“Lorena”, uno sguardo alla serie e alcune riflessioni

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  A metà giugno del 1993, di notte, Lorena Bobbitt (nome da nubile, Lorena Gallo) evirò il marito John Wayne Bobbitt, fuggendo con la parte tagliata del pene, il coltello usato e un po’ di denaro.

Aspettavo da un po’ la pubblicazione dei quattro episodi – della durata di circa un’ora l’uno – della docuserie “Lorena”, prodotta da Jordan Peele e trasmessa su Amazon Prime.
La aspettavo poiché all’epoca dei fatti avevo circa tre anni e perché avevo letto questo nome, Lorena Bobbitt, in qualche articolo con riferimento alla violenza sulle donne quando ancora non mi occupavo in modo approfondito del tema.
Piccolo riepilogo della storia: a metà giugno del 1993, di notte, Lorena Bobbitt (nome da nubile, Lorena Gallo) evirò il marito John Wayne Bobbitt, fuggendo con la parte tagliata del pene, il coltello usato e un po’ di denaro.
Chi ascoltò la storia senza domandarsi cosa ci fosse dietro accolse la notizia con stupore e di lì a poco iniziò a scatenarsi una certa ironia, fuori luogo e priva di rispetto.
Furono avviati contestualmente due processi, uno a carico della donna, accusata di lesioni volontarie, e l’altro a carico dell’uomo, accusato di molestie sessuali.
Infatti, come si evince dal documentario – che vede intervistate tutte le parti in causa, garantendo così la neutralità del racconto – il movente dell’incidente fu uno dei tanti stupri subiti da Lorena durante la loro vita coniugale. Quella notte di metà giugno, J. W. Bobbitt – tornato a casa ubriaco – violentò la donna, per poi mettersi a dormire come se nulla fosse successo.
Non voglio fare spoiler, poiché è davvero interessante seguire le dinamiche processuali, ma lui non solo negò di aver mai stuprato e picchiato sua moglie durante gli anni del loro matrimonio, ma arrivò a dire che la reazione della donna potesse essere dettata da una sua insoddisfazione sessuale…E vi anticipo che il sig. Bobbitt ha successivamente avuto una vita processuale piuttosto fitta di impegni per questa stessa fattispecie.

Perché vedere questo documentario?
Perché al di là di ogni morbosità, questa serie racconta in modo pacato e sincero una storia di violenza. Che J.W. Bobbitt neghi o no, le prove raccolte a testimonianza di una violenza psicologica e sessuale si sono rivelate schiaccianti e diventano oggi anche uno strumento di “prevenzione”. Mi spiego meglio: come anche Lorena Gallo spiega in uno degli episodi della serie, l’intento è quello di raccontare la violenza domestica e di aiutare altre donne a trovare il coraggio di denunciare e di affidarsi alla giustizia.
Arrivare ad un gesto estremo come l’evirazione o l’omicidio è il frutto della solitudine e dell’isolamento che molte donne in una situazione di violenza vivono sulla propria pelle. Molte di loro hanno dovuto dimostrare la legittimità della difesa o quello che nella serie viene definito “impulso irresistibile” (ep. 3).
Questo è dunque il classico esempio di docuserie formativa che ci aiuta ad inquadrare il fenomeno, a comprenderne le dinamiche e a riconoscere piccoli segnali di abuso che possono salvarci la vita.
Interessanti sono infatti i passaggi processuali che raccontano degli abusi emotivi che Lorena subì per tutto il corso del matrimonio: denigrazione, gelosia morbosa, gaslighting.
Molte donne (me compresa), libere o non ancora da rapporti tossici, riconosceranno in quelle parole parte del loro vissuto.
Questo è un racconto di rinascita. Ma ci dice anche qualcosa sul tipo di uomo che dovremmo evitare: il sig. Bobbitt abusava di alcool, era ossessionato dal sesso e dalla pornografia (settore nel quale avrà un piccolo futuro professionale dopo le vicende processuali).
Infine, questa docuserie ci parla di una realtà storicamente non troppo lontana da noi: una realtà della quale le donne sono state legittimamente protagoniste, grazie alle proteste femministe che negli Stati Uniti d’America hanno in quegli anni portato ad un incremento dell’impegno politico (per lo meno in termini di fondi stanziati) per contrastare la violenza sulle donne. Un’America che all’epoca come adesso è un po’ lo specchio di gran parte del mondo: intollerante verso gli stranieri (Lorena Bobbitt è nata e cresciuta in Sud America, emigrata poi negli Stati Uniti) e ancora non del tutto sensibile alle tematiche di genere.
Vi invito dunque, se ne avete occasione, a dare un’occhiata a questa mini serie e a riflettere su quanto di fatto sia cambiato dal quel fatidico 1993 ad oggi.

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Profilo Autore

Angela Carta

28 anni. Dopo due anni come operatrice di uno sportello anti-violenza e un anno di volontariato in Ungheria come youth worker, ho scelto di diventare educatrice professionale. Già specializzata in Tutela dei Diritti Umani, mi occupo oggi di HRE, violenza di genere, educazione videoludica e attività di gioco e team building.

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