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    Home»Pari opportunità»i DIRITTI DELLE DONNE»Femminicidio: perché?
    i DIRITTI DELLE DONNE

    Femminicidio: perché?

    Alexia Di FilippoBy Alexia Di Filippo25/11/2021Updated:25/11/2021Nessun commento8 Mins Read
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    gridiamo basta
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    Le ragioni di una violenza che non si arresta

    Come mai in un’epoca storica connotata da grande libertà, liquidità se non gassosità dei legami, c’è ancora tutta questa violenza da parte degli uomini contro le donne?

     

    Il 2021 è stato un anno difficile sul fronte della violenza contro le donne: 109 sono quelle uccise che fanno registrare un aumento dell’8% rispetto al 2020. In 93 casi il delitto è maturato in ambito familiare mentre 63 femminicidi sono stati compiuti dal marito/compagno o da un ex.

    Alcuni delitti come quelli di Roberta Siragusa di 17 anni e di Chiara Gualzetti di soli 15 anni ad opera di coetanei hanno colpito per la ferocia indicibile con cui sono stati compiuti e la disumanità degli autori, ragazzi che hanno soppresso con atroce crudeltà due ragazzine.

    Dati del numero antiviolenza 1522 relativi all’anno 2020 hanno evidenziato un aumento delle chiamate quasi di oltre il 70% rispetto all’anno precedente e hanno fatto rilevare un incremento delle richieste di aiuto tra le giovanissime fino ai 24 anni.

    Terribili anche i casi di intere famiglie sterminate: l’ultima a Sassuolo da un trentottenne che ha ucciso la ex compagna, la madre di lei ed i piccoli figli di 5 e 2 anni.

    La domanda che mi viene posta sempre più di frequente in quanto Psicoterapeuta di lunga esperienza, nonché da alcuni anni impegnata anche nei media per la corretta informazione in ambito psicologico, la Promozione delle Pari Opportunità e la Prevenzione della violenza di genere è: “Ma come mai in una epoca storica connotata da grande libertà, liquidità se non gassosità dei legami, c’è ancora tutta questa violenza da parte degli uomini contro le donne?”

    Fondamentalmente perché la mentalità nel nostro Paese, retaggio di quella patriarcale che la sottende e la rinforza carsicamente, è arretrata, intrisa di misoginia e fortemente connotata dagli stereotipi di genere che vedono la donna, ancora oggi, oscillare pericolosamente tra il ruolo della nutrice, moglie e madre muta e l’oggetto del desiderio che trova la sua ragione di esistere nell’essere scelta e validata dall’uomo. 

    Per questo la donna che si autodetermina, non cedendo alla prepotenza maschile e utilizzando strumenti come ad es. la separazione ed il divorzio – frutto di lotte condotte nel periglioso e dissestato cammino verso la parità di genere – viene fatta oggetto di ogni tipo di molestia e violenza fino al femminicidio in un numero di casi che non fa che aumentare. Purtroppo. 

    I numeri sugli stereotipi di genere relativi alla violenza restituiscono una immagine che da sola è una prima risposta alla domanda iniziale che ci siamo posti: perché tanti uomini sono ancora e sempre così brutali con le donne?

    Per i dati Istat del 2018 rilevati in una popolazione di età compresa tra i 18 ed i 74 anni, nel 77,7% gli uomini sono violenti con le donne perché le considerano di loro proprietà, il 75% lo fa per l’esigenza di sentirsi superiore a loro, il 62,6% perché non sopporta l’emancipazione femminile. Il 39,3% del campione ritiene che la donna si possa sottrarre ad un rapporto sessuale se non lo desidera (viene dunque negato lo stupro), il 23,9% ritiene che la donna possa provocare la violenza col modo di vestire, il 15,1 che questa sia parzialmente responsabile  della violenza se ubriaca o sotto effetto di stupefacenti, per il 7,4% è accettabile che in alcune circostanze un ragazzo schiaffeggi la fidanzata se questa civetta con un altro, per il 6,2 % in coppia può scappare uno schiaffo ogni tanto e per ben il 17,7% è accettabile che un uomo controlli l’attività sui social della moglie o della compagna.

    Voi direte: sì, ma ci saranno le persone anziane a far innalzare questi dati! E’ così, solo che un’indagine successiva smonta il mito di una gioventù più evoluta.

    Una ricerca Ipsos del 2020 per Save the Children condotta su un campione di ragazzi tra i 14 ed i 18 anni ha rilevato che per il 15% le vittime di violenza possono provocarla col vestiario o con il comportamento, per il 29% tutte le ragazze sognano di sposarsi (35% maschi 23% femmine), per il 17% dei maschi ed il 9 % delle femmine le ragazze devono fare un figlio per sentirsi pienamente donne, per il 57% la bellezza femminile è uno strumento per avere successo. Paradigmatici i dati sulla violenza: il 70% delle ragazze dichiara di aver subito molestie in luoghi pubblici ed apprezzamenti sessuali, il 64% si è sentita a disagio per avances o commenti espliciti da parte di un adulto di riferimento, quasi una su tre è stata palpeggiata in luoghi pubblici, il 41% ha visto postare dai propri contatti contenuti che l’hanno fatta sentire offesa come donna, il 54% delle ragazze si sente svantaggiata per il genere a cui appartiene, il 29% non denuncia le molestie per paura ed il 21% per vergogna e risultano in crescita i reati di adescamento, violenza e atti sessuali sulle bambine al di sotto dei 14 anni.

    Ecco sotto i nostri occhi formarsi un quadro di grande arretratezza che è stata trasmessa attraverso una educazione sbagliata e molteplici cattivi esempi alle nuove generazioni. Si spiega dunque l’abbassamento dell’età dei femminicidi: in questi giorni il Vice Presidente vicario del Tribunale di Milano Dr. Fabio Roia, da sempre molto sensibile alla problematica della violenza contro le donne, ha confermato, dati alla mano, l’abbassamento della soglia di età delle vittime che nel 34,4% dei casi ha una età compresa tra i 18 ed i 35 anni e lo ha attribuito a questa contaminazione tossica ad opera della cultura patriarcale dei giovani adulti. 

    Non solo, ma ha detto a chiare lettere che l’85% delle vittime non aveva denunciato per sfiducia nel sistema giudiziario ed ha sottolineato quanto occorra un approccio multidisciplinare per aiutare le donne che subiscono violenza formando le operatrici dei centri antiviolenza e informando i giudici stessi che dietro certi atteggiamenti ambivalenti delle vittime vi sono dei comportamenti gravemente manipolatori dei maltrattanti atti a far ritirare la denuncia e che possono fuorviare i magistrati fino in sede d’udienza.

    Quando ho letto il testo dell’intervento del Magistrato Roia, oltre alle interviste rilasciate, ho provato un senso di sollievo e gratitudine per cui lo vorrei ringraziare. Intanto a nome di tutte le donne: abbiamo bisogno di Giudici e ancor prima di Uomini del genere che combattano al nostro fianco e poi perché ho riconosciuto nelle sue parole le mie che, da Professionista della salute mentale, affermo da tanti anni in tutte le sedi deputate e non, come i social, dove sto svolgendo in favore delle donne soprattutto giovanissime, una attività di prevenzione delle relazioni tossiche, culla, come si sa, dei maltrattamenti non solo intrafamiliari e del femminicidio.

    Inoltre dopo aver maturato tanti anni di intervento nelle scuole, sono sempre più convinta, così come il Giudice Roia, che quello sia il luogo deputato ad investire affinché si esca dall’imbarbarimento culturale, dell’analfabetismo affettivo ancor prima che funzionale e dal buonismo educativo imperante che ha prodotto e genera effetti disastrosi sui nostri bambini e ragazzi.

    Fondamentale inoltre la formazione degli operatori dei centri antiviolenza ma anche, mi si consenta di dirlo, la sensibilizzazione di tutti gli operatori della salute non sempre attenti a queste tematiche, evidentemente influenzati loro stessi da stereotipi di genere, come osservo personalmente e come mi viene riferito dalle mie pazienti. Purtroppo.

    Vorrei dunque, ora che abbiamo tutti i pezzi del puzzle, rispondere alla domanda iniziale: perché questa violenza, questo odio crescente degli uomini contro le donne fino all’atto estremo del femminicidio?

    Perché ancora tanti, troppi, non accettano di essere rifiutati, lo vivono come un oltraggio al loro arcaico senso di mascolinità, perché non sopportano di perdere il controllo su una persona che sottovalutano, non rispettano, vivono come inferiore e come di loro proprietà, perché usano il sesso che apprendono dalla pornografia come atto di supremazia e umiliazione della donna mentre sono degli analfabeti da un punto di vista sentimentale, perché dalla cultura del narcisismo in cui viviamo, oltre che dal patriarcato, hanno appreso che quello che non ottengono con la forza bruta possono estorcerlo attraverso la manipolazione di cui si servono per uccidere la donna in senso psicologico erodendone la personalità, rubandole l’anima prima della vita.

    Il tutto in una società che pratica un victim blaming selvaggio sulla donna per cui, dal palpeggiamento allo stupro, dall’esclusione sociale al mobbing, dal body shaming ai disturbi psicologici che sviluppa a seguito dei maltrattamenti, se parla, se sta zitta, se reagisce, se subisce, è sempre, soltanto, inequivocabilmente colpa sua. Lei che dovrebbe essere una nutrice, moglie e madre muta, ma anche una amante mirabile, una casalinga perfetta, una risolutrice di problemi h24, una lavoratrice ubbidiente e docile. Asservita, sarebbe meglio dire.

    Tutto insomma, fuorché una persona libera che un giorno, ragionando col proprio cervello, alza la testa e dice NO!

    Che nel 2021 per tanti, troppi, è facoltà riservata agli uomini.

    E allora Noi tutte insieme urliamo il nostro NO! Tutte unite, soprattutto noi che abbiamo potuto studiare, che possiamo ancora parlare, per tutte le nostre madri, amiche, sorelle, figlie, per le bambine, umiliate dalla violenza, schiacciate sotto il giogo dell’indicibile silenzio, gridiamo ancora e sempre: BASTA ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE!

    femminicidio violenza
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    Alexia Di Filippo
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    Dr.ssa Alexia Di Filippo Psicologa, Psicoterapeuta Laurea con lode in Psicologia dello Sviluppo ed Educazione nel 1997. Iscritta all’Albo degli Psicologi dal 1999. Psicoterapeuta specialista in Self Analisi Bioenergetica e Psicologia Clinica Strategica. Conduttrice diplomata di classi di esercizi bioenergetici. Consulente per la Asl RM D in Progetti di Promozione della Salute e Prevenzione del disagio Psichico che hanno interessato centinaia di adolescenti delle Scuole superiori del Distretto. Coordinatrice di Progetti di Prevenzione del rischio ambientale che hanno coinvolto migliaia di bambini, ragazzi e personale docente di scuole elementari e medie del Comune di Roma. Ricercatrice nell’ambito di una vasta indagine epidemiologica sugli incidenti avvenuti in tutti gli ambienti di vita della ex VI Circoscrizione del Comune di Roma. Docente in corsi sul controllo dei rischi ambientali rivolti ad educatori di asili nido. Docente di Educazione stradale in corsi per alunni di scuola superiore. Autrice di articoli specialistici per la Rivista della Protezione Civile DPC informa. Consulente di équipe bariatrica per la valutazione ed il trattamento dei disturbi alimentari. Ideatrice e Docente di due metodi registrati per il benessere psicocorporeo pubblicati su Rivista Scientifica, che sono stati scelti per eventi accademici relativi alla Giornata dello stile di vita 2019 e alla Giornata mondiale dell’obesità 2020. La sua professionalità viene spesso richiesta per approfondimenti in trasmissioni radiofoniche e televisive, come anche in incontri con il pubblico presso Enti culturali, per la promozione del benessere psicocorporeo, la prevenzione del disagio psichico ed il contrasto alla violenza di genere. Cura una rubrica di psicologia in cronaca per un quotidiano universitario online. Svolge attività di educazione, prevenzione e di corretta informazione in ambito psicologico sui social. Esercita la libera professione di Psicoterapeuta a Roma e a distanza.

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