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    Home»I racconti di dols»QUANDO CUPIDO SPARA … A CASACCIO – Capitolo IX
    I racconti di dols

    QUANDO CUPIDO SPARA … A CASACCIO – Capitolo IX

    DolsBy Dols13/10/2017Updated:15/10/2017Nessun commento7 Mins Read
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    amore-non-amore
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     Se da una storia iniziamo a togliere le illusioni, le occasioni mancate, le parole non dette, i sospiri trattenuti allora il risultato non può che essere quello:  Zero virgola (dove la virgola non è una licenza letteraria, bensì un sorriso, per gentile concessione di una speranza che, nonostante le apparenze, non vuole morire).

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    CUPIDO“Oggi sei in ritardo”, le faccio notare, mentre sta per sedersi di fronte a me.
    “Scusa, ho visto Fausto ad una delle nostre riunioni e ci siamo fermati a parlare”. Avverto una nota di malinconia nella sua voce.
    “E non sei contenta?”.
    “O certo. Mi ha anche fatto un complimento. Mi ha detto che sono intelligente e simpatica, sai quelle cose che si dicono alle ragazze bruttine”, e sorride.
    “Se pensa che tu sia bruttina, digli di mettersi gli occhiali che ne ha bisogno”.
    “Grazie. Veramente Fausto porta gli occhiali da vista e questo significa che le immagini gli arrivano forti e chiare”, e scoppia a ridere.
    “Sembra che la cosa ti diverta, sbaglio?”, le chiedo, ma so già la risposta.
    “No, non sbagli. Provo anche tenerezza per entrambi. Per me, prima di tutto, perché conosco il mio cuore e so cosa ha dovuto passare. Per lui perché dopotutto si è trovato spiazzato. Non ha mai ricambiato il sentimento e ce l’ha messa tutta pur di non illudermi”.
    “Ti eri costruita un film, insomma”. La vedo cambiare di umore. Questa frase devono avergliela già detta.
    “Parli proprio come lui,” e continua ”dovevo salvare il mio matrimonio, tenermi d’occhio e recuperare un rapporto professionale con Fausto”.
    “Mica male come impegno”. Impresa difficile.
    “Fausto lavora con me all’Osmer che è un settore dell’Arpa preposto al monitoraggio e alla previsione meteo per il territorio del Friuli Venezia Giulia.
    Pur essendo assegnati a compiti diversi e in uffici diversi, ci capita spesso di lavorare insieme”.
    “Ho capito. Per voi solo cielo nero e nuvole in arrivo…”. Credevo di aver fatto una grande battuta ma lei non ride.
    Improvvisamente Denise si alza di scatto. Alza la sua maglietta e mi mostra la pancia. È pazza, non ho più dubbi.
    “Guarda che addominali scolpiti! Gli esercizi fisici facevano parte del programma che mi ero data per non pensarlo”.
    “Spiegati meglio, ti prego. Non ci sto capendo niente”.
    “Non hai capito? Ogni volta che avevo un desiderio nei suoi confronti, mi punivo. Facevo gli addominali per distrarmi, così poi mi calmavo”.
    “Lo trovo assurdo ed esagerato”. Non ci posso ancora credere.
    “Era esagerata la forza che avvertivo in me. Solo con gli addominali riuscivo a dominarmi. Sapevo che facevo la cosa giusta. Ero fiera di me. Alla fine mi sentivo forte ed imbattibile come Zorro”.
    “Ehi, ma tu guarda. Anche Gertrude in un certo senso si sentiva Zorro”. La storia si ripete.
    “Gertrude chi, scusa?”.
    “No, no, nessuno. È una mia amica. Voi donne siete tutte uguali, però tu sei speciale”.
    “E non ti ho ancora parlato delle corse. Allora, vediamo se ricordo bene il tariffario. Un pensiero audace su Fausto poteva costarmi circa dieci addominali ed una corsa intorno alla casa”.
    “Sei pazza, credimi”. Ora ne ho le prove.
    “Se invece lo sognavo, visto che i sogni sono desideri ma non li puoi controllare, allora bastavano cinque addominali.
    Cosa mi tocca sentire.
    “Però guarda che fisico mi è venuto. Non tutti i mali vengono per nuocere. In tanti anni di dieta, questa si è rivelata la più efficace”.
    Possibile che tutto per lei sia a fin di bene? Ottimista ad ogni costo.
    “Nessuno ha sofferto, a parte me”. Dichiara con orgoglio.
    “E Fausto?”.
    “Fausto? Come niente. Zero virgola. Anche se quella virgola per me aveva un valore assoluto”.
    “Quindi lo sapeva che avevi una cotta per lui?”.
    “Sì. Gliene ho parlato. Un giorno l’ho incontrato in ascensore nel palazzo dove lavoriamo e lui, credendo di essere gentile, mi dice: “Non preoccuparti, è capitato anche a me di innamorarmi e di non essere ricambiato, poi tutto passa e si sta meglio”.
    “Simpatico… “. È un gentiluomo, le faccio notare. Che delicatezza.
    “È fatto così. Io gli ho anche risposto grazie. Ma forse era meglio se stava zitto. Non fa che mettere il dito nella piaga, tutte le volte. Chissà forse la cosa lo imbarazza”.
    “Sì, ma dovrebbe sentirsi lusingato. Una ragazza come te che si è innamorata di lui”.
    “Macchè. Fausto è un latin lover a riposo. Io l’ho conosciuto nel preciso momento in cui ha appeso le cartucce al chiodo. Non ho ancora capito se gli è passata la voglia di cuccare o se invece è il tempo ad essere passato. Ora lui ha una storia stabile”.
    “E…?”.
    “È tardi, devo andare”. Si alza e se ne va.
    Non ne vuole parlare. La capisco.
    Ora ho le idee più chiare. La freccia ha colpito solo lei. Lui non l’ha neppure sfiorato. Questo significa solo una cosa. Denise deve aver opposto resistenza sin dall’inizio a questo sentimento al punto che la freccia non ha avuto modo di rimbalzare nel cuore dell’altro.
    Questo spiegherebbe il comportamento indifferente di Fausto. Non è coinvolto. L’idea che mi sono fatto di loro è semplice. È come se entrambi abitassero nello stesso palazzo ma in piani differenti. Se si incontrano è solo per puro caso. Ma questo Denise non poteva saperlo o forse non voleva rendersene conto. Come ho già avuto modo di dire il caso sono io. Dovevano incontrarsi per forza. Nulla va perduto.
    L’amore non corrisposto è pur sempre amore. Silenzioso. Puro.
    Di solito succede che chi ama a senso unico non riceve niente in cambio e questo non fa che peggiorare le cose.
    Il contatto con la realtà, al contrario, e l’eventuale vicinanza con l’oggetto d’amore diminuirebbero l’intensità del desiderio, che continua invece a nutrirsi di illusioni.
    Lo sfigato, perché questa è la percezione che ha di sé chi non è ricambiato, ha un unico alleato: il sogno.
    Poi col passare del tempo, il dolore diminuisce. La mancanza di sofferenza, tuttavia, anziché farti piacere, ti fa anche arrabbiare.
    Infatti se da una parte fai di tutto per liberarti da questo tormento, dall’altra provi nostalgia per quel sentimento che ha vissuto nel tuo cuore e dove stava mettendo su casa.
    Capisco che sia stato difficile per Denise togliere la freccia. È stato come svegliarsi di colpo.
    L’incantesimo era finito e la realtà andava ricostruita. Non c’era tempo da perdere.
    Poi, finalmente, avviene il miracolo.
    Tutto passa e ti ritrovi a desiderare il bene per l’altro, sperando che possa essere felice. Non importa con chi. Non sta a te deciderlo e questo lo devi accettare.
    Perché l’amore è soprattutto libertà. Altrimenti è tutto meno che amore.
    Ora capisco lo zero virgola di cui mi parlava Denise. Lo puoi ottenere solo per sottrazione.
    Ossia, se da una storia iniziamo a togliere le illusioni, le occasioni mancate, le parole non dette, i sospiri trattenuti allora il risultato non può che essere quello: Zero virgola (dove la virgola non è una licenza letteraria, bensì un sorriso, per gentile concessione di una speranza che, nonostante le apparenze, non vuole morire).
    Anche questa, se ci si pensa bene, è matematica pura.

    continua

    debora-volianiDeborah Voliani – 49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione socialita a  favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzo giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e la fede in Dio

     

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