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    Home»Costume e società»Mamma, dimmi chi sono
    Costume e società

    Mamma, dimmi chi sono

    Maria Giovanna FarinaBy Maria Giovanna Farina25/02/2019Updated:25/02/2019Nessun commento6 Mins Read
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    di Gianluca sarag'ò
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    L’ideale è qualcosa che si può raggiungere e a cui rifarsi per evolversi. Se poi non si raggiungerà, saremo comunque diventati migliori.

     

    Nel 2017 Michelle Hunziker è stata nominata “Mamma ideale” tra i vip, secondo un sondaggio condotto da Groupon. È evidente quanto sia una figura femminile e materna a cui la maggior parte vorrebbe assomigliare, Michelle è infatti una donna a cui non manca nulla: bella, di successo, simpatica e con una famiglia perfetta. Una famiglia però reale e non stereotipata come quella del Mulino Bianco; inoltre la Hunziker ha, come molti di noi, sperimentato vicissitudini toccanti e drammatiche eppure non si è lasciata annientare. Credo risieda soprattutto in questa tenacia, nella capacità di lottare per non lasciarsi sopraffare e allo stesso tempo nell’umiltà di confessare le proprie fragilità, il suo essere una mamma ideale. L’ideale non è solo possedere una dote eccezionale, ma anche un punto critico capace di farci apparire esseri umani in balia degli eventi: l’ideale è qualcosa che si può raggiungere e a cui rifarsi per evolversi. Se poi non si raggiungerà, saremo comunque diventati migliori.

    di Daniel Lorusso
    di Daniel Lorusso

    Il rapporto con la madre è determinate per tutte le nostre future relazioni. Cosa ci ha lasciato nell’anima il legame esclusivo con la donna che più ci ha amati? Quando un essere umano vuole conoscersi meglio, dovrebbe ritornare all’antico incontro e chiedere “Chi sono?” a sua mamma. Questa domanda fondamentale non è necessariamente rivolta a lei in carne ed ossa, spesso è indirizzata a quel che resta nell’interiorità di quel rapporto unico con chi ci ha generati.

    La filosofia può aiutarci a trovare una risposta con l’aiuto di Socrate, figlio di una levatrice ed egli stesso maieuta capace di mettere al mondo non i bambini ma le idee. Le sue parole contenute nel dialogo Teeteto di Platone ci illuminano

    “…Quelli poi che si trovano insieme a me provano la stessa condizione delle donne che devono partorire; hanno le doglie.

    Attraverso il dialogo maieutico, Socrate dà inizio alla ri-cerca di sé realizzata grazie ad un dialogo che sa diventare cura, uno strumento per espellere dalla nostra mente cose che pensiamo e proponiamo agli altri senza essere certi che siano davvero nostre. A volte, come afferma lui stesso, il parto è doloroso perché le idee false sono troppo radicate e riuscire a distinguerle risulta molto complicato. Socrate, il maieuta, si definisce sterile

    “Sono sterile di sapienza…da me non hanno imparato nulla, ma essi di per se stessi, hanno fatto e creato molte e belle scoperte”.

    Questo è l’atteggiamento neutro di chi vuole far nascere senza imporre nulla, di chi desidera far venire alla luce il prezioso “tesoro” troppo spesso dimenticato negli abissi. I tesori sommersi sono tra quelli più affascinanti, è frequente lasciarsi trasportare dalle tante avventure che narrano la ricerca di un tesoro: chi di noi non si è accostato ad una simile lettura credendo all’idea che sia possibile ritrovare i forzieri sommersi di qualche galeone? La ricerca del tesoro è ammaliante ed insieme pericolosa, la profondità del mare ci incute timore facendoci esitare, ma l’immersione nelle sue acque seducenti e anche materne ci offre l’opportunità di ritrovare il nostro tesoro sommerso: il noi sconosciuto.

    Ogni conquista ha però alle spalle un lungo e faticoso lavoro che sarà ampiamente ripagato una volta giunti al successo dell’impresa, ma la condizione necessaria per approdare è il non lasciarsi spaventare dalle difficoltà di una faticosa e instancabile navigazione. Michelle è una madre ideale dei nostri tempi che si prende cura della famiglia, che è capace di superare le difficoltà ed allo stesso tempo si prede cura di sé, fondamentale qualità per poter sostenere i propri figli. È una donna di successo anche dal punto di vista professionale e questo la rende un modello di madre che sa dividersi fra sé stessa e la famiglia. E ritorniamo a Socrate, il maieuta dell’anima, alla sua epoca è stato condannato a morte dagli ateniesi con false accuse, ma lui si è comportato come un eroe preferendo la morte anziché la fuga verso la salvezza per sottrarsi alla condanna ingiusta. Ecco il motivo per cui un simile filosofo ha strettamente a che fare con la madre e la maternità. La madre si dà senza condizioni fino a sacrificare la vita per il bene dei figli, per questa ragione Socrate può aiutarci a rispondere alla domanda “Chi sono?”, lui sembra sapere cosa significhi sacrificio, amore e dedizione e così può darci una mano a rintracciare risposte soddisfacenti. Chiedere alla madre “Chi sono?” è una domanda rivelatrice in quanto solo mettendoci al suo cospetto siamo in grado di ri-trovarci. La nostra mamma sa tutto di noi ed interrogarla vuol dire ascoltare la sua voce, significa percepire la purezza del suo amore nei nostri confronti, è ricordare le nostre origini per riprendere contatto con la nostra anima ancestrale.

    foto di Gianluca Saragò
    foto di Gianluca Saragò

    Il filosofo sa accompagnarci verso una dimensione di vita più naturale e quindi a più a stretto contatto con la mamma dell’infanzia, là dove vive la verità su ciò che siamo perché in quel luogo eravamo liberi da ogni convenzione. La cura si realizza in un’area di gioco, fare gioco vuol dire spostarsi agevolmente in uno spazio né troppo largo né troppo stretto, dove le regole non sono troppo rigide, ma mai disattese. Si può fare gioco quando la mamma lascia liberi di crescere. La madre, come la filosofia, è quindi non solo esempio di immenso amore ma anche emblema della cura, di quel curare che non si limita ad accudire il figlio malato, ma è cura della sua interiorità, è cura nel significato di impegno costante nel condurre il figlio durante la crescita, come diciamo oggi, psicofisica e relazionale. La donna-madre è colei che più di tutti conosce il prendersi cura: non esiste cura se non si ri-trova la madre e non esiste madre se non c’è cura.

    In conclusione, la cura dell’anima che è anche, ma non solo, cura materna, conduce ad una ri-nascita personale e sociale. Più la mamma ha saputo farci volare, più sarà semplice rispondere alla domanda “Mamma, dimmi chi sono”. Più il nostro ideale materno è elevato, ma allo stesso tempo del tutto umano e ben rappresentato da una donna come Michelle Hunziker, più scopriremo la madre dentro e fuori di noi.

    Maria Giovanna Farina ©Riproduzione riservata

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    Maria Giovanna Farina
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    Maria Giovanna Farina si è laureata in Filosofia con indirizzo psicologico all’Università Statale di Milano. È filosofa, consulente filosofico, analista della comunicazione, formatrice e autrice di libri per aiutare le persone a risolvere le difficoltà relazionali. Nei suoi saggi e romanzi ha affrontato temi quali l’amore, la musica, la violenza di genere, la filosofia insegnata ai bambini, l’ottimismo, la libertà, la relazione con gli animali da compagnia e col cibo. Pioniera nel campo delle pratiche filosofiche, nel 2001 ha fondato Heuristic Institution dove si è dedicata, in collaborazione con il filosofo Max Bonfanti, anche alla ricerca di metodi e strategie da applicare alla risoluzione delle difficoltà esistenziali attraverso il TFAR (trattamento fenomenologico delle aree relazionali) da loro ideato. È creatrice della rivista on line “L’accento di Socrate”, scrive su varie riviste ed è intervenuta ed interviene in Radio e TV. Ha tenuto incontri e conferenze sulla violenza di genere a scuola e presso associazioni, taluni sponsorizzati da Regione Lombardia e patrocinati da vari Comuni italiani. Con un gruppo di studiosi ha chiesto, ottenendolo, alla Treccani.it di inserire la parola nonviolenza in un’unica forma verbale. Studiosa di relazioni, il suo sito è www.mariagiovannafarina.it

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