Anni fa avevamo già incontrato su questo magazine Zarish Neno, ma abbiamo voluto a distanza di anni, re-intervistarla per parlare della situazione delle donne pakistane alle quali lei fa sempre riferimento.
Pakistana cristiana, vive da cinque anni in Italia,
Perché ti sei trasferita in Italia?
Sono venuta in Italia in cerca di sicurezza e protezione. In Pakistan, facevo attivismo per i diritti dei cristiani pakistani, scrivendo articoli e denunce sulla loro situazione, in particolare sul caso di Asia Bibi, una donna cristiana accusata di blasfemia e perseguitata ingiustamente. A causa del mio attivismo, mi esponevo troppo e questo ha reso pericoloso rimanere nel mio Paese d’origine. Vivere in Italia mi ha dato la libertà di continuare la mia battaglia senza temere per la mia vita.
Lavori o studi? E se lavori che lavoro fai?
Attualmente, non sono impegnata nello studio né nel lavoro. Sono una mamma a tempo pieno e dedico il mio tempo libero all’evangelizzazione attraverso i social media.
L’Italia ormai è “casa tua”?
Pur essendo profondamente grata all’Italia per avermi offerto sicurezza e libertà di espressione, non la considererei casa mia. La mia vera casa è il Paese dove sono nata e cresciuta, dove vive ancora la mia famiglia e che mi manca ogni giorno. Non è facile lasciare la propria patria, trasferirsi in un luogo completamente sconosciuto e chiamarlo casa. Sebbene apprezzi l’accoglienza (parola che sta perdendo il suo valore positivo e viene sempre più vista in modo negativo) e la protezione che ho trovato qui, casa mia sarà sempre dove sono le mie radici.
Quale è la situazione delle donne in Pakistan?
La situazione delle donne in Pakistan è davvero molto complessa e preoccupante. Sebbene ci siano alcune donne, spesso provenienti da ambienti benestanti, che stanno facendo progressi significativi, la maggior parte delle donne continua a vivere una vita molto marginalizzata. Le donne in Pakistan sono spesso trattate come cittadine di seconda classe e sono private dei loro diritti fondamentali all’istruzione, alla salute e all’autonomia. Tragicamente, la nascita di una bambina è spesso accolta con delusione in molte famiglie pakistane, dove le figlie sono viste come un peso anziché una benedizione.
Le ragazze sono cresciute per conformarsi alle norme patriarcali, insegnando loro ad obbedire all’autorità maschile e scoraggiandole dal sognare o esprimere la propria voce. Questo atteggiamento sociale radicato porta a un trattamento diffuso e ingiusto, inclusi i casi crescenti di stupro, che rimangono insufficientemente affrontati dal sistema giudiziario. Sebbene esistano leggi per proteggere le donne, la loro applicazione spesso manca, lasciando molte vittime senza risorse.
Ogni anno, l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, trovo difficile celebrare. È sconfortante festeggiare quando le realtà vissute dalle donne in Pakistan rimangono così cupe. Osservando le donne in altri paesi godere dei loro diritti, mi chiedo quando tale progresso arriverà anche per noi. La disparità tra le opportunità e le libertà disponibili all’estero e le difficoltà affrontate dalle donne in Pakistan sottolinea l’urgenza di un cambiamento profondo.
E delle donne emigrate? Si, adeguano o portano un po’ della loro terra in Italia?
Dalla mia esperienza personale, ho notato che la religione può influenzare notevolmente il processo di adeguamento delle donne emigrate. Ad esempio, le donne cristiane, come quelle singalesi, indiane e africane, sembrano adeguarsi più facilmente alla cultura italiana rispetto alle donne islamiche. Ho osservato anche che le madri arabe o marocchine, quando portano i loro bambini all’asilo, spesso indossano l’hijab, il che può influenzare il loro processo di adeguamento.
Vorrei condividere una mia esperienza personale. Prima di trasferirmi in Italia, non avevo mai indossato il costume da bagno. Nei primi due anni di vacanze estive, continuavo a fare il bagno al mare con i vestiti, come era consueto nella mia cultura. Tuttavia, con il tempo, ho imparato ad adattarmi alle usanze locali e a indossare il costume da bagno, seguendo la moda italiana. Mia famiglia in Pakistan sostiene questo cambiamento e riconosce l’importanza di adattarsi alla cultura del paese in cui si vive.
È fondamentale riconoscere che l’adeguamento è essenziale. Quando si emigra, è importante accettare che il nuovo paese avrà caratteristiche diverse rispetto a quello d’origine. È certo importante mantenere e vivere la propria cultura, ma è altrettanto importante farlo in modo che non ostacoli o disturbi la cultura e le norme del paese ospitante. Altrimenti, il senso dell’emigrazione viene meno, e il processo di adattamento può diventare più difficile.
Il fatto che tu sia cristiana ti agevola o ostacola?
Il fatto che io sia cristiana può avere aspetti sia positivi che negativi. Da un lato, vivere in Italia mi permette di esercitare la mia fede con maggiore libertà rispetto a quanto avrei potuto fare in Pakistan. Posso andare in chiesa senza preoccupazioni di terrorismo e indossare il crocifisso al collo senza problemi. Questo è certamente un vantaggio e un sollievo.
Dall’altro lato, la situazione non è del tutto semplice. In un contesto in cui l’ateismo è in crescita e la sinistra radicale sta guadagnando terreno, esprimere le mie opinioni da una prospettiva cristiana può diventare difficile. Anche in un paese libero, il fatto di essere cristiana può comportare delle sfide, soprattutto quando si cerca di condividere le proprie convinzioni in un ambiente che potrebbe non sempre essere favorevole o comprensivo.
Nonostante queste sfide e ostacoli, sono fiera di essere cristiana e non vorrei mai rinunciare a questo mio essere. La mia fede è una parte fondamentale della mia identità e del mio modo di vivere, e continuo a mantenerla con orgoglio, nonostante le difficoltà.
Ai tuoi figli cosa tramandi?
La figlia di 4 anni, che è multi-etnica poiché suo padre è italiano, sta crescendo immersa in entrambe le culture, quella pakistana e quella italiana. Parla tre lingue: inglese, italiano e urdu, e ha già avuto l’opportunità di viaggiare con me in Pakistan, il che le ha permesso di vivere direttamente la cultura del mio paese d’origine. Mi impegno a trasmetterle i valori e le tradizioni positive di entrambe le culture. Credo che sia una grande opportunità per lei poter crescere con una visione globale che integra le esperienze e le ricchezze delle due culture. Inoltre, cerco di insegnarle i valori cristiani, che considero fondamentali per la sua crescita personale e spirituale. In questo modo, spero che possa sviluppare una forte identità culturale e un profondo senso di appartenenza, apprezzando e rispettando la diversità delle sue radici.