profondo conoscitore della tradizione giapponese. Bevendo sakè, i due conversano a lungo e Yuzo racconta a Claire la storia della festa estiva delle lanterne chiamata Obon. Si tratta di un tempo sospeso durante il quale i morti fanno visita ai vivi, una breve finestra che mette in connessione mondi lontani e permeati di memoria.
Deneve ha 81 anni e li dimostra tutti. C’est la vie! Questa maniera di pensare la fa giovane.
Deneuve a 20 anni cantò je t’aime, nel film “Les Parapluies de Cherbourg”, di Demy, film francese completamente cantato che segna l’affermazione dell’attrice, e in cui compare come coprotagonista l’attore italiano Nino Castelnuovo.
Ora Catherine torna a cantare.
Nonostante l’età il suo fascino resta immutato.

L’attrice francese, vera e propria icona della settima arte, ha ricevuto alla 71ª edizione del Taormina Film Festival. il Premio alla Carriera nel suggestivo scenario del Teatro Antico di Taormina.
Come ha affermato, – “per gli uomini che vanno avanti con l’età non è un problema, gli attori possono continuare a lavorare, mentre per le attrici è più difficile, ma tutto dipende della scelta dei film e delle sceneggiature.
Quando si va avanti con gli anni si deve accettare di fare le cose che sono vicine alla donna che si è. Se una donna resta legata alla seduzione è un problema e tutto diventa più difficile, ma ci sono altre possibilità. Se nella vita sono una nonna, posso essere una nonna anche nei film, ma una nonna che vive con un uomo e non fa solo marmellate».
«Sono piuttosto pessimista. Il clima, le guerre, le disuguaglianze, l’Africa… C’è troppo che non va. Ma cerco di vivere nel presente, non nel passato».

“Non mi sono mai considerata una sex symbol. Ha proseguito – Non mi riconosco nell’immagine che mi è stata cucita addosso. Non sono mai stata così bella. Non mi sono mai sentita una diva in vita mia”.
Catherine Deneuve è di poche parole: «Se ho rimpianti? Non lo direi mai qui. Ma direi che sono stata molto fortunata». E ancora: «Che madre sono stata? Andrebbe chiesto ai miei figli . Credo di avere un rapporto più stretto con mia figlia».
Nel film si dice che il talento è come un aquilone: va dove soffia il vento. Ma se il vento cambia? «È una lotta continua», fa sapere Catherine, «Contro il vento, contro le difficoltà della vita. Non si tratta solo di problemi professionali, ma anche di dolori, dispiaceri, ferite. Tutti viviamo momenti in cui il vento non è favorevole».
La donna che interpreta in Spirit World sostiene che arte e famiglia sono inconciliabili. Deneuve non è d’accordo: «Non è questione di conciliare», spiega, «Ma bisogna saper prendersi del tempo per sé, per la famiglia, per gli amici. Per me è sempre stato naturale alternare: quando lavoravo, lavoravo. E poi mi fermavo per dedicarmi alla mia vita personale».

Catherine Deneuve torna al cinema con un racconto intenso, dolce e malinconico che ci porta lontano, fino ad oltrepassare il confine tra la vita e la morte.
Spirit Word – diretto dal cineasta singaporiano Eric Khoo, attore, regista, produttore, produttore esecutivo, sceneggiatore, tra i cineasti più celebri e affermati del suo Paese, (12 Stories, My Magic, Tatsumi), da una sceneggiatura di suo figlio Eduard, il film fa da ponte tra il materialismo occidentale e la spiritualità orientale, che mette in connessione mondi terreni e ultraterreni attraverso la Obon, la Festa delle Lanterne, dove si celebra l’incontro e il saluto tra viventi e Aldilà.
Obon è raccontata da un vecchio giapponese, amante della musica, a Claire Emery, leggendaria cantante francese che ha appena tenuto un concerto a Tokyo e che adesso, in un bar, ha bevuto troppo sakè. E qui comincia il viaggio tra questo e altri mondi, tra i vivi e i morti, tra le stagioni e le emozioni, tra la città e il mare, tra le canzoni che Claire ha cantato e i film che un giovane regista in crisi creativa ha realizzato.
Inizia così un viaggio esistenziale nel mondo degli spiriti, che attraversa le stagioni, i luoghi e le emozioni, intrecciando città e mare, silenzi e ricordi.
Claire ripercorre le tappe fondamentali della propria vita, mentre le sue canzoni più celebri risuonano come eco del passato, dialogando in modo invisibile con anime perdute.
Il film si muove tra realtà e dimensione ultraterrena.
Claire non si da pace per la perdita della figlia e sentendosi anche lei alla fine, sceglie di esibirsi per l’ultima volta in un teatro a Tokyo.
Poche ore dopo il concerto Claire muore e il suo spirito vagherà e incontrerà l’amico musicista Yuzu anche lui morto da poco.

Il film è un’esplorazione di elaborazione del lutto.
Le canzoni che canta Claire nel film alla Francois Hardy, sono scritte e cantate da Jeanne Cherhal.
Yuzu è interpretato da Masaaki Sakai- attore, cantante, e artista marziale, nonché ex membro di una band di surf rock, The Spiders.
“Amo tutto dell’Italia – ha infine dichiarato la Deneve – tranne la politica. Mi manca il cinema italiano, tutti i film italiani.
Ho imparato un po’ la vostra lingua perché nel corso della mia vita sono venuta spesso, “La capisco abbastanza bene, è facile. Mi interessa molto la lingua, la gente.”.
«Adoro Alice Rohrwacher, trovo i suoi film originali e poetici. Mi piace molto anche Marco Bellocchio. E come sta Nanni Moretti, sta meglio?».

L’attrice ha anche parlato della violenza contro le donne: “In Francia non c’è una vera politica che cerchi di fermare questo fenomeno. Il problema è la lentezza della giustizia. Tante donne hanno avuto problemi con la violenza. E spesso nemmeno l’opinione pubblica se ne accorge. È molto, molto difficile”.
L’intelligenza artificiale: «Può essere utile, certo. Ma non ha anima. Non ha sensibilità. Mi preoccupa l’uso dell’immagine senza consenso. E poi tutti oggi vogliono una foto, un selfie, in qualunque momento, per carità».
«Mi sarebbe piaciuto interpretare Caterina la Grande. Era una figura fuori dal comune per la sua epoca: potente, colta, affascinante».
Il riconoscimento a Taormina arriva a coronamento di una carriera unica, costellata di collaborazioni con i più grandi maestri del cinema mondiale, da Luis Buñuel a Roman Polański, da Claude Chabrol ad Agnès Varda, fino a registi italiani del calibro di Marco Ferreri, Mauro Bolognini e Mario Monicelli.
Sul suo piede, si intravede un tatuaggio, sembra un’ala. Deneuve, non è una che ama dare troppe spiegazioni: «L’ho fatto sul piede per coprire una cicatrice, non sto a dire cos’è».

Adriana Moltedo
Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.