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    Home»Costume e società»Crescere i figli al tempo del covid
    Costume e società

    Crescere i figli al tempo del covid

    Francesca LemmiBy Francesca Lemmi06/01/2021Nessun commento8 Mins Read
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    In questo periodo storico se tutti siamo provati e affaticati dall’emergenza (poi c’è chi regge meglio e chi peggio), i bambini e i ragazzi lo sono in modo particolare.

    Che fare i genitori sia una sfida e un impegno tutt’altro che semplice, è oramai certezza. Ma mai avremmo pensato di dover far fronte sia come individui e cittadini del mondo sia come genitori, a questo difficile periodo storico-sociale quale quello attuale, ancora fortemente interessato dalla pandemia da covid-19.
    Oramai le nostre vite sono pervase dal virus. Anche chi ha avuto la fortuna di non entrare in contatto col virus – e oramai stiamo parlando di pochi eletti – ha comunque visto cambiare oborto collo la propria vita, in termini di libertà personale, di abitudini e di opportunità di socializzazione, oltre che talvolta anche a livello lavorativo e familiare.
    E se questo ha interessato e tuttora riguarda tutta la popolazione, con alcune piccole differenze fra una regione e l’altra e fra un Paese l’altro, ma senza distinzione di ceto sociale, di razza o di genere… (perché se c’è una cosa che dobbiamo riconoscere a questo virus, è che è democratico e non guarda in faccia a niente e a nessuno! ), la questione diventa non meno complessa, se non addirittura più preoccupante, per le generazioni più giovani.
    Infatti se tutti siamo provati e affaticati dall’emergenza (poi c’è chi regge meglio e chi peggio), i bambini e i ragazzi lo sono in modo particolare.
    L’esperienza clinica con bambini e adolescenti, integrata dalle ricerche al riguardo, desta non poca preoccupazione.
    Un ricerca pubblicata sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry lancia l’allarme del rischio che la solitudine e la chiusura a cui sono sottoposti i bambini e i ragazzi possa portare fra qualche anno ad un aumento significativo di depressione.
    Un’interessante indagine è quella compiuta dall’irccs Gaslini di Genova guidata dal neurologo Dr. Lino Nobili, che evidenzia come sei minori su dieci abbiano risentito della situazione pandemica, manifestando alterazione del funzionamento neurovegetativo (disturbi del sonno) come altresì disregolazione comportamentale. L’aspetto interessante
    dell’indagine rileva come la gravità della reazione dei ragazzi sia correlata al malessere dei genitori nel periodo del lockdown. Nella stessa direzione conclude la Dr. Jones dell’Università di Harvard, che in un articolo sull’Atlantic, concludeva «i bambini più piccoli sono un barometro dello stress familiare».
    Questo dato, tutt’altro che irrilevante, non solo ribadisce un aspetto fondamentale, ovvero che i figli guardano e si approcciano alla vita attraverso gli occhi dei genitori e osservando i loro comportamenti e le loro reazioni, ma indica anche la chiave per aiutare i più giovani e i più piccoli: sono i genitori in primis, e gli educatori (insegnanti, allenatori, catechisti…) a seguire, la risorsa più importante per aiutarli a reagire e non rimanere schiacciati da questa emergenza.
    Allora a fronte di ciò è lecito chiedersi: Che cosa possiamo fare per i nostri figli? Come ci possiamo comportare? Quali soluzioni abbiamo?
    A porsi queste domande sono i genitori di bambini e di adolescenti, che chiamati a rimanere forzatamente in casa durante il lockdown, che li ha visti depauperati della loro dimensione di quotidianità e regolarità, data anche e non per ultimo dalla scuola, da cui sono stati sfollati improvvisamente come nelle situazioni di cataclisma naturale, si ritrovano ad oggi ancora impegnati a dover sostenere la didattica a distanza e per lo più deprivati dello spazio vitale per stare e abbracciare amici così come dell’opportunità di godere delle attività extra-scolastiche, che sono un vero e proprio polmone di ossigeno per bambini e ragazzi, in quanto consente non solo di staccare la testa dai libri, ma anche di dare espressione ad altre intelligenze, che vanno oltre quella meramente cognitiva.
    Sempre più in aumento sono i ragazzi che arrivano a consulenza perché abbattuti, apatici e abulici, privi di ogni slancio vitale e di stimolo creativo e propulsivo proprio dell’età della giovinezza. Non raramente mi trovo ad ascoltare e accogliere sincere preoccupazioni di genitori, lasciati da soli nell’osservare impotenti i propri figli sempre più reclusi e ripiegati in una condizione di vita fortemente deprimente e limitativa, con la difficoltà nell’individuare soluzioni di recupero e/o di prevenzione a fronte del mancato accesso ad opportunità di vita reale e sociale di cui ci sarebbe un gran bisogno.
    Allora che cosa fare?
    Come in tutte le situazioni difficili e complesse, ritengo che in primo luogo ci debba essere la piena consapevolezza da parte degli adulti, siano essi genitori, educatori, insegnanti e chi governa e assume decisioni anche nell’interesse dei giovani, che i bambini e i ragazzi di oggi hanno estremo bisogno di recuperare, seppur con le precauzioni del caso, una condizione di condivisione e di socializzazione, che passa prima di tutto attraverso la scuola e poi attraverso attività che magari necessitano di essere rimodulate nello svolgimento, ma che non sono da considerarsi opzionali, bensì necessarie per la loro crescita e la loro integrità psichica.
    Al riguardo, un interessante articolo pubblicato il 24.06.20 su Atlantic si intitolava: “what happens when Kids dont’see their peers for months. Socializing is a crucial part of growing up. The pandemic brought is to halt”.
    I ragazzi hanno bisogno di tornare a vivere, educati ad assumere un atteggiamento responsabile. Credo, infatti, che questa situazione possa rappresentare per certi aspetti un’opportunità per educare bambini e ragazzi ad assumere un atteggiamento civico più attento, rispettoso e responsabile sia nei propri confronti sia nei riguardi del prossimo.
    Gli adulti sono chiamati a prendere coscienza che i ragazzi di oggi soffrono di questa situazione e che pur nei limiti dati da programmi didattici molto onerosi e talvolta difficili da rispettare, il compito principale degli insegnanti è sempre e ad oggi più che mai quello di offrire ai ragazzi un’opportunità di ascolto, riflessione e confronto, che va ben al di là dello studio delle materie curriculari, ma che implica un’attenzione alla persona a 360°.
    Essendo già fortemente impegnati con la tecnologia in virtù del ripiegamento su piattaforma di tutte o quasi le attività (didattiche, sportive e artistiche), è importante aiutarli e stimolarli a disconnettersi, recuperando il contatto con la vita reale e sociale, per quanto limitata alla famiglia e poco più.
    E’ importante che anche i ritmi quotidiani siano il più possibile preservati, per quanto magari alleggeriti dal mancato spostamento per andare o tornare da scuola come per altre incombenze: il mantenimento dei ritmi e delle abitudini di base garantisce di preservare una condizione di stabilità in una dimensione storico-sociale già surreale ed emotivamente impegnativa.
    La frequentazione in gruppo risulta ancora difficoltosa ma alla luce delle nuove
    disposizioni, è contemplabile andare a trovare un amico, pur nel rispetto delle precauzioni necessarie. E questo rappresenta uno spazio relazionale prezioso e fondamentale da preservare e garantire, soprattutto laddove si può contare su frequentazioni abbastanza regolari.
    Per quanto gran parte delle attività extra-scolastiche siano sospese o convertite in modalità virtuale, è altresì vero che uscire è possibile. E allora questa può essere l’occasione in cui riappropriarsi del piacere di uscire per godere di più le realtà cittadine o paesane dove si vive, anche in compagnia.
    Il vivere maggiormente la dimensione domestica può portare a rivalutare e dare valore anche ad aspetti e attività spesso tralasciate in favore di ritmi frenetici che portano spesso, grandi e piccini, a correre. Ed ecco che allora possono essere scoperte o rispolverate attività quali il bricolage, lavori manuali, culinari, attività artistiche e similari, che possano dare spazio allo sviluppo e all’espressione della creatività spesso piegata dinanzi ad attività pre-impostate e decise dall’esterno. Lo stare in casa può portare anche a godere maggiormente dei rapporti familiari, se i genitori stessi si rendono accessibili, presenti e propositivi. Ecco che allora la dimensione dell’ascolto, del dialogo, della lettura e del confronto può prendere il sopravvento sulla dimensione del fare, e questo può portare ad una crescita personale. In un tempo apparentemente più espanso, perché meno ingolfato di cose da fare, può esserci maggiore spazio per vivere, godere e coltivare la dimensione affettiva.
    La decelerazione di tempi spesso vissuti freneticamente può portare, infatti, anche benefici, se rivalutati e rimodulati su esigenze e ritmi personali.
    Perché la chiave è sempre la stessa: citando una famosa canzone di Jarabe De Palo “depende, depende ?de que depende? De segun como se mire, todo depende” , ovvero dipende dalla prospettiva con cui si guarda alla situazione che stiamo vivendo. Se riusciamo a recuperare i vantaggi oppure gli effetti collaterali anche positivi di quanto viviamo, allora riusciamo a dare un senso ad una vita fortemente limitata in termini di scelte e libertà personali e a reagire in modo costruttivo. Questo è l’atteggiamento che contraddistingue la c.d. “resilienza”, cioè la capacità di resistere e reagire agli urti della vita. Ma i primi a dover e poter reagire siamo noi adulti, che costituiamo sempre e comunque un esempio per i figli.
    Infine e non certo per ultimo i bambini come altresì i ragazzi, ben consapevoli della situazione pandemica che stiamo vivendo, hanno bisogno di trovare negli occhi degli adulti e dei loro punti di riferimento in particolare, rassicurazione, di pensare che tutto passerà in favore di un nuovo recupero, riappropriandosi di speranze e obiettivi che costituiscono il motore vitale che dà sapore alle giornate e senso a quello che facciamo.

    covid Ragazzi
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    Francesca Lemmi
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    Dr. Francesca Lemmi, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Sessuologa. Dopo un’esperienza pluriennale nella realtà ospedaliera, svolge attività di psicologo e psicoterapeuta con bambini, adolescenti, adulti e coppie come libero professionista. Inoltre si dedica ad attività di formazione, in particolare nell’ambito della genitorialità, della coppia e della psicologia e pedagogia di genere. In virtù del grande interesse per la materia della famiglia, coppia e figli, da molti anni si dedica ed esercita anche nell’ambito della psicologia giuridica in situazioni di separazione/divorzio e affido minori.

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