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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Festeggiamo il divorzio
    Costume e società

    Festeggiamo il divorzio

    Maria Giovanna FarinaBy Maria Giovanna Farina30/01/2020Nessun commento3 Mins Read
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    Da qualche anno c’è qualcosa di nuovo per la nostra cultura europea, è boom della Festa di divorzio importata dagli USA (Divorce party) che ha preso piede in Gran Bretagna e poi in Italia. 

    Le feste nascono con l’intento di celebrare un evento collettivo o legato alla nostra vita personale. Pensiamo al Natale, festa della ri-nascita, al Capodanno festa della speranza di un nuovo anno migliore… o al matrimonio e alla festa di laurea che celebrano un progetto e una conquista.

    Da qualche anno c’è qualcosa di nuovo per la nostra cultura europea, è boom della Festa di divorzio importata dagli USA (Divorce party) che ha preso piede in Gran Bretagna e poi in Italia. Chi ha già vissuto questa esperienza dichiara di aver deciso per la festa dopo il divorzio per superare la tristezza e la delusione, ma sottolinea quanto la festa sia un mezzo per celebrare la libertà e una nuova vita tutta da conquistare. Se ciò non si può negare, la ragione profonda credo sia un’altra e possiamo considerarla valida per tutte le diverse situazioni di coppia divorziata. Si tratta di elaborazione del lutto, una pratica spiegata da Sigmund Freud dove egli individua alcuni passaggi fondamentali per superare la perdita di una persona cara e per torta di divorziorendersi pienamente conto che quella persona non c’è più. Ogni divorzio è un lutto, è la perdita di un progetto che non è andato a buon fine e, anche se non si vede l’ora di liberarsi del consorte perché è stato deludente, resta l’amarezza nel constatare che l’amore, il progetto di vita, la famiglia sono infranti: è la fine. Ciò può comportare anche depressione, abbattimento, senso di solitudine inalienabile. Se la festa rappresenta anche una scossa, un’ubriacatura per lasciarsi alle spalle tutto, è senza dubbio un modo per superare il lutto della perdita e lo si comprende dalle pratiche messe in atto. Si festeggia la fine di un matrimonio non solo con gli amici, magari gli stessi ci si era sposati, ma con pratiche e oggetti molto significativi. Una torta da divorzio reca alla sommità una statuetta con gli sposi, ma la differenza è che hanno la testa mozzata; le bomboniere non sono paradisiache immagini d’amore, ma teschi: immagini di morte, quindi, cariche di aggressività. Un elaborazione del lutto per uccidere ciò che ha ferito, deluso e fatto tanto arrabbiare.

    In America dopo un funerale, come apprendiamo anche dai film, si usa dare un ricevimento dove si banchetta e si beve vino per celebrare la vita che continua e salutare definitivamente il defunto, ma non sono presenti simboli di morte come nella festa di divorzio.

    Le feste di divorzio sono nate da un’esigenza femminile, è quasi sempre la donna a chiudere una relazione perché per sua natura non sopporta di trascinare un matrimonio fallito, mentre l’uomo riesce ad avere rapporti sessuali anche se non la ama più, lei no. Di solito è così e tutta la tenerezza, l’erotismo, il contatto che prima la rendevano felice ora non li sopporta, deve chiudere la storia.

    Ci sono casi in cui la festa di divorzio è più tranquilla, ciò accade se la coppia ha figli e celebra la fine di un percorso, che è anche famiglia, evitando di trasmettere ai figli le emozioni negative per consegnare loro l’immagine di una coppia pacificata e pronta per essere ancora e per sempre genitori.

    In conclusione, possiamo dire che se la festa di divorzio fa bene all’eutimia, che festa sia.

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    Maria Giovanna Farina
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    Maria Giovanna Farina si è laureata in Filosofia con indirizzo psicologico all’Università Statale di Milano. È filosofa, consulente filosofico, analista della comunicazione, formatrice e autrice di libri per aiutare le persone a risolvere le difficoltà relazionali. Nei suoi saggi e romanzi ha affrontato temi quali l’amore, la musica, la violenza di genere, la filosofia insegnata ai bambini, l’ottimismo, la libertà, la relazione con gli animali da compagnia e col cibo. Pioniera nel campo delle pratiche filosofiche, nel 2001 ha fondato Heuristic Institution dove si è dedicata, in collaborazione con il filosofo Max Bonfanti, anche alla ricerca di metodi e strategie da applicare alla risoluzione delle difficoltà esistenziali attraverso il TFAR (trattamento fenomenologico delle aree relazionali) da loro ideato. È creatrice della rivista on line “L’accento di Socrate”, scrive su varie riviste ed è intervenuta ed interviene in Radio e TV. Ha tenuto incontri e conferenze sulla violenza di genere a scuola e presso associazioni, taluni sponsorizzati da Regione Lombardia e patrocinati da vari Comuni italiani. Con un gruppo di studiosi ha chiesto, ottenendolo, alla Treccani.it di inserire la parola nonviolenza in un’unica forma verbale. Studiosa di relazioni, il suo sito è www.mariagiovannafarina.it

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